Al crepuscolo il Mondo rideva e lungo il sentiero seguivo il percorso della brezza che lievemente accarezzava una distesa verde, verde di speranze stuprate, ormai viventi nel ricordo.
La vita da Giullare è più complicata di quello che si pensi. Il difficile è incollarsi la maschera sul viso ogni sacrosanto mattino e fingere di non esserci, riuscire insomma a sgusciare tra le sciabole rotanti degli sguardi all'arsenico, che sfrecciano forsennati quando s(u)ono tra la massa...
Nutrendomi della beltà apparentemente infinita del circondario, viro alla volta della città, dove ad attendermi c'è il "Nuovo Signore", già, purtroppo si sa che al giorno d'oggi il sistema è "pigliarti per fame". E la mia arte non sfama: tocca arrendersi alla cupidigia di questo sputo umanoide.
Eppure mi chiedo ancora come sarebbe stata la mia vita se avessi ignorato l'"urlo dei fiori" e lo "sciabordìo delle emozioni", se avessi cercato di barcamenare la mia esistenza entro gli schemi d'una vita "dignitosa". Forse ora avrei un "piccolo me", che mi scimmiotterebbe mentre carezzerei dolcemente l'"anima a me più affine" al rientro dal duro lavoro quotidiano! Avrei potuto portare la pagnotta e sfamare tanti "piccoli me", avrei potuto lasciare che il mio seme non si perdesse entro le macine di questo sordo mostro terreggiante.
Ma l'illusione è vana quando si ha la consapevolezza che le proprie carni siano aria, siano nullità, siano un "mezzo di trasporto" di molecole appartenenti alla catena di montaggio di un sistema; un sistema infinitamente immenso che va rimestando esistenze, elementi, anime e ruota ruotando nel nulla implodente!
Gli occhi al mattino si aprono e con loro la sensazione d'esser schiavo della beltà: come potrei fingere quando sono filtro della natura, quando sento la necessità di ringraziare e d'esser riconoscente. Quando sono affetto da una sorta di "sindrome stendahliana" di fronte a questa distesa verdeggiante.
L'arte s'impossessa di me quando cerco d'omologarmi e sento che le "sciabole giudicanti" con cui convivo da quando ero piccino mi appartengono. Sento d'esser quadrato in un mondo rotondo. Sento d'esser grato, infinitamente grato ed infinitamente debitore di questa esistenza mastodontica, pesante sul cuore, come un macigno di piume...
E così vedo i rigagnoli e lascio che le piccole mani vengano rapite dalla chitarra, mia inseparabile compagna, e credo che suonando possa sentirmi per un secondo libero, possa sgravarmi del debito originario, possa disvelare approssimativamente il telo coprente della verità!
Ma non è così, e so che un giorno sarai pronta ad accogliermi "cara vecchia forca".
Le persone come me non sono "Destini Destinabili": so d'esser bolla di sapone e d'esser tra le tue invincibili braccia, Vento urlante.
Urlante con me che vago nel sentiero d'un cuore perennemente acerbo, corroborato dagli occhi dell'incertezza, nella vacuaità di una concezione che piano piano corrode.
"Sei la mia droga Vita, sei la mia assassina Arte, sei la mia meravigliosa gogna Sua Maestà Natura!"