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omissam
Le 393 poesie di omissam
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RASKO'LNIKOV RIPETE' LA SUA DEPOSIZIONE...
il libero arbitrio,
coltello ambivalente,
stigmatizza le mie stimmate da parolaio.
Il minimo confine,
ondivago fluttuante,
tra il giusto fine e il delirio del possesso
porcellizza le aspirazioni da
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Aspettami,
tornero' al tramonto.
Pascale,
sette fratelli belli,
vola con gambette d'origano
occhi vispi,
luci sorgenti,
boccassassina, lieve come rumore...
corre sempre Pascale
insegue cirri malandrini
lune perrenni
cieli di zinco.
E' il
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con occhi cerchiati ma lo faccio...
fuoriuscito, tra i solchi del tempo ma lo faccio...
ricordo, ricordo
ricordo quelle sere
c'erano le lucciole ancora...
rivedo quelle sere sul balcone
in bocca a tramonti che
solo sta città sa dare,
mio
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Le unghie,
lucide snellenti,
appaiano incantate.
La compostezza diafana
irradia la stanza di lucciole candide,
cristalline svolazzanti.
Il volto ancora acceso
dal pallore esangue del trapasso
sembra chiedersi che ora è...
gli
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Figlio, figlio mio.
Unico!
Mio bene assoluto,
arcobaleno d'organza,
figlio dei miei travagli
baluardo delle mie insicurezze...
sei un miracolo
il figlio che voglio
un padre, un figlio
un equilibrio precario ci unisce
il tuo volto sul mio
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In questo mattino di luce moscia
fatico a vedere la mia ombra.
Il mondo, triste fin da giovedì,
fà da contorno al mio andamento sparso.
Provo ad aggiustar le cose
con facce da birbante
piedi da cosacco
ma il pallore dello
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In quest'attimo di popcorn e ciliege
incrocio te
arcipelago dei sogni miei.
T'immagino oleosa e solfurea
piangente suadente
colma di pesci scarlatti
attorniata da elfi gioiosi
alianti ridenti
patate al forno.
Ti vedo correre
su miriadi di
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Parla, parla con lei.
Falla sentire unica, imprescindibile.
Prendi le sue guance fra le mani
e scruta i suoi occhi.
Pizzica il suo naso con grazia da bimbi,
fa delle sue labbra
le pagine del tuo libro più bello.
Parla, parla con
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Quando sarò andato via
la notte s'approprierà del giorno,
come sempre.
La gente camminerà lo stesso
i bimbi continueranno a piangere.
Quando andrò via
sarà un giorno qualunque,
una scritta a stampatello
su un
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Certo, il salto da lassù
deve esser stato arduo.
Neanche mi hai avvertito...
Avrei potuto mettere una camicia più bianca,
candida.
Anche se i segnali c'eran stati,
come quella volta,
era un martedì ascensionale mi pare,
che
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Non so chi sono
Ho solo una faccia
Mille tentacoli
Niente miracoli
Mia madre mi ha detto
(era il tempo dei viventi)
che
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Non so più scrivere
pentagrammo frasi scoscese
uso versi impersonali
masturbo dittonghi
con alluce verso
son astruso
un po’ contuso
dal riverbero alquanto confuso
non ho buone nuvole
(cirri e nembi mi cornificano)
pioggerello col mento
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Un sussurro
lieve come ciglia di bimba
portami a casa...
ti guardo andare
ora per ora
su quel letto
che cinge le tue ali di burro
ogni posizione è scomoda
ogni cuscino inutile
mi guardi
usi parole mute
mi scruti
sembri pettinarmi il
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Sfatto ma non affranto
rumoreggio sul mio essere fallico
non ho molta scelta
epicureo mai sdomo
omogeneizzato al mio rene destro
-quello sinistro perito in una guerra mai svenuta-
immagino la tua naticartica
in pose siffridiane
ma me
solo me
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Rappreso nel sangue postumo del peccato
raggruppo
intruppo
sviluppo un respiro affannoso
(non oso guardare oltre me)
quasi rantolo
ma poi
con gli ultimi guizzi plumbei
sodomizzo il perpetuarsi del solito
come fosse imprevisto
quasi
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Non compriamo niente
funerei eppur morbidi
luccicosi oscuri
vediamo solo lombrichi obliqui
sentiamo venti e sassi
stagioni lente
erba che cresce
immobili marmi
unghie crescono
capelli non si fermano mai
vorremmo parlare
cantare
ma chi
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Cerca la poesia:
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Invia un messaggio privato a omissam.
Pensa solo di te
non ascoltare le solitudini
vestiti di te
riannoda i dolori
rendili inodori
pizzica le guance di speranza
friggi le intemperanze
scappa dalle consuetudini
abita le stanze buie del perdono
e fuggi
fuggi via
via dall'abitudine
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Mi vesto da me...
Libro nell'aire perso del mai
accudito dal mio presente assente
ho pochi piedi
due mani frullanti
moltiplicanti occhi ad angolo
cose da sguardare ne ho tante
una per ogni peccato rimpianto
nessuna pena mi tocca
solo l'infinita
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Dei mutamenti organici non mi pento...
nel caldo lenzuolo della carne tua m'arrovento
avvolto
stravolto
coinvolto nell'appartenersi
per un periodo infinitesimo
conto le tue forme alchemiche
di ogni nevo so il percorso
di tutte le vene conosco
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il futuro mi fotte...
ieri
-venerdì venerabile inabile-
mi son s- piegato sulle ginocchia glabre
avevo sentore dell'inudibile
ogni donna appariva femmina
ogni seno zampillava acredine salsedine
e dio
pardon ed io
somigliavo al santino che
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Musil s'avvinghia al mio verbo errante...
sono stato vecchio
decrepito al punto giusto
la gioventù
quel tempo strano in cui non orini mai
non fa parte delle belligeranze fertili
oscura la parte migliore
apre la porta alla speranza
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non finirò mai di lasciarti...
era tanto che non sorridevi
ora
così gelida e rafferma
dormi da bimba
le mani statiche ravvivate
del tuo seno
campo di frumento steso al sole
supplicavi
solo rotear dell'iride
tubicini al posto
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Non sono stantio...
eppure quattrocento colpi
-non son passi, ohimè-
son tosti da mantenere
ogni volta è arduo
riscrivere sentimenti propri
porta ad uno specchio convesso
son io
o quel che avrei potuto
dovuto essere?
Facile
oserei
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Le reni come bandiera stesa...
dimenandomi
non raccolgo quanto in- semino
il furore arcuante non basta
-la vastità del'oscura cavità è inebriante
Tu
con quel fare animalesco
sai di muschio antico
quasi un bignè
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Quante parole perse...
lacrime insane sgorgano
il tempo
-assurdo persecutore lui-
non vi ha scalfito
le note scorrono lente
lancinanti
la chitarra stappa brandelli di cuore
<quanti meriggi hai salvato David>
l'organo stende petali di rose
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Olezzano di genziana e noncuranza...
amati morti miei
così variopinti rissosi
dalle ascelle onnipresenti
dal trapasso imperfetto
dalle risa senza denti
-ogni morto ti lascia un po' di vita-
assisi in sepolcri plastificati
dirigono i miei
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Pavese mi guarda tristo...
nell'acrobazia dei dilemmi miei sguazzo
son uomo vetusto
-mi è arduo connetterlo-
dalle gonadi tristi piangenti
dai sorrisi per disgusto
algebricamente dislessico
con lievi sobbalzi epicurei
dalle idee
<la
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Il poeta è morto vivendo...
sulle guance porpora
-rese adatte dalla smania di deludere-
pullulano vaghi segni di viltà
il becchino
lui così compreso nel gettare terra
sputa e bestemmia lacrime inodori
la bara stantia come una
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Non son adatto al coito fraudolento
né incline all'ultimo bacio salivante
bidone inspiratutto
mi vesto d'occhiaie precoci
gomorra non dichiarata
sodomia non applicata
al gelido cliché del vorrei ma non voglio...
so di canfora
d'un
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Il gelato
così sottilmente infido e freddo
non mi aggrada più...
delle cosce tue
so ogni perla scoscesa
-rarefatto il tuo pube omertoso-
di quando in tanto legifero
commi dal triplo senso
arcuati
defilati lati
come se un portentoso
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393 poesie trovate. In questa pagina dal n° 1 al n° 30.
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