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Tratto dal romanzo L'ISOLA "un premio anacronistico"
Magari sarà stata la giornata particolare, ma credo che un notevole aiuto l'avessedato la situazione atipica. La città era stranamente silente, tranquilla, ovattata. Ogni tanto passava qualche temerario lentamente in auto e lo sferragliaredelle catene rompeva la quiete. Stavo al vetro della finestra della camera, da unpezzo, quasi intenerito ad osservare. Mi piacevano quelle diversità, quell'andarea rilento della città, anche gli odori erano diversi. Un fascino antico, di altritempi, pervadeva l'intorno, un ammantato velo l'avvolgeva. Ci sarebbero sicuramente voluti dei giorni per tornare alla normalità e questomi dava sinceramente una profonda gioia, quasi speravo, che quella situazionedi “ stallo”, potesse protrarsi a lungo. Era come vedere la vita freneticadella città al ralenti. Dopo pranzo, quando non eravamo al lavoro, Sara faceva il caffè per tutti, poi iniziava a rigovernare, rigorosamente a mano. Credo fossimo rimasti l'unicafamiglia a non possedere una lavastoviglie. Ero solito distendermi in poltrona, a pochi metri da lei a vedere il notiziario alla televisione, io a vederlo, lei asentirlo mentre riassettava la cucina. In casa nostra per la vigilia usavamo farefesta. Quel giorno il telegiornale iniziò con una notizia inquietante:– Si sono verificati dodici decessi nella giornata di ieri oltre a mille casi sospettisegnalati, i sintomi che presentano sono inizialmente di forti dolori gastro- intestinali, gli esperti dichiarano ancora sconosciuta l'origine del contagio, presumibilmente alimentare, ma non ritengono poter escludere nessun tipo dialimento. La notizia lì fini. Ci fermammo tutti all'istante, cominciando a “ scarrellare” con il telecomandoper trovare altri notiziari più esplicativi, praticamente si somigliavano tutti, ovvero, non sapevano ugualmente niente. Jonathan andò a “ smanettare” in reteper oltre un'ora, ma le notizie che reperì furono poche. Io rivoltomi a Saraesternai:– Una giornata così bella, sarebbe stato troppo chiedere, si fosse mantenutatale per tutta la durata.– Hai proprio ragione. Al notiziario della sera le notizie erano pressappoco identiche, salvo il numerodei decessi salito a quindici e dei contagiati presunti, oltre milleduecento.
Un fatto era chiaro, la natura dell'epidemia era estremamente virulenta. Andammo in chiesa quella notte, ma non vi entrai, mi sedetti sulla panchina del parco di fronte ad aspettare che i miei uscissero, era freddo e per ripararmialzai il bavero fino sopra le orecchie. I ricordi affioravano quella notte. L'aria era inzuppata mentre la terra trasudava da sotto mestizia. La neve si stava sciogliendodai pini e sembrava piangessero anch'essi. Ritornando a ritroso rivedevoquel mondo vissuto da bimbo, quando il presepe troneggiava la casa ed ioaspettavo smanioso il momento, quel sacro momento, per adagiare sul fieno, ilSalvatore. All'epoca i pini erano piccoli e ridevano guardando le stelle. Rimembravoil correre veloce degli anni e dei mutamenti avvenuti, in fretta, troppoin fretta, nel mondo, nelle menti, nelle nostre anime. Ormai anche quel sacrogiorno era diverso. Chissà se in futuro sarebbero sempre uscite le stelle. | |
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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Festa delle Donne 2010 Autori Vari
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Pagine: 107 - Anno: 2010
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