Se il cielo non si fosse capovolto quel giorno (6 di Maggio) e all'incrocio il destino avverso, avesse deviato la sua strada anzichè darmi la mano, la mia vita avrebbe continuato su altri binari.
In punta di piedi ti fai strada e ritorni, come quando andasti via, in silenzio, portandoti via la vita come se niente fosse, aquilone libero nel vento.
E fra i sentieri dell’ anima tuoni, onda che travolge improvvisa, che ogni 6 di Maggio si ripete al ricordo dei tuoi occhi chiusi, occhi così belli che mai rivedrò, ed il sangue caldo si tramutò in ghiaccio.
Quel giorno io morii una, due, tre, cento e mille volte ancora muoio, e chissà perché piove e tira vento anche oggi, come quel lontano giorno che io ti accompagnai, lo sento ancora l’ odore acre della morte appiccicato alla pelle che mi stordiva, mi annebbiava la vista, la ragione.
Risento ancora il mio passo lento, stanco, cadenzato sul selciato, mi rimbomba ancora dentro mi squarcia, tutti i miei perché senza risposta … (non doveva succedere, non doveva succedere).
In quell'abisso risucchiata, in un vortice malefico.
Ma si continua a vivere anche con la morte dell’ anima, e cosa c’è di peggio della morte dell’ anima? Ma tu devi sorridere, respirare, respirare … anche se ti manca l’ aria, ti strozza, e questa nausea che non cessa.
Il tempo si è fermato anche se continui a invecchiare … ma tu? Tu rimani eterno nella tua giovinezza.
Divora il ricordo
appeso al tempo
minuti, ore.
Come acqua tracima
relitti ai margini
arenati.