Ritornava la tristezza ogni volta che varcavo quella soglia.
Fuori il sole, la luce che a guardarla ti accecava ed io mi apprestavo ad attraversare la nebbia dove anche i miei passi si perdevano assieme ai miei pensieri.
Scelsi il silenzio quando le parole non mi bastarono più, quando fui esausta di cercarle sul vocabolario. Non c’è un sinonimo per il silenzio, c’è solo il silenzio e quell’ immenso vuoto dove ogni parola muore calpestata come le foglie in autunno.
Quante volte avevo guardato agli alberi con il desiderio di raggiungere una piccola divaricazione dei rami, alla mia portata, per potermene stare tranquilla, a metà tra la terra ed il cielo, persa nei ricordi di una vita.
E’ difficile spiegare perché gli alberi hanno per me un fascino particolare, forse perché sono l’ equazione di un’ impresa impossibile. Quante innumerevoli foglie ha un albero, impossibile contarle, un po’ come le stelle nel firmamento. Quanta vita c’è su di un albero. Rumori, suoni, sussurri, respiri, gemiti, scricchiolii, e silenzio, l’ assordante silenzio, assoluto ed incontaminato dell’ anima. Non è che è lì, proprio sull’ albero, anche la mia vita?
L’ ho pensato tante volte e tante volte ho desiderato quel riparo dal resto del mondo.
Avevo una luce negli occhi ed il cuore che impazzava solo per il desiderio di avventura, per il fascino dell’ imprevedibile. Avevo fiumi di parole che trascinavano ciottoli ed ogni altra cosa incontrassero nella loro corsa, per esprimere le mie sensazioni, per impressionarmi ed impressionare gli altri. Basta un attimo a capovolgere una situazione, una parola sbagliata, una mancata riflessione, un errore e tutto muta.
Allora solo il silenzio è possibile, le parole sono tutte nella tua mente, caotiche, giuste, sbagliate, semplici, complesse, enigmatiche, chiarificative, scarne, doviziose, palliative, risolutive, concrete, astratte. E mentalmente cominci una sorta di ragionamento prima con te stesso, poi con una folla di personaggi, che hanno fatto parte della tua vita, a cui tu poni domande, a cui suggerisci risposte.
Ogni dialogo è possibile, vivi situazioni nuove, voli oltre l’ universo immaginabile e tutto si può reinventare.
La tristezza che tornava ogni volta che varcavo la soglia, quella soglia, non era poi così grave se nel silenzio trovavo la trappola e la fuga, il male e il rimedio, se nel silenzio io ero tempesta e fuoco e tu apparivi diverso dal faro luminoso sul molo, diverso da quella riva accogliente.
La tristezza che tornava ogni volta che varcavo la soglia, quella soglia, era una sorta di ostinazione, una forma di difesa o il rifiuto di una realtà ben chiara? Non so, so soltanto che bisognava andare oltre, anche se ciò avrebbe significato passare attraverso il fuoco.