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♦ Marina Demelas |
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Credeva che trangugiare tutto quell'alcool fosse una soluzione antalgica ad epurare quelle propaggini di dolore radicate nel suo petto,che potesse cauterizzare quell'emorragico gorgo d'inquietudine ibridato con un ceppo recessivo di malinconia. Da tempo il respirare per Dave era diventato estenuante, asfissiante, un'amaro sopravvivere. Si sentiva avulso da quella realtà, da quella società ipocrita che lo emarginava e al tempo stesso cercava di corromperlo,di far breccia nella sua fragilità,di farlo inabissare poco a poco.
Soffocava,sentiva viva quella putrefazione che scavava dentro se,sentiva il deragliare su un binario morto.
Sentiva attorno a se le scalpitanti corse alla massificazione,il brusio slogheggiante del conformismo, la lobotomia del pensiero, l'azzeramento delle diversità, l'omologazione agli standard del prototipo d'automa di ultima generazione.
Era stanco di sentire arpionati al midollo i deridenti occhi del pregiudizio, di portare sul groppone il peso del vessillo dei disadattati. Così decise di strappare alla vita l'ultimo ribelle volo d'escapismo e di librarsi al canto di libertà sopra quelle algide latomie, di fugare le falci che presto gl'avrebbero tarpato le ali, reciso ogni speranza di redenzione. Il lupo della steppa ch'albergava dentro lui aveva spezzato le catene ed era pronto ad azzannare alla carotide quegl'ultimi scorci vitali, pronto a dare in pasto alle larve e alla madre terra quella carcassa straziata dall'oscurità. Pregno dei flutti dei briosi distillati il giovane adolescente sentiva i neuroni aggallare in quel brodo alcolico, che permeava l'ormai fottutto sistema snervato. Linfa vinosa l'acetilcolina soppiantava come nuovo neurotrasmettitore, assoni e dendriti copulavano in sinapsi di perdizione. Conati luppolati gli gorgheggiavano in gola, amarezza al Montenegro intrideva esauste cellule epatiche. Come spugna satura dai pori trasudava il vecchio Jack, unico sincero consolatore. Sbuffi etilici gli ruggivano nel cranio l'aroma del Tennesse. L'iridi violacee d'assenzio stillavano magre grappose lacrime, che scendevano a rigargli il viso stravolto, arato dal canto dell'eclissi. Precario instabile equilibrio, tutto sfocava, in quell'aria d'indifferenza che raschiava i polmoni. Sentiva il frastuono della solitudine soffocare i suoi sospiri, si contorceva sul pavimento, piegato in due, rigurgitando avanzi di vita, frattaglie d'anima, acida merda che gli si strozzava nel gozzo. Ogni afflato sembrava trasbordare Dave sempre più vicino al collasso. Il silenzio delle tenebre s'affacciava alla finestra, mentre per l'ebbra stanza stava risuonando "Something in the way", la mesta voce di Kurt lo accompagnava in quegl'ultimi istanti verso la dipartita. Un'intarsio di gaia mestizia solcava il suo lacero volto. Riposa nel suo pianto di vomito un timido ubriaco. |
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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«Il racconto, di pura invenzione, parla di un giovane adolescente in piena crisi, che in una notte delirante cerca nei fumi dell'alcool un via di fuga per lasciarsi alle spalle tutti i problemi e i tormenti che lo affliggono, le desiderate ali della libertą che lo portino lontano da quella realtą a cui non si sente di appartenere, sebben sapendo che non vi farą pił ritorno.» |
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