La liana dell’ albero più vicino scivolò via dalle mie mani.
Caddi dentro … precipitosamente.
Un forte odore di zolfo mi fece rinsavire, il territorio mi era sconosciuto. Sequoie secolari toccavano quasi il cielo, e la folta vegetazione del luogo m’ impediva di guardare oltre. Mi alzai a stento, barcollavo. L’ accidentata caduta mi aveva indolenzito il corpo. A malapena, riuscivo a camminare, zoppicavo. Il terreno era argilloso e il verde della fitta vegetazione spiccava agli occhi. M'inoltrai a passi lento dentro, sempre più dentro, in cerca di un fiumiciattolo dove potermi dissetare e pulirmi dalla polvere della terra. L’ odore dello zolfo aumentava a ogni mio passo. Avevo paura, ma una forte curiosità di conoscere quella parte di terra sconosciuta, mi faceva andare avanti. Sapevo che dovevo valicare, oltrepassare il territorio per ritrovarmi del tutto. Avevo sempre evitato di aprire questa porta, anzi, l’ avevo sbarrata quand’ ero piccolo, dimenticato questo territorio nascosto tra le meravigliose sequoie secolari che toccano il cielo. Il territorio appariva meravigliosamente verdeggiante, certo, che c’ era da stare attenti all’ estensione dell’ amore. Se mi volevo ritrovare del tutto questa, era la vera occasione.
Mio padre, quand’ ero piccolo mai mi diede un bacio, non ricordo nemmeno quelli di mia madre. L’ unica immagine che riesco a cogliere dal mazzo di carte dai miei pensieri è quella del suo torace. Quand’ ero piccolo, una volta, ci appoggiai la testa e sentii battere forte il suo cuore. Ricordo ancora l’ odore del suo corpo e la protezione d’ affetto che questo emanava. Era colmo d’ amore il suo cuore, ma il suo fiume, mai sfociò nell’ oceano dei discendenti.
Timidezza era il limite di ogni espressione d’ amore. Altri tempi, altra cultura, altro intendere gli affetti.
Dovevo necessariamente abbandonare il tema, estendere l’ amore e farne necessità per me stesso e per altri me in nuovi corpi procreati.
Improvvisamente calò la sera, il territorio cominciava a farmi paura, non conoscevo rifugi e zone di protezione.
L’ odore di zolfo bruciato mi spaventava. Ma nonostante ciò, decisi di avanzare tra grovigli di rabbia e il lasciatemi stare. Avevo aperto nove porte, mi mancava l’ entrata che conduceva al fiume, all’ affluente che si versa nel tutto senza distinzione di sesso, cultura, luogo, nascita e patria.
Dovevo necessariamente farmi trasportare senza oppormi al percorso. Abbattere i muri di rabbia e convogliare l’ idea dell’ amore in un totale non limitata.
Il fiume mi attendeva, le acque erano fresco e celeste di colore. Era cielo, era mare, era il tutto che scorreva il fiume. Era traguardo e fine il fiume … Convinto, che prima o poi, tutti dobbiamo darci risposte dell’ amore che neghiamo, e avidi, conserviamo dentro di noi, senza lasciarlo fluire nell’ acqua che attraversa la nostra vita e quella degli altri. Continuavo nel frattempo a cercare il fiume tra l’ odore di zolfo e tra le grandi sequoie del territorio di dentro. Ci stavo quasi vicino, sentivo il fluire della sua acqua scorrere nell’ oceano del tutto. Tra paure e desiderio andavo avanti nel territorio sconosciuto.
Ho riempito quasi il cesto della vita, dico quasi, perché mi manca ancora qualcosa, quel qualcosa che riempie pienamente il cuore. Come un giocatore di carte ho puntato quasi tutto sulla carta amore, ma era un bluff, non ho vinto, ma nemmeno perso. Mi manca ancora qualcosa, non sono soddisfatto, forse nessuno lo è, nemmeno l'imperatore. Ho cercato fuori, ho cercato dentro, ho cercato in largo e lungo il fiume che sgorga dal cuore, ma niente, mi manca ancora qualcosa. Stringerò certamente il mio cuore nei pugni delle mie mani e cercherò ancora e ancora nelle pieghe del muscolo che pompa. Mi manca ancora qualcosa. |
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