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E così adesso stavano l'uno davanti all'altro, coinvolti in quel contrasto che non avrebbe avuto soluzione. “...Libera di non credermi, ma se non credi a me puoi sempre telefonare a Gianluca, se è vero o no che sono stato da lui....” (Sergio sapeva benissimo che lei non avrebbe mai telefonato a Gianluca e per questo non aveva avuto nessuna esitazione nel giocarsi quella carta). “ Gianluca... Gianluca... tanto fra amici ci si intende...” sbottò Silvia, per poi subito continuare e, cambiando completamente discorso “ l'altro giorno ero al mercato, stavo cercando delle scarpe per Enrico, ero tutta impegnata nella mia ricerca, quando, all'improvviso, mi sono sentita chiamare ad alta voce, una voce sgradevole e squillante, e sai chi era...?” “ no, non so chi era...” “ era quella pettegola di Elena, sai... quella che qualche volta ha fatto l'infermiera per tuo padre, il bello è che con lei ci avrò parlato si e no due o tre volte e non siamo mai state in nessuna confidenza per avvicinarmi in quel modo, quasi fossimo delle grandi amiche... e sai cosa mi ha detto?” “ no, non lo so, ma perchè la fai sempre tanto lunga e non dici in fretta quello che devi dire?...cosa ti ha detto?” “ naturalmente ha cominciato col chiedermi come stavo e come stavano i miei figli e cosa facevano, e i soliti blabla, ma io avevo capito che non stava più nella pelle dal dirmi qualche cattiveria e che era quella la sola ragione per cui aveva attaccato bottone con me... e infatti già mi stava salutando e faceva cenno di andare, quando, guardandomi in viso con un mezzo perfido sorriso, sai cosa mi ha detto?...” “ dai, dai, falla finita e arriva al dunque...” “ certo che tuo marito è davvero affezionato a suo padre, lo vedo sempre più spesso andare da lui e starci anche ore ed ore, sarà che in quest'ultimo periodo Giovanni sta crollando e allora si preoccupa di più per lui... o forse teme per la poca esperienza della nuova badante... comunque è davvero bravo, anche perchè non mi pare Giovanni fosse stato un padre esemplare...” “ così mi ha detto e poi, sempre con quel sorriso maligno, mi ha salutato e se n'è andata e, come se non si fosse aspettata da me nessuna risposta, poco ci mancava che mi ridesse in faccia... d'altronde mi aveva preso alla sprovvista ed ero rimasta senza parole, ma adesso vorrei che me lo dicessi tu come mai ultimamente sembri avere tutto questo interesse per tuo padre, quando solo pochi mesi fa dicevi che il dover andarci era la più grande seccatura del giorno?...” Fu la volta di Sergio di sentirsi preso alla sprovvista, la rivelazione di quel colloquio lo fece sentire trasparente, ma il suo istinto di negare tutto era in lui deciso e lo sentiva come la soluzione migliore per quello che erano e sarebbero stati. “ Va bè che c'è di male anche se vado un po' più spesso da mio padre? Magari vorresti insinuare che non ci vado per lui ma per la nuova badante? Bè se pensi questo ti sbagli di grosso, ci sto un po' di più solo perchè mi sembra peggiorato e che anche il solo vedermi in silenzio gli faccia piacere e lo so che puoi dire che con lui sono stato ai ferri corti tutta la vita, ma dovresti anche sapere che io non serbo rancori e adesso è solo l'ombra di quel che è stato, è solo un povero vecchio impotente e senza memoria e mi suscita compassione...” Sergio era rimasto soddisfatto della sua risposta, la sentiva esauriente, che Silvia ci credesse o non ci credesse, e certo non ci credeva, non aveva importanza, lui con quella risposta avrebbe continuato a tacitare i suoi sospetti e sempre pazientemente, con quella stessa risposta, avrebbe continuato a rintuzzare le sue allusioni che da adesso in avanti, si immaginava, sarebbero state il suo pane quotidiano. Le successive domande e risposte, che durarono molto a lungo, per tutto il tempo in cui continuarono a trovarsi l'uno dinanzi l'altro, non furono che un'eco ossessiva delle prime, un'eco inutile, che, finchè dei suoni fossero usciti dalle loro bocche, non avrebbe portato a nulla; e pensare che, almeno così pensava Sergio, senza quel “ casus belli”, quello stesso tempo sarebbe stato fra di loro completamente silenzioso, o forse Silvia avrebbe inesorabilmente parlato di “ tutte le cose che c'erano da fare”, mentre Sergio, che per l'ennesima volta sentiva “ tutte le cose che c'erano da fare”, e che in cuor suo non sentiva nessun interesse a fare, completamente sordo alle stesse, se ne sarebbe volato lontano coi pensieri; gli sembrava allora che il loro unico punto d'incontro possibile non potesse che essere un simile conflitto. Se ne stettero così per un bel po', fin quando Sergio non sentì sfumarsi la foga accusatoria di Silvia, che lui lasciava in modo imperturbabile scorrere dentro di sé; quando gli sembrò il momento, con la scusa che aveva compiti da correggere, che doveva preparare la lezione del domani, con leggerezza si alzò, le ripetè per l'ultima volta che tutti i suoi discorsi mancavano di fondamento, diceva questo con credibile sicurezza, una sicurezza che gli nasceva proprio dalla convinzione che quella fosse l'unica strada sensata da percorrere, era in fondo una sicurezza sintomatica dell'estraneità che sentiva esistere fra di loro. Si ritirò quindi nel suo studio, che da diverso tempo era diventato anche la sua camera. La decisione di dormire separati l'avevano presa senza nessuna apparenza polemica, giustificandola con i loro ritmi diversi e modi di rapportarsi che mal si conciliavano fra loro. Spesso l'irrequietezza notturna di Sergio, che lo spingeva a leggere per ore ed ore, e a non frenarsi dal suo bisogno di cercare un dialogo, e pur sapendo che quella sua volontà sarebbe sempre rimasta frustrata, si scontrava con l'indifferenza, non raramente ostile, di lei verso quei suoi bisogni; e per questo capitava sovente che le loro parole si infiammassero e che bastassero anche delle inezie perchè si alterassero gli animi, rischiando inutili litigi. Quella decisione era stata un'ammissione d'impotenza ad armonizzarsi fra loro, a essere uniti in un compatibile modo d'essere; ma probabilmente a vivere con maggiore intensità e coscienza questo senso di impotenza era Sergio, da parte di lei c'era un senso di normalità nel riscontro di quelle loro diversità, una sorta di consolatorio “ così fan tutti”, o “ questo spesso succede”, come se la frequenza di un fatto fosse sufficiente a renderne accettabile l'esistenza.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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