Con Renzo Foschi (Renzino) ci fu sempre un rapporto molto conflittuale, lo conoscevo ancor prima del Bar Diana e quando c’incontravamo era sempre una lotta furibonda. Lui aveva due anni più di me ma nessuno dei due riusciva a prevalere. Il branco, accortosi della nostra rivalità, ci aizzava l’uno contro l’altro per il divertimento di tutti. Ricordo che in quegli anni presi l’influenza asiatica (1). Eravamo tutti in banda un tardo pomeriggio d’estate al mare, io ero appena rientrato nel gruppo dopo una lunga convalescenza, Renzino cominciò a tormentarmi dicendo di togliermi dai piedi che lo avrei infettato, poi, non contento della distanza che tenevo da lui, mi aggredì con pugni e calci, il branco stava guardando ed incitava. Quell’improvviso raptus mi trovò al momento impreparato e si notava palesemente chi dei due fosse il soccombente. Finalmente riuscii a bloccare quella granaiuola di pugni buttandolo a terra e serrandogli un braccio al collo con tutta la forza che avevo. Non riusciva più a divincolarsi ma non appena allentavo la presa urlava di lasciarlo che mi avrebbe spaccato la faccia. Se l’avessi lasciato andare, mi avrebbe fatto nero a pugni ed io invece ero più abile nella lotta. Cominciavano a calare le ombre della sera ed io ero ancora lì, in quella posizione che lo vedeva immobilizzato, il branco cominciò a parteggiare per me, avevo 2 anni di meno di lui (a quell’età contava), alto 10 centimetri di meno ed anche 10 chili in meno, eppure ero riuscito a bloccarlo rendendolo inoffensivo. Qualcuno finalmente disse: “Adesso basta”. Io risposi che ero d’accordo ed anche Renzo acconsentì, ma appena lo lasciai non passò un minuto che mi saltò addosso. Questa volta intervenne il branco e ci separò, poi un paio di loro accompagnarono a casa me ed un altro paio Renzo che non voleva saperne e cercava la sua rivincita, mentre io mi sentivo vincente e molto appagato da com’erano andate le cose. Dopo cena c’incontrammo nuovamente tutti alla Sala Giochi, com’era d’abitudine. Renzino ringhiò ancora diverse volte in mia direzione ma non alzò un dito e da quella volta non mi disturbò più. Un’ultima cosa da ricordare è che Renzino quando giocava a carte e perdeva, le buttava in aria dicendo: “Il gioco è immorale! Non pago!” e così faceva. Anche io e Livio, una volta, giocando a “Scala” con altri due amici, eravamo gli unici perdenti. Ci alzammo dal tavolo, l’uno dicendo che andava in toilette, l’altro dal vicino tabaccaio a comprare sigarette, ci trovammo entrambi fuori dal bar e decidemmo, seduta stante, di prendere il primo treno per Milano. Il tavolo verde poteva attendere e il tempo cancellava il debito, tanto quasi nessuno pagava.
Luigino Serpieri (Pierulo)
Eravamo adolescenti in bilico fra infanzia e prima giovinezza. Talvolta nel gruppo prevalevano i moti della prima giovinezza in cerca di donne, quando c’erano, per esempio, Piero Mussoni, Franco Pierleoni o Ciccio Tini; altre volte si ritornava all’infanzia con le dimostrazioni di forza, quando c’erano Luigino o Ercolino Frontali o Tonino Capucci. E s’è vero com’è vero che certi tratti psicologici considerati tipici dell'adolescenza permangono finanche oltre la prima giovinezza per certi individui, per Luigino ed altri ancora, me compreso, quei tratti ce li portiamo ancora appresso, pur dopo oltre cinquant’anni da quei tempi.
Sta di fatto che fui sottoposto a una prova di coraggio nello sfidare Luigino, mio coetaneo ma alto almeno 25 centimetri più di me e con due spalle d’atleta. Nonostante la mia agilità mi bloccò ben presto con una “chiave di braccio”. Per chi non conoscesse questa mossa della lotta libera aggiungo che è molto dolorosa e non c’è via di liberarsene. Luigino chiese d’arrendermi ma io, nonostante il dolore non cedetti. Strinse ancor più quella morsa finché non sentì uno scricchiolio d’ossa e a fronte del mio ennesimo diniego ad arrendermi lasciò la presa. Avevo superato la prova: l’onore era salvo! A parte l’impresa dei palloncini al cinema Sombrero e al ruolo del boia nella burla perpetrata ai danni dello “Sceriffo”, già raccontate, Luigino arrivava spesso al bar con trovate ed esibizioni che attiravano l’attenzione di tutti. Ricordo che un giorno arrivò e fece saltare in aria 3 monete da cinquanta lire. Il gioco consisteva nell’afferrarle una per una in caduta. Nessuno riuscì mai a fare altrettanto.
Ma il gioco più bello che intrattenne per un paio di settimane giovani e adulti fu quello de “L’anno scorso a Marienbad (2). Nessuno riusciva mai a vincere, pur con ponderate riflessioni da parte degli adulti che non si capacitavano di non riuscire a prevalere almeno una volta. Osservavo e non potevo capacitarmi che non ci fosse un modo. Poi una notte restai alzato fino all’alba provando e riprovando da solo quel dannato gioco; finalmente avevo scoperto tutte le combinazioni vincenti che mi rimasero impresse indelebilmente nella memoria e scoprii anche che se avessi iniziato per primo il gioco sarei stato, virtualmente, perdente, ma gli avversari non conoscendo le combinazioni avrebbero perso ugualmente tutte le partite. Tornai nel tardo pomeriggio al bar, giocai con Luigino che non riuscì più a vincere una sola partita. Lui era arrivato a scoprire solo che chi comincia per primo perde, conosceva alcune combinazioni vincenti, ma non tutte come me. Allora, vistosi battuto, mi propose di disputare un’ultima partita basata sulla velocità, affinché non potessi riflettere com’era d’uso e, in velocità ch’era campione imbattuto, riuscì a vincere ancora una volta. Quel giochino, dopo un certo periodo d’enfasi cadde in disuso, anche perché nessun’altro riuscì mai ad imporsi.
L’ultima volta che lo giocai fu alla premilitare presso il Distretto di Pesaro, la posta era 100 a 1.000. Se avessi perso avrei pagato mille lire contro le cento della puntata. Spiegai in breve il gioco a due amici coetanei di quel tempo (Franco Gallo e Tommaso) che avrebbero dovuto fare da esca ed io li avrei fatti vincere. Ricordo che incassammo 7.800 lire (circa 70 ragazzi giocarono, solo alcuni due volte) e nella pausa pranzo invece di mangiare alla mensa del Distretto andammo al ristorante a farci una scorpacciata di pesce, inoltre offrii un pacchetto di Astor a ciascuno e mi rimasero ancora dei soldi. Ritornando a Luigino, se di frizzi e lazzi era campione, non si dava all’imbarco di straniere come la maggior parte di noi e via via lo persi di vista per ritrovarlo poi una sera al cinema modernissimo. In quell’occasione notai che stringeva fra pollice ed indice il collo d’una ragazza, “la teneva per il coppetto”, come si suol dire dalle nostre parti e capii che anche lui aveva finalmente trovato di ché beccare!
Note
(1) L’asiatica era una pandemia influenzale di origine aviaria che negli anni 1957-60 fece circa un milione di morti. Fu causata dal virus H2N2 (influenza di tipo A), isolato per la prima volta in Cina nel 1954. Nello stesso anno fu preparato un vaccino che riuscì a contenere l'epidemia. Più tardi mutò nel virus H3N2, che causò una pandemia più leggera negli anni 1968-1969.
(2) L'anno scorso a Marienbad fu accolto con curiosità ed entusiasmo dalla critica, che giudicò rivoluzionarie le intuizioni del montaggio e della fotografia. Al Festival di Venezia del 1961 gli fu assegnato il Leone d'oro, e nel 1963 ottenne la candidatura all'Oscar alla migliore sceneggiatura originale.
Il gioco di Marienbad
Ecco come vanno disposti i fiammiferi
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Elemento che fece tendenza all'epoca fu il "gioco dei fiammiferi" che, mostrato nel film dove aveva una valenza simbolica, rimase in voga per qualche stagione nei salotti della buona borghesia. Il gioco consiste nel disporre 16 fiammiferi in 4 file decrescenti, rispettivamente di 7, 5, 3 e 1 elemento, come mostrato nel riquadro sovrastante. Ognuno dei due giocatori, a turno, deve togliere dal tavolo un numero di fiammiferi a piacere, purché da un'unica fila. Vince chi riesce a giocare per ultimo, lasciando sul tavolo l'ultimo fiammifero all'avversario.