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L'ascensore

Giallo e Thriller

Viveva in un palazzone di provincia, fine anni ’ 60, di quelli che a vederli, all’ apparenza, si sarebbe giurato avesse un’ anima propria.

E lui, lì, viveva da solo ormai da molti anni.

Ma non, come si potrebbe credere, da solo nel suo appartamento, no: lui era l’ unico occupante dell’ intero stabile.

Ogni mattina, puntuale, alle 8. 20, usciva dal portone del palazzo, dopo aver preso l’ ascensore, e con la sua ventiquattr'ore prendeva la sua auto BMW SW di colore blu notte per correre nel suo ufficio di città.

Era un signore brizzolato, sui cinquant'anni, ben vestito ed educato, ancora molto piacente; la sua esperienza, ormai, faceva si che non tralasciava alcun dettaglio: tutto doveva essere perfettamente in ordine per il suo lavoro.

Del resto il suo mestiere glielo imponeva: era il direttore di una società finanziaria privata, il personale ed i suoi clienti non potevano certo affidare le proprie vite nelle mani di un professionista che non fosse assolutamente serio ed altamente professionale!

Anche i clienti, che andavano da lui per chiedere un finanziamento, rimanevano colpiti dalla sua professionalità: era un’ arte, la sua, che pochi come lui sapevano praticare.

Il suo ragionamento, infatti, era piuttosto semplice: la gente ha bisogno di denaro per acquistare casa, per far fronte a spese improvvise, per curarsi, per mandare i figli a scuola… e lui era ben felice di provvedere alle loro necessità!

La pratica, in genere, si risolveva in poche manciate di minuti.

E tutti erano contenti: i dipendenti lavoravano, i clienti ottenevano il credito agognato e lui… lui metteva in cassaforte il documento che lo garantiva: un bel titolo di credito in caso di mancata restituzione del prestito.

Quanti soldi riusciva a estorcere dalla gente in questo modo? Decine e decine di migliaia di euro l’ anno.

Si, perché, era un professionista serio e, certamente, non poteva permettersi di perdere un solo credito insoluto.

Gli interessi, effettivamente, erano un po’ alti, pensava, ma chi avrebbe mai dato credito a dei disgraziati che le banche mandavano indietro perché non garantivano adeguatamente il prestito che chiedevano?

Lui, invece, si accontentava di qualunque cosa a garanzia del denaro prestato che, sin dall'inizio, era certo che i suoi "clienti" non avrebbero potuto mai restituire: abitazioni modeste, piccoli locali, mobili, gioielli, vestiti...

A lui andava bene tutto: del resto i suoi ricettatori erano in grado di trasformare qualunque oggetto in denaro e lui ne andava fiero.

Così, anche quella mattina prese l’ ascensore per scendere dal 6° piano a pian terreno: entrò nell’ ascensore, spinse il pulsante del piano terra, attese un attimo… uno strano suono, quasi un rumore sordo d’ un ingranaggio meccanico, colpì la sua attenzione, ma non più di tanto: era un po’ in ritardo ed in ufficio certamente c’ era già qualche cliente in attesa…

L’ ascensore, alla fine, si fermò, la porta scorrevole dell'ascensore s’ aprì.. ma non vide il solito androne del suo splendido solitario palazzo, gli sembrava, piuttosto, una specie di enorme cantina dismessa da decenni, con il soffitto così alto che non ne vedeva nemmeno la fine.

“ Sarà la cantina abbandonata del palazzo” pensò Andrea.

Ma ad un certo punto una luce un po’ lontana attirò la sua attenzione: era stranamente rossastra, con delle strane punte in alto che sembrava vibrassero come una fiamma accesa e, curiosamente, questa fiamma occupava quasi tutto il fondo della parete che gli stava di fronte, benché la stessa fosse molto lontana.

Andrea, allora, continuò a guardare con sguardo un po' miope, tra la curiosità e l’ impazienza tipica d’ un uomo d’ affari: doveva pur capire dove era andato a finire!

Ad un certo punto, finalmente, però vide delle ombre muoversi dal fondo della stanza.

” Finalmente” disse Andrea, “ Finalmente mi diranno dove sono!”.

E pian piano quelle ombre indistinte presero forma, una strana forma però, troppo strana, quasi troppo familiare.

- “ Benvenuto” - d’ improvviso disse un giovane ben vestito, biondo, completamente in bianco e con la cravatta di uno strano color rosso vivo che, non capì neppure come, gli si parò quasi innanzi, guardandolo con un sorriso agghiacciante - “ Benvenuto all’ inferno: ti stavamo aspettando” -.


Francesco Falconetti 20/10/2014 20:07 2256

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Un finale degno di nota..Bravo!! (Annamaria Gennaioli)

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