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Scrivono i porci e le galline che bramose dal comparire ad ogni costo, fanno chicchi, ricchi… Siamo tutti bravi. Un incubo è diventato sta questione amara. Scrivono tutti, scrivono perfino racconti e poesie le galline della De Filippi e i posatori del grande fratello. Scrivono commedie i dromedari del deserto e le tortore nel cielo. Sono tutti scrittori, bastano i soldi o un po' di grano e si affronta l’onda alta del mare. Scrivo anche io, ultimo delle serie “ siamo i poveri per promuovere il nostro pensiero tra lettori attenti”. Sì, poveri nel modo di non avere sacche piene e conoscenze varie, ma ricchi nel trasmettere il percorso del vero esistere. Non vomito per rispetto del lettore. Eccomi, arrivo sotto le luci della ribalta! Rivolto il moto, sganghero, scollo, tolgo il chiodo e l’ icona. Vado veloce a ruota libera, metto le ali come gli uccelli, parto. Volo nel cielo terso, piroetto con la testa in giù, sono Icaro a tratti “ lasciatemi credere che voli”. Cadevano dall’albero alto rosse ciliegie, cadevano nel terreno umido bagnato da una pioggerellina sottile, era il mese di Maggio. Mese che nacqui, mese delle rose, mese della Vergine Maria, e non è poco. Tutto ciò mentre il sole giocava con la terra, si alzava dal nulla, si abbassava, sudava dal gioco troppo dispendioso, poi calava a rinfrescarsi il corpo nell’oceano della terra. Ovvero, calava nel sudore del suo tanto girare e dalla tanta fatica. Così gli succedeva la rivale luna che per dispetto e amore di sè, illuminava la notte, era una gara tra masse innamorate. Una illuminava il giorno, l'altra la notte. Masse di polvere, una con al centro un bel motore" Il sole" che produceva gas. L'altra, la Luna, appariva bianca, splendeva nel cielo notturno, illuminava i cuori di tutti gli innamorati. Scrivo per tenermi compagnia! Mi piace vedere le lettere apparire, le virgole e i punti, non mi piacciono le regole ferree che tengono il pensiero bloccato a cavilli di leggi grammaticali. Si, riconosco il sommo divenire della storia delle regole e di quanto di demoniaco abbiamo inventato per rendere il pensiero non accessibile ai divieti. Alt, non si può, manca una virgola, tutto ciò mentre il pensiero accende i razzi e parte, oh cielo, ci arrivo! Squalificato... non si può, bisogna partire da zero, dal principio, si, con il cavolo, va a recuperarlo il pensiero nell'istante passato, e l'incontro tra le due sinapsi innamorate. Non siamo macchine e nemmeno robot, cavolo! Cadevano maturi al richiamo della forza di gravità, ingoiati dalla bocca della terra i mandarini. Finivano la loro storia di vita nell'umido terreno bagnato dalla pioggia incessante. Erano dolci di sapore nella bocca dell'uomo, con asprezza alla fine della masticazione, tranello... la botola del corpo si apriva innocente, non c’era altro da fare che mandare giù il morso amaro. Siamo tutti scrittori e poeti, siamo seduti sopra una spiaggia proficua, su di un’ appendice di un corpo che una volta si chiamava Italia. Ora Europa. Europa ha una grossa testa e pochi altri annessi, è donna, la sua testa deve funzionare a discapito di tutto il resto, questo per il predominio del territorio e per la coerenza con l'aquila . L'aquila volava alta nel cielo terso, però era affamata, la piccola nascente Europa, si difendeva correndo per prati non sempre verdi, non mangiava, non rideva, il pensiero della perdita del predominio, la rendeva magra. Sacrifici chiedeva al suo corpo dopo aver ingurgitato terreni e anime e popoli. Certo che le banche si erano date alla pazza gioia digerendo tutto. Intanto il melograno simbolo di prosperità, germogliava nell’aridità del tempo, altro ci attendeva, si sperava in un futuro migliore, magari per i nostri figli. Si attendeva l'unione vera di ogni chicco di melograno, che insieme agli altri ,con forza, avrebbero prodotto speranza e stima per ogni piccolo rivolo di succo indispensabile per la vita e per tutti i popoli di questa terra.

Mi spengo poco per volta,
come una candela.
Arranco nell'infinito crederti, vita.
Ti ho dato tempo e ho racchiuso speranza
al centro del mio torace.
Anche se il cuore si ribellava, l'ho tenuto zitto,
a volte però, si è liberato delle catene.
Con balzi e piccoli trucchi mi è sfuggito.
Tra le mani l'ho tenuto,
gli ho cantato la ninna nanna del divenire.
L'ho riscaldato con la mia coperta preferita.
Ma lui, incauto, senza rispetto alcuno,
senza ascoltarmi, distratto come me,
se n'è andato lontano.


Pasqui 06/01/2012 19:47 807

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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