Veramente non fui io a prendere l'iniziativa. A quella età ero, come si dice dalle nostre parti, fin troppo "toppone".
Ma anche la variante "torsolo" mi pare appropriata. Fu lei che, complice la penombra della Terrazza, mi buttò le braccia al collo dopo aver fatto volar via la sigaretta che avevo acceso per darmi un tono da uomo vissuto.
Rimasi talmente sorpreso che fu un bacio a bocca chiusa come il coro della Butterfly. Avevo sentito parlare dai miei amici del "bacio alla francese" secondo il quale avrebbe dovuto avvenire un incontro di lingue ma non mi attentai: avevo troppa paura di apparirle volgare.
Lì c'erano il mare, la luna, le stelle e, soprattutto, c'era lei;
la bimba più bella di tutta la mia classe; non potevo rischiare di trasformare la gioia perfetta che provavo, in un suo distacco repentino magari sottolineato da uno schiaffo di cui, all’epoca, le bimbe livornesi difendevano la loro "virtù" dagli approcci maldestri di noi ragazzi dai capelli sempre troppo lunghi.
Mentre le nostre labbra erano sovrapposte da qualche minuto, pensai:- Chi si deve staccare per primo? Ah io no davvero!
Per me possiamo restare così anche tutta la notte!
La risposta me la dette il mare. Un'onda più forte delle altre ci inzuppò dalla testa ai piedi.
Scoppiammo a ridere e ci abbracciammo più stretti
avendo però l'accortezza di spostarci di qualche metro.
Allora la baciai io senza titubanza, senza paure; la baciai alla francese, all'italiana o come fanno sul Pontino, non lo so.
Ricordo soltanto che mi pareva di non essere lì come se la felicità di quel momento ci avesse spostati e portati al largo fin sulle secche della Meloria.
La baciavo e la stringevo ma non l'accarezzavo, non mi passò neanche per la mente il pensiero di toccarle i seni o i fianchi;
tutto in fanciullesca e completa platonicità.
Che attimi sublimi! Che sensazioni profumate!
La sua saliva sapeva di sciroppo alla menta (avevamo mangiato un ghiacciolo poco prima!) ma a me venne in mente il nettare degli dei di cui ci aveva parlato la Prof. di italiano.
Era realtà ma era sogno!
Erano la mia e la sua giovinezza amalgamate nello slancio vitale della natura.
Come si fa a non peccare di retorica descrivendo quei momenti?
Chi ci vorrebbe qui al posto mio, Petrarca? Dante?
Si chiama Valeria e non l'ho più dimenticata:
tentai di vederla anche dopo quella magica sera ma per lei l'incantesimo era finito. Tornammo sul Viale Italia, bagnati fradici,
ci salutammo e non volle nemmeno che l'accompagnassi alla fermata del filobus. Qualcosa si era rotto . In classe, nei giorni seguenti,
non mi rivolse mai più la parola né permise che io accennassi all'episodio.
Vive ancora a Livorno, non si è mai sposata. Qualche volta la incontro all'Ufficio Postale dove andiamo a riscuotere la pensione e provo un senso di fastidio nel vedere come il tempo ci ha trasformati.
Siamo stati troppo belli quella sera! Forse anche lei pensa questo e finge di non riconoscermi. Anch'io amo le rose che non colsi,
anche se le spine pungono ancora ma senza far male.
Da quella sera ho rinunciato per sempre a tentar di capire le donne. Il genere umano comprende anche la femmina; l'uomo no.
Era l'estate del 1963, Gino Paoli cantava "sapore di sale"
ed avevamo sedici anni!