Premio di Poesia Scrivere 2015
Anche quando l'ultima stella estinguerà il suo battito nel cielo crudele del disamore spazzando via i nostri anni come polvere insulsa
anche quando d'amore ti odierò nel ricordo maledetto di ciò che più non è in questo sole d'estate spietata che agghiaccia il mio cuore
e quando guarderò indietro e vedrò il bluff della mia vita contorcersi nelle viscere e forse vorrei ingannarmi ancora
anche allora sempre disperderò su vulcano perenne le ceneri del nostro idillio in un momento schiacciato dal fato
e ritroverò in te così lontano senza esserlo, cosi vicino senza volerlo letale scintilla a rianimare vita
Ad un passo da te, senza avvicinarmi all'ombra di quello che fu e sempre sarà
ritroverò l'ambrosia dell'incanto celeste di due semplici anime congiunte in eterno danno
senza fine |
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Urla la tua assenza questo mare di silenzi
lumina speranza nella sera un sentimento assordante
che stilla lacrime di malinconia nel buio che hai lasciato.
Fiduciosa attendo i passi sulla via
soliti raggiungermi malgrado la distanza.
Mio cavaliere di parole ora l’eco della tua voce
travolge i miei dì incerti distesi all’orizzonte
che al chiaror dell’alba promettono dolcezza.
Si rincorrono emozioni in sintonia con il cuore
di quell’ultimo bacio scolpito nell’anima
che torna struggente e gioia enfatizza al solo pensiero. |
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Angelo biondo che a me sorrise: fresca rugiada di verde stagione, brezza gentil che dell’amore è sprone, chiare pupille di dolcezza intrise.
Soave tremor nel cuore mio incise e tutto avvolse in celestiale alone, che l’animo addolcisce e poi scompone: d’amor gioia infinita allor promise.
Ma del destino vita è prigioniera e andando stinge il roseo colore per fare approdo su altra riviera:
l’ebbrezza giovanil cede al torpore. Al caminetto presso una sera... scovar sotto la cenere un tepore. |
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Sete di giustizia Sociale |
Sotto i cipressi dove si tace gorghi e ricurve spine di cuore, torce, rigira l'artiglio rapace ora che sento un solo dolore.
Ella morì di gladio affilato: tre miserabili segni d'amore tre tagli sghembi di un dissennato a separare dal ramo quel fiore.
Come le canne son flesse dal vento così le pene ripiegano sensi che inarcuati da troppo tormento scoccaron colmi d'odi e rimorsi. Ed io scoccai, tendendo quel nome: de Saint- Venant, un amante letale giudice il giorno, notti d’infame arbitro in Terra di bene e male. Non v’è giustizia avverso la Legge, non v'è perdono né qui compassione: così con l'odio ch’ancora mi regge inflissi lama d'uguale pressione.
Nulla più dissi, nessuna difesa non più tensioni, soltanto la cella: nulla rimase d'un gesto di resa per vendicar l'amor d'una sorella. |
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Arsa la gola nel deserto del giusto striscio le membra come unico Cristo, porto la croce, fardello dell’uomo, frustato nel riso dell’ultimo primo. I chiodi m’attestano il non esser divino espiando le colpe d’un fatuo destino, rinasce la vita dell’ora morta nel vero o nel torto una pena m’è certa. Giustizia malata e bramosa di sete dell'avido male in mondo di pace, s’alza lo sguardo nel cielo ingannato dal volere di un Dio che m’ha abbandonato. |
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Quando le mura di una casa rimbombano di urla implose su una pelle martoriata ho sete
quando nel buio dell'omertà l'assassino nasconde la sua mano insanguinata ho sete
quando un popolo non ha voce ma solo occhi sbarrati d'orrore su un mare cupo di morte ho sete
quando la norma è incastro di gioco di potenti senza morale e responsabilità ho sete
Riarsa è la gola e afona la voce quando la bilancia della Giustizia oscilla muta ad una bava di vento di menzogna e si ferma attonita su un mondo senza legge |
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Com’è freddo questo mattino di temporali primaverili e grandine a scalfire i ricordi
Guardo sperduta cose familiari non riconoscendone la forma
I passi di mio padre nel risveglio sono stanchi e fragili sulle ginocchia
C’è stato un tempo in cui mi cullava bambina, nel risvolto d’una giacca soffocava lacrime che lo portavano distante ad un luogo dove la sua donna non poteva condurlo
(si fa breve la distanza tra loro)
E’ solitudine che sento e pioggia a levigarne gli occhi
Vuota è la casa della mia infanzia senza rumori di stoviglie che attendono mani per risuonare vive
E’ la casa di mio padre, diversa nelle forme, che tace il dolore e si sveglia al mattino tra i suoi passi stanchi |
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Il profumo di zagare e salmastro che dalla marina sale in un refolo di tempo immobile nel frinire caotico, incessante.
Apro la bocca ai baci di gelsi bianchi e gli sguardi si smarriscono nei tuoi. Spalanco finestre e porte alle pennellate di ginestre passi suonano tra chiese barocche e ciottoli in erte di borghi antichi.
E’ la mia strada, la mia casa cambia il vento ma non il cuore. Con l’estate addosso e le stelle in tasca dalla torre antica fischia il mediterraneo.
Vele bianche si spandono come ali di gabbiani sfidando l’immobilità eterna del mare. Nel ritorno dei pescherecci il sospiro delle donne e l’attesa dei vecchi per riparare le smagliature.
Mediterraneo giallo, di limoni aspri come le terre rosso, di tramonti come arance sanguigne bianco, di case a picco sul domani.
Mediterraneo di scogli che sanno di pesce spada di sangue sfilacciato nell’indaco di tonni imbrigliati.
Mediterraneo per morire, spargendo le mie ceneri, saprà accogliermi come figlio che torna a casa stanco. |
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Nella penombra della sera, or mi ritrovo ove vita ancora rinnovo solo per il gusto di verseggiare; è vita che mi consuma, che mi scava dentro alla ricerca del controverso mio pensare.
Spesso mi perdo nella luce che m’illumina la via è allora, che con calma aspetto quell’ombreggiare che mi somiglia anche se agli occhi d’altri, sono un autentico mistero; eppure io vivo, sempre vivo coll’animo sincero.
Non cerco gloria in ogni rigo e sovente ciò che scrivo è vita che non ho vissuto, è libero pensiero cui non mi nego nonostante il transito lento nel defluir del tempo.
Come un albero secolare che si staglia al confine del cielo ogni mia affrancata opinione con cura vaglio cercando di capire se è solo l’ombra ciò che decide l’imbrunire oppure è la notte che dolcemente arriva a farmi compagnia consegnandomi le chiavi del destino e tutto ciò che l’anima insegue, nell’ombrosa mia utopia.
Adesso il cuor mio riflette tutta la luce che contiene, a lui proprio non riesco a nascondere la maschera che indosso quando mi presto al palco della vita, e se per qualcuno sono solo un ombroso arcano ora vi dico ciò che più mi sovviene - frequentatemi più spesso. |
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