Nella stanza filtrava dagli infissi accostati la luce del sole: sarebbe stata una bella giornata calda.
Maria scostò lentamente le lenzuola e rimase per qualche momento seduta sulla sponda del grande letto matrimoniale, prima di alzarsi.
- Un altro giorno da sottrarre nel conto alla rovescia - pensò, prima di sfilarsi velocemente la camicia da notte di taffettà . Rimase per qualche istante a guardarsi nello specchio del grande comò: nella penombra, il bel seno, alto e pieno, le braccia tornite, il collo morbido e i lineamenti delicati del viso, i capelli neri neri e ondulati le diedero una piacevole sensazione di sicurezza. Era una bella, giovane donna e il suo uomo sarebbe stato fiero di lei.
Si vestì in fretta e cercando di fare il minor rumore possibile. Le piccole dormivano ed era bene che rimanessero a letto ancora un po’, prima di raccogliersi come pulcini intorno alla gonna di mamma Amalia. Sette sorelle e solo una già sistemata! Rise, mentre si chiudeva alle spalle la porta della camera: quasi dimenticava che si era sposata anche lei, in marzo, per procura. L'aveva accompagnata all'altare, facendo le veci di Antonino, che era in Africa, suo cognato Aldo, il primo cognato, il marito di Graziella e lei sarebbe partita tra un mese, con la nave, per raggiungere il suo, di marito, che l'aspettava ad Asmara.
Si immaginava di dover vivere tra capanne di paglia, in mezzo a tribù di vigorosi neri arretrati e privi di civiltà, e in quegli ultimi mesi di permanenza in centrale non faceva che guardarsi intorno, per memorizzare ogni particolare del suo piccolo mondo, con le dieci palazzine e la chiesa e il lavatoio , il pollaio, i viali serpeggianti come lingue bianche tra le case e le mazze spagnole.
In cucina la stufa elettrica e il buon profumo di caffè la rinfrancarono. Sua madre sfaccendava intorno ai fornelli.
- Pasta e fagioli, oggi, ma'? – chiese dopo averle dato il buongiorno, poi si versò una tazza di latte e orzo e accese la piccola radio per sentire il notiziario delle otto.
“ Ieri, 26 luglio 1952, è morta a Buenos Aires, dopo una breve malattia, Eva Duarte Peron. Scompare così, all’età di trentatré anni, uno dei miti del nostro secolo: in tutta l’Argentina milioni di persone stanno piangendo Evita, la giovane attrice di umili origini, che è diventata la “Madonna dei descamisado”, protettrice e nume tutelare dei diseredati. I funerali si terranno, in forma solenne, l’undici agosto prossimo.”
- Ad Agosto devo partire per l’Africa. Manca meno di un mese, mà. Secondo te riusciamo a preparare ogni cosa e andrà tutto bene, i documenti, il viaggio, la nave, tutto?. -
Amalia continuava a increspare i fagioli nel tegame di coccio, con movimenti veloci e sicuri; tenendo saldamente i manici del recipiente, lo faceva oscillare avanti e indietro perché i legumi ruotassero all’interno, affacciandosi ai bordi senza fuoriuscirne e mescolandosi naturalmente al buon sugo di pomodoro e lardo di maiale.
- Hai fatto una scelta coraggiosa, figlia mia, e adesso non puoi tornare indietro. Antonino è bello come il sole e ti vuole bene. Ha un buon mestiere, sicuro, e si è sistemato bene.
E’ vero, Asmara è lontana, sta di là dal mare, ma devi starci solo un poco, poi ve ne tornerete in Italia. Qui in paese c’è bisogno di buoni calzolai e lui è bravissimo-
Maria si avvicinò alla radio e la spense. La voce impersonale che continuava a dare notizie su fatti e personaggi estranei al suo piccolo mondo accresceva il turbamento che provava al pensiero della partenza e del distacco dalle persone e dalle cose a lei care.
Ripose nel lavello la tazza e tornò a sedersi accanto a sua madre.
- Nelle lettere è così affettuoso, sembra che ci siamo lasciati ieri e invece sono passati quasi due anni da quando è ripartito. A marzo, quando ci siamo sposati per procura, mi pareva che fosse davvero lui a portarmi all’altare e non mio cognato, e lui ha provato la stessa cosa, me l’ ha scritto. Ma adesso ho un poco di paura. -
Amalia si sforzava di apparire serena, soffocando l’emozione che le riempiva il petto ogni volta che pensava al giorno in cui avrebbe dovuto salutarla.
-Dovresti vergognarti. – le disse con tono severo -Sembravi così sicura di te, quando hai preso la tua decisione e adesso? Quello che ti aspetta ad Asmara è tuo marito, ti rendi conto?-
Dal piccolo bagno attiguo alla cucina, intanto, Giacinto reclamava il suo caffè. Aveva avuto il turno di notte, rientrando alle sei dalla centrale del secondo salto e sarebbe tornato in sala macchine alle due del pomeriggio, per uno straordinario che non poteva rifiutare. Sette figlie femmine, di cui una sposata, un’altra in procinto di partire per l’Africa, altre cinque bisognose di tutto e l’ultima di appena nove anni.
E pensare che nelle sue vene scorreva sangue blu! Tortolano doveva chiamarsi, e adesso non avrebbe dovuto contare i centesimi ad uno ad uno per arrivare alla fine del mese, con quella nidiata di figlie, tutte femmine per giunta !
Entrò in cucina ravviandosi i capelli folti e ispidi come setole e si sedette al tavolo, in attesa di bere il suo caffè.
Sarebbe stata una giornata calda anche quella, una giornata in cui le galline avrebbero preferito rimanere nel pollaio, tra le folte mazze spagnole e gli alberi d’acacia, e i bambini avrebbero giocato nella grotta lì vicino, quella della guerra.
- Non si è visto Baldovino da parecchi giorni – disse Amalia – Il piazzale avrebbe bisogno di lui, oggi. -
Baldovino veniva da Cerro, scendendo lungo il crinale della montagna, portandosi nel sacco la sua Madonnella e gli ori e le collane.
Arrivava all’alba, quando la gente del villaggio ancora dormiva. Si fermava nello spiazzo, tra le due palazzine più alte, sistemava la statuina della Madonna sul muretto e la rivestiva di tutti i suoi gioielli: catene placcate d’oro, fili di perle coltivate, di ogni dimensione, coroncine colorate.
Poi le parlava, come si fa con una persona viva, che ti ascolta in silenzio, e intanto ripuliva lo spiazzo e lo bagnava con l’acqua della fontana dietro la casa di Giacinto Tortolano.
Per questo lavoro che offriva gratuitamente per un suo incomprensibile bisogno di rendersi utile o forse come fioretto per la sua Madonna, la gente lo ripagava come poteva: con un po’ di roba da mangiare o con qualche centesimo.
- Verrà certamente uno di questi giorni- rispose Maria – e dovrò salutare anche lui. -
Intanto le sorelle si erano svegliate; ad una ad una venivano in cucina, le più piccole stropicciandosi gli occhi e reclamando il latte caldo con l’orzo.
Maria le guardava con una grande commozione: erano una più bella dell’altra, e chissà quale destino le attendeva.
Emilia, che avrebbe voluto studiare e diventare maestra; Tullia, bruna e minuta, piena di aspettative per il suo futuro; Giovanna, con quegli occhi scuri come carbone e straripante di vita e di speranze; Teresa, bionda e delicata, sempre attaccata alle sottane di sua madre; Adriana, ancora bambina e già bella come un fiore, che sognava un principe azzurro col quale fuggire nel paese incantato della felicità.
- Ecco Baldovino! E’ arrivato, ve lo dicevo io che arrivava ! -
Adriana saltava di gioia davanti al davanzale della finestra aperta. I capelli scompigliati, lunghi sulle spalle e biondi come grano maturo, le danzavano intorno al viso.
Asciugandosi di nascosto le lacrime, Maria la prese per mano e uscì con lei, richiudendosi alle spalle la porta di casa.
Sul portone della palazzina di fronte, in cima alle scale che scendevano nel piazzale, Graziella salutava mamma Amalia, mentre la piccola Silvana, col suo nastro bianco tra i capelli, già era corsa a contare ammirata le collane della madonnina di Baldovino.