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Quella mattina non avevo nessuna voglia di vedere e di ascoltare nessuno, chiamai al lavoro e chiesi una giornata di riposo. Mi sorseggiai un buon caffè, feci una buona colazione. Raccolsi fiori dal giardino del mio spirito. Li scelsi con cura, raccolsi quelli più profumati e odorosi, i più belli, riempii di acqua il vaso di cristallo azzurro che stava al centro del tavolo nel salone e dentro di esso depositai l’allegria della natura. Accesi lo stereo e ascoltai della buona musica seduto sul divano di pelle, che mi accoglieva sempre quando ero stanco. Era di una morbidezza unica il divano, mi accoglieva come le gambe delle madri accolgono i loro figli. La musica che ascoltavo spesso era quella di Bossa Nova, anche quel giorno l'ascoltavo, mi metteva leggerezza, mi faceva spuntare le ali, in poche parole volavo. Mi accarezzavo, mi coccolavo e pensavo bagnandomi in gocce di dolci pensieri steli di poesia. Quella mattina, improvvisamente mi venne voglia di scrivere un racconto, per me raccontare era cantare, era come liberarmi, mi poneva tranquillo. Accesi un bastoncino di incenso sul tavolino al centro della stanza, lo facevo sempre quando scrivevo, ringraziavo così la musa della scrittura. E cominciai a pigiare i tasti della macchina da scrivere che sempre mi attendevono. Era bello sentire sotto le dita il ticchettio dei tasti, era bello stare nel racconto che man mano trovava la strada dello svolgersi del tutto. Cominciavo sempre da una frase dettatami dal cuore, poi la stessa si insinuava nel terreno fertile del raccontare, quante volte sono partito dal niente creando piccole storie, raccontini per bambini e favole per farli addormentare. A volte, inviavo messaggi spirituali agli adulti, ma chissà, se il postino li consegnava. Pioveva quella mattina… L'odore della pioggia esalava dalle pietre bagnate, arrivava alla finestra di casa mia che aperta accoglieva l’odore, la foschia scappava dal tempo, saliva nel cielo grigio e nuvoloso, cielo coperto e colorato dal grigio colore. Ricordo che era il mese di Dicembre quel giorno, era prossimo il Natale. Insieme a mio figlio: “ Andrea” allestì il giorno prima un buon albero di Natale e un piccolo presepe. Ponemmo già il bambinello nella mangiatoia, non aspettammo i Re Magi. Il Natale era tempo di dentro, non era tempo di fuori come lo è tutt'ora. Ridemmo tanto nell’ allestirlo e tra risate e palline colorate, facemmo festa nel torpore della nostra casa. In quel tempo scrivevo spesso e parlavo poco, come accadde proprio quel giorno in cui stanco non andai a lavoro. Non era quello il mio lavoro, mi metteva male farlo, era come dover fare qualcosa per sopravvivere umiliandomi in continuazione. Il guaio era che rischiavo anche di non essere compreso che ero nato per altro. Lottavo sempre con me stesso per portare a casa il cibo che ci permetteva di vivere. Ero nato per altro, lo avevo sempre saputo, ero nato per vivere al centro del mio cuore e non su gambe alte o su braccia forti, da piccolo ero consapevole di questo, ma purtroppo per disgrazia di nascita in una situazione non prospera, avevo dovuto abbandonare i miei sogni e cercarmi lavoro in tenera età. Volevo fare l’archeologo oppure il cercatore di sogni, ma non era stato possibile. Mi ritrovai per intero da un’altra parte dei miei flebili sogni. Mi ritrovai presto nella sofferenza degli esseri umani, tra dolore, lacrime e morte. Presi presto lavoro in ospedale. Avevo appena venti anni. Qualcuno diceva che ero fortunato…Tra le nuvole dell’incenso e l’odore che emanava il bastoncino di legna secca, tra il jazz e Bossa Nova, tra il ticchettio dei tasti della macchina da scrivere, ero felice quel giorno lontano, ero felice nello spirito e nell’ essere. Non avevo bisogno di altro. Scrivevo poesie e le incartavo nella scrittura. Quando ad un certo punto, improvvisamente alzando gli occhi dalla macchina da scrivere vidi una luce, quella luce mai saprò da dove proveniva, se proveniva da fuori o forse da dentro, non sapevo da dove venisse, una luce di pace, mai ascoltata dentro, ebbi paura di questa meraviglia, ma anche tanta paura di quello che provavo. Provavo una gioia indescrivibile, ero improvvisamente colmo d’ amore. Pregai che tutto finisse presto, avevo paura di morire dalla felicità, era troppo per la mia piccola anima quello che provavo, mi illuminai d'immenso in un attimo. Poi, tutto cessò improvvisamente lasciandomi dentro un mare d'Amore. Restai fermo in me a gustare il sentimento un'intera notte, poi di buon mattino corsi tra i boschi respirando gioia. Ero un tutto con tutto. Ancora a distanza di tempo cerco di comprendere l’accadimento, accadimento che non mi spiego e nemmeno cerco di spiegarmelo, non ho una risposta, so solamente che da allora inseguo l’odore dell’amore. Inseguo giorno dopo giorno il vecchio accadimento, inseguo l'odore, il sapore, corro tra i boschi a piedi nudi, ora non ho paura, non ho più paura dell’amore forte. Lo attendo, ora sono consapevole della forza del provare, del mio provare. Nel frattempo ho ampliato le finestre del mio cuore, resto in attesa di luce, di quella luce!
Me encanta como te amo. Entre las espinas y el olor de rosas. Me comprometo, cómo te amo Tal vez de amor diferente, pero me encanta con el mismo rango de sangre mi bomba de corazón en las tierras áridas del amor. No guardar sentimientos: < sufrir, tratar de incluir empinadas calles sinuosas y amor >. Y si no entiendes, Agazapados hacia abajo en la esquina de mi corazón, Planchado y lavado mis pensamientos. Busca dentro de sus letras mayúsculas, buscando la armonía de las articulaciones. Entonces, espero con ansias y trepitazione la respuesta. Me encanta como te amo. Entre los olores y las espinas de todo Rosa.
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