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omissam
Le 393 poesie di omissam
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e spruzzo gaiezza mollicosa...
vestendomi di sola alacrità
viaggio verso l'unico paradiso possibile
l'obtorta conoscenza di me medesimo
futile è il mio pensiero
così avvolto nelle rare possibilità
che il capire
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Non più altre mani per fare girotondo...
corro sempre
scappo
la staticità mi rende vulnerabile
nuvole nere
grandi come speranze perse
mi sovrastano
mia madre
-una delle tante madri mie-
tiene i sandali dei miei fratelli in
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ho solo sette dita...
un dito l'ho perso per distrazione
il medio non mi appartiene
due pollici son troppi
in ogni mano puoi trovare l'infinito
tutte le rughe non bastano
vomito tante vite
di ognuna so la fine
-l'inizio è puerilmente
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Le labbra sembrano schiudersi
ti sussurro frasi antiche
un lieve sussulto rabbrividisce
ogni angolo ti porta via
cerco di fermare il tuo trapasso onnipotente
ma tu
così adulta nel crederti bimba
vuoi andare...
ogni tuo passo sa di terra
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Lei
così aggiunta ai miei desideri da trivio
non punge più
appallottolata al mio ultimo spasimo
prega con parole santificanti
-piange lacrime doranti-
la sera
di solito quando il mattino langue
carezzata alle inquietitudini
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Claudico...
claudicante
con l'ardor del postulante
vendo parole legittimanti
promiscuo
dalle gonadi monocromatiche
insabbio emozioni mai vissute
-un foglio non mi rende candido-
con la presunzione estatica di chi sa...
ma sapere non rende
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Tetragono...
tragico epigono
delle rette faccio disdette
di Talete rapide bistecche
Pitagora poi
-lui ora vive tra un difetto ed un inetto-
non mi convince più
teoremizza seni senza coseni
ricerca speculativa la sua...
per il triangolo non
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Vuoto si riempe col nulla...
fagocito il suo fluire inconcludente
con solerzia astratta
ondivaga
mi nutro del suo nodoso aspetto
quasi ne aspettassi il compimento
ne sono attratto
il niente da colmare
favilla le mie latitudini atemporali
nessun
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Di ogni certezza ho fatto dubbio...
riscrivendo l'indescrivibile
adopro tutte le vernici dell'intelletto
oasinarrivabile
stempero
smusso
ritaglio una ragione percettibile
ogni timido appiglio
sconsacra le mie terga
all'onnivora voglia del
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Le amo.
Sanno di odori persi
di lontananze che non passano
hanno negli occhi la vita che verrà
nelle gonne cosce che non finiscono più
con le mani costruiscono mille mondi tuoi
con i pensieri ritardano il dolore che
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E' passata una nuvola viola...
m'aggrappo ai suoi seni
sanno di frutta fresca
di una estate fatta mentre mi sto innamorando
ho tutti gli argomenti
coccige sano
occhi visposi
Hegel sul cuscino
Rousseau nel frigo
la filosofia dell'analisi logica
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Non rammento il tuo odore...
so che sai di speranza
che le tue dita raccontavano
che ogni tuo cipiglio
era respiro asincrono
di quelli che passano per non tornar mai...
ora che sei morta
che ogni tuo atomo sa di azoto
il tuo posto è il
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Neppure le tue ultime fellatio mi stuzzicano...
cane arcano
occhiaie da impiccato
glutei incapienti
svolazzo da palpiti a conati
ardimentoso poi non oso
stessa mutanda da pasqua
occhi senza iride
mani che si confondono con l'aria stantia di
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Ora Amaranta tesse il tuo sudario...
Gabo non è più!
Il mondo è più solo
ogni albero perde una foglia
uccellini morenti svolazzano stracchi
Melquiades non aveva previsto tutto...
questo sgomento m'impoverisce
del tuo
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nel rapido m'accendo
il tuo volto
è un appuntamento con la poesia...
lo giro
lo rigiro
non mi stufo di mirarlo
pieno di vicoli nascosti
strade colme di semafori verdi
armonie dei tuoi menti
tormenti dei denti
così accesi
candide
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Nei meriggi non s- vengo mai...
l'aire domenicale m'accalappia al saldo
son solo periodi senza costrutto
dai possedimenti marginali
dagli argomenti scotti
-gli spazi sono ipotesi mentali-
di ogni refuso faccio man alta
nelle sciagurate letture di
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Invia un messaggio privato a omissam.
Quella luce così insinuante
illuminante
lucida
dalle forme inaspettate
dalle gambe aperte
m'attrae...
quella finestra
porta spalancata sul tutto del niente
buco da succhiare
scatola senza sfondo
io sto qui
eremitando il sottile
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Non mi vesto più d'incanto...
solfeggio
rumoreggio
nel vuoto assoluto
inchiostro non più sensibile
analfabetizzato al pensiero del già pensato
non ho più dittonghi da diffondere
né avverbi da promulgare
di ogni
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Stimmate sul mio pensiero...
di una grande bellezza sono pervaso
il vento
ormai scoperchia l'anima
il mio tabagismo sfuma contorni umani
del tempo son convinto
il suo dilatarsi lungo la schiena
mi rende inalienabile
ogni mattone che deposita
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La madre notte erode il tempo
ogni minuto sa di passato
il susseguirsi degli eventi è statico
i daft punk pizzicano le mie cosce
uno dei miei ventri vomita liquido spermatico
luna atterra i tentacoli vorticanti
mio figlio
quello dell'ultimo
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Vorrei inalare il tuo respiro ultimo...
incanalarmi lungo i sotterfugi del tuo corpo
così nascosto da perdermi
intrufolarmi negli alveoli tuoi
succhiare molecole del tuo ossigeno
refrigerante
rigenerante
mischiarmi ai tuoi umori
slogarmi
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Tutto è di rosso intorno...
i mobili s'attorcigliano ai nostri respiri
ogni stanza è un mondo a parte
pareti che scivolano via
e NOI...
tu
impercettibile vento di tempesta
sfidi i miei sensi inattesi
-mi sorprendo ogni volta a
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Tutto il giorno che non piove...
nell'arida mia staticità
muovo zampette orripilanti
dal pulviscolo miope delle mie chele
traggo la forza
-non mi desto mai dalle mie notti inquiete-
per scivolare verso l'ombra occulta del
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Odorano di vita spesa...
dalle gambe sempre in fuga
occhi che crocifiggono
ogni vestito un dolore
dalle lacrime asciutte
peso imponderabile
del rosso fan virtù
di nero i sogni tuoi
se ti guardano osservano
quando ti lasciano
senti
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Sbadiglio
con fare idiota mangio cianfrusaglie
m'immergo nel fatuo della tv
il nulla m'investe
cosce glutei mentecatti
poi
due braccia nere come rami
rampicano verso me
occhi grandi come il vuoto
manine che sembrano carezzare la mia
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Nella mastodontica bulimia intellettiva di Marquez mi ritrovo...
son candido
di un tenue feretro vestito
affabulatore (s) cadente
dal bifidus stra e fottente
m'inebrio del mio io
così inerme
da rendermene conto
così verme
da
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Su quella collina marcisco anch'io...
son anima vecchia ormai
ma rammento tutto
il centurione mi guardava sempre
seguiva i miei momenti assurdi
pareva addentarmi
gli altri giocavano a dadi
ridevano
sbrigati a morire urlavano
e tu
TU
figlio
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Abitarti
abituarti ai miei mancamenti
suggestionarti con le mie lusinghe da trivio
assecondarti nelle ore tue amare
in quelle zuccherose
nei meriggi appartati dal dolore
nelle sereuforiche di noi
in quei momenti quando vieni
vederti diventar fuoco
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Svegliandomi nell'area plumbea del peccato
arrostisco le mie pene
<una per ogni volto scordato<
sull'orlo scarlatto del rammento
dell'amore distinguo la leggerezza
il suo ostinato incontrarmi
illumino viali spenti
accatastarsi lungo il
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Il penultimo libro sorride sul mio letto
-l'ultimo non lo leggerò mai-
i Sigur volteggiano l'anima
brandelli di me,
assai copiose le idee inutili,
silurano i bagni dei miei bagni
ho unghie più corte
peccati più lunghi
troppo
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393 poesie trovate. In questa pagina dal n° 31 al n° 60.
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