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Michele Columbu aveva un fascino irresistibile, guardarlo negli occhi era come lasciarsi travolgere da un’ onda in una giornata di maestrale. Il suo sguardo acuto pareva volesse leggere i pensieri, trasmettere e inculcare il bagaglio delle sue nobili idee. Lo conobbi un sabato al Joli Hotel in una conferenza sulla lingua sarda, intercalava il suo discorso con parole di Ollolai, suo paese natio, ne era sindaco, da dove era partito a piedi verso Cagliari, per una marcia di protesta contro la burocrazia. Al tavolo della presidenza ,con altri intellettuali, era la figura predominante, riusciva a sdramatrizzare la storia ironizzando sugli avvenimenti più tristi . Finita la conferenza, mi avvicinai, mi presentatò a lui Italo Ortu, che mi invitò, se lo desiderassi, ad una chiacchierata nella sede in via Roma al numero 85. La sera stessa ,sotto i portici dove era la loro sede, mi ritrovai nel salone che dava sul mare, dove campeggiava il simbolo dei Quattro Mori, intorno ad un grande tavolo, sedeva lo stato maggiore, tra cui Carlo Sanna. Mi colpii la loro tristezza, ebbi l’impressione di trovarmi una veglia funebre, parlavano delle sorti della mia terra senza fiducia e forse senza crederci. Solo come una sprovveduta sa fare, presi la parola : cosa ci vuole perché si realizzi il nostro sogno, basterebbe uscire per le strade e raccontare questi progetti alle persone. Michele sorrise, l’ unico che pareva dare importanza a quelle parole. A casa mi aspettavano i bambini, dopo un po salutai, Michele mi accompagnò, incrociai il suo sguardo e salutandomi disse: grazie signora, torni a trovarci. Lo presi in parola, per venticinque anni abitai molte ore della mia vita in quella sede. Col passare del tempo, in un archivio colmo di storia, lasciai che la polvere dei documenti, arricchisse le mie scarse conoscenze. Divenni uno dei massimi dirigenti, eletta nel Consiglio Nazionale, per venticinque anni ne fui il segretario, assaporai le soddisfazioni e imparai, la più grande delle lezioni :non era sufficiente alzarsi, uscire per strada parlare con persone che non vogliono ascoltare, e tanto meno, sentire il sacro santo dovere di smentire Cicerone ,che nel processo a Sauro,proconsole romano, oltre duemila anni fa, affermava che i sardi sono talmente stolti da non distinguere la libertà dal servaggio.
Caro Michele,
La nostalgia delle tue parole che per tanti anni hanno nutrito la mia vita, mi ha spinto a chiamarti. La tua voce, la stessa, ma tremula, ricca dei tuoi novantacinque anni, mi hai salutata gentile, non mi hai riconosciuta, ti ho detto: sono Anna Maria te ne ho combinate tante! Tu le chiamavi Bachisiate. Che fascino avevi! Sguardo d’intelligenza viva. Mettevo da parte tutto quello che scrivevi, Nel settantasette, mi regalasti un tuo manoscritto: NEL 2000 ANNIVERSARIO DELLA PECORA, che attuale! Desidero ricordarti, in quel giorno, determinante per la mia vita, in via Roma, mi salutasti con un sorriso,
Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
«Michele Columbu nasce a Ollolai l’8 febbraio 1914., la sua grande perdita avvenne a Cagliari, 10 luglio 2012.»
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Ho sempre apprezzato la fierezza del popolo sardo. (Antonio Terracciano)