Capita, improvvisamente, di accorgersi come ci siano luoghi, fatti o cose che tendono a ricorrere nella vita di ognuno di noi.
Ho scoperto che, a segnare il mio cammino, ci sono stati i balconi con le loro ringhiere a separarmi o a unirmi al mondo.
Il primo fu la ringhiera della casa che accolse la mia infanzia, sottili barre di ferro dove la ruggine aveva creato squame rossastre e la ruvidezza onorava il trascorrere del tempo.
Un cancelletto era il limite dei miei giochi di bimba solitaria, mentre la fantasia esondava ben oltre cullando progetti di vita futura tra sguardi di speranza e sorrisi di certezza.
Il tempo trascorre altro scenario e altro balcone per le mie estati che, fino all'adolescenza, mi videro guardare, attraverso il verde e il bianco del decoro metallico che io stessa avevo dipinto, una strada e, oltre la curva, il mondo vissuto da persone che sarebbero diventate care al mio cuore.
Piccola prigione nell'attesa della conquistata fuga.
Poi il ballatoio da sposa, ma non c'era più tempo e modo per liberare la fantasia, uscivo per stendere i panni, i progetti erano diventati pratica quotidiana, misura del vivere, impegno e responsabilità.
Una ringhiera utile, ma ignorata nella corsa al fare, non ne porto ricordo di forma o colore, solo l'appoggio del metallo sul ventre, mentre, affaccendata, il pensiero già era oltre, nella convinzione del sogno realizzato.
Truce il ricordo di un piccolo balcone in una casa estranea, il tempo è passato.
Una notte di fine estate, una sigaretta, seduta sulle fredde piastrelle, sola a contemplare le lontane luci delle vite altrui, sentendo, lungo la schiena, il gelido soffio che spegneva la fiammella di un amore che non avrebbe mai dovuto accendersi, che non meritava di esistere.
L'umido degli occhi a confondersi con la rugiada notturna.
La solitudine è più grande quando alle tue spalle dorme chi dovrebbe tenerti la mano.
Ed ora qui, un'altra casa, un'altro tempo, un'altra vita, altri pensieri, mentre un'inferriata nuova segna un'altro passo.
Basta chiudere gli occhi e scorrono i visi di chi ho amato, di chi mi ha tradito, di chi mi ha teso la mano e di chi me l'ha morsa e le domande s'affollano tumultuose a spezzare il respiro, a bloccare il cuore.
Poi riapro gli occhi e sorrido, i ferri dei miei balconi non sono mai stati sbarre per me, perché ho saputo sempre volare oltre e, anche in questa notte nuova, sto sgranchendo le mie ali.