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Massimiliano Zaino
Le 1198 poesie di Massimiliano Zaino
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Passo il meriggio ne’ Sogni sconvolto.
Guardo la nebbia che viene e svanisce.
Siedo appoggiando le spalle a un
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Cala il nevischio allo svanir di nebbie. E
mi sovvien allor la sera; e m’è d’annunzio
del verno che la sua labbia a me volge.
Oh nevischio... nevischio mio candore!
Figlio conteso del verno e dell’Autunno,
illegittimo il tuo nome sacrato
alla
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Il cane abbaia nel van del focolare.
De’ passi sente, e sen va ad adirare.
Ma forse egli è il padron che eroico torna
dalla caccia; e gli porta un paio di corna
di cerva. Ma il padron sen va spirare.
L’ha colpito nel cuor il forte e
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Nebbie! sorgete, oh spettri di guerrieri!
Bocche di Villi da’ bardi baciate,
cristalli di vendemmiata pioviggine!
Dianzi a’ il buon mosto, intanto, da voi io lungi
giacio. E ripenso!... Oh rosei vapor
del Crepuscolo! sìmili alle guance
dell’Ebe
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In piena Notte e tra le nebbie è un uomo
cieco. Vedi la benda sopra i suoi occhi?...
Oh Federico! Atòmo
egli è. Fango di sciocchi!
Terra illusa che irride e ti schernisce
è il suo pallor che la pupilla offerse.
Ma più non lo ferisce
il buio dove
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Eterna sia la tua notte in cui dormi.
Perenne sia il riposo che ti culla.
Così il tuo cuore di
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San Martino ne avrai ancor da rimpiangere
questi dolenti mosti dell’Estate
ultima. E piangerà sempre il mio cuore
sul mantello di queste eterne nebbie.
E tu... tu! con il vino ora le culli,
tu... profondo Mistero di Novembre,
anticipo del Verno che
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Come singhiozza la Notte da tempo!
Brucia i miei Sogni, oh Luna; e rendi onore
alla mia pira!
Rendi onore al mio cenere silente
per gli eterni sogghigni dell’Autunno!...
Rendimi onore!
L’Inquieto, infatti, or sembra che stia a prendere
il
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Oh mie compagne foglie secche, come
mi viene dolce l’udir di voi che erme
e solitarie per il nuovo Autunno
precipitate! E io son qui che nel vespro
più che innocentemente vi tormento,
gli occhi premendovi; onde mi solleva
il cuor il vostro dolor
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La sera lagrima
da’ tetti. Vaga
cader di piova.
Così scintillano
le gocce. Allaga
questa mia alcova.
Cadon, tintinnano,
per le grondaie,
per le tettoie,
fanno pozzanghere,
per le risaie
senza più gioie.
Odo: che sembrano
trilli di
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Oh Trieste! oh melliflua, eterna fiamma
di vecchi ardori! oh riposo perenne
per gli ignoti guerrier! Tomba insepolta
consacrata a’ le lagrime de’ vedovi
cuori! Oh Trieste, città mia fatal!...
Quanti fiori si posano su’ tuoi
sassi di marmo ireneo e
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Eravamo la Notte senza Luna,
le èllere ignude in su’ i muri del Fato,
le flebili canzoni di compari
avvinati e giocosi. Eravàm Sogni.
Eravamo i cuscin cui si dormì
un sonno quasi eterno che alle prime
fiamme dell’alba riedeva. Eravàm
il bronzo che
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Lascia il riposo all’arpa de’ i Poeti!
Che dormano per essere sognata,
oh Gioia! Lascia che il vetro della bara
dalle piove protegga e dalla nebbia
le mani che hanno trillato cotanto
le tue canzoni! Lascia che al Ciel sia
libero di sognare chi dal
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Trema dal freddo la nebbia, e il mio cuore
pur esso s’addolora in ver la sera
che viene. Tutto è un tremore; e contemplo:
le vie che solitarie intorno stanno,
le ghiaie tra le tombe... il tetro muoversi
della piova frequente. Canta il
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Tra le nebbie procede lento. Lento
cammina. E va... e bestemmia; è Notte fonda.
Non è sibilo del gelido vento.
Non è la volpe che erra vagabonda.
Bave funeree gli scèndon dal mento,
e nell’onde di un stagno ora si affonda.
Non è lo stral del Sole
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La piova scende e freme. Grida... E tace.
Il suo guardo incantato non rivolge
al mio occhio infreddolito. Non è Gioia
di questo Temporale di novembre.
Non è acqua che rinvigorisce l’Anima.
La piova scende; ma qui non si appoggia
alle mie braccia.
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Guarda la quercia! Guarda la campagna
che le sta intorno!
Così irrequieta! Così solitaria!
Tu sai che pensa quel tronco inumano
fatto di legno.
Se l’abbattessero ora piangeresti...
lo so! so che sai leggere la Vita
in un ramo d’Autunno.
Il tuo
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Ho freddo; e tace. Tace il vespro inquieto,
le ombre del vento su’ i pioppi difformi.
Tace il proscritto Sogno. Tace il Sole
che crolla. Tace
l’eco perenne de’ i singhiozzi amari,
le orme della bipenne. Tace il labbro
di Ebe, che si protrae in
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Fuma il liquor de’ le inde doglianze di foglie d’Autunno,
donde ei si fonde, intorno, per queste bianchissime nebbie.
Fuma la tazza ardente del piccolo Té delizioso
che al palato mio de’ molli sapori distilla.
Fuma, e corre a pugnare l’amaro
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La sera or spande urla e ombre su’ i vecchi cipressi; e i lontani
mirti seccano, fiori de’ le orbe ghirlande de’ sacri
bardi. Oh, le tremule arpe! che fendono i nugoli, e il negro
sogghigno dell’àer! Oh, il cupo lamento del Druido!
Oh voi, sì
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Èrato! ambrata mia Èrato che da Ebe ti vuoi far servire...
tu, Musa, prediletta al canto degli ebbri Pöeti,
che da me vuoti il calice d’orrendo patìr di bei Sogni
e d’ogni sospiro seguito dall’ombre dell’Ade...
oh Èrato, che di sera di buio ne ricopri
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Il Tramonto è così che mi vien presto.
Scorre il meriggio come onde d’Ocèano,
precipitano le foglie dagli olmi,
Erin infonde mestizia a’ suoi bardi,
ai rapsodi sentir di doglia Apollo,
i tigli piangono i loro spirati
attimi, spiriti errabondi
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Oh come solitaria è la campagna!
Come dormono i campi appen mietuti!
Come il silenzio profondamente urla
nell’eco alterna di muti singhiozzi
da’ boschi, dal ruscello, e dall’Arbogna
di fuggevoli rondini e pettirossi!...
Fuggite, oh voi! declamo,
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Luna. La Notte.
La raganella gràcida.
La Gioia vive.
Silenzio.
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Melancònica e mesta mi par questa
sera; e il Tramonto co’ suoi lumicini
che da lungi, da’ i campi, ne sovvèngono
e da’ paesi, e questa vampa rosea
che conferma del giorno il bel defùngere,
e questi oscuri muri e i tanti boschi
al par di lei una
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Senti il silenzio d’un canto profano!
"Verrò di Notte... e verrò a declamare
a questa Luna, questi detti e queste
làudi!". E verrò nascosto e di lontano
nel cièl notturno d’agitato mare,
nel mattutìn ruggìr di più Tempeste.
Verrò a chièderti un
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Senti il silenzio d’un canto profano!
"Verrò di Notte... e verrò a declamare
a questa Luna, questi detti e queste
làudi!". E verrò nascosto e di lontano
nel cièl notturno d’agitato mare,
nel mattutìn ruggìr di due Tempeste.
Verrò a dolèrmi "No! non
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Autunno, mi darai forse un dì questo poco di Ebe
a dissetàr la noia?...
No! non sarà mai vino, o mosto, o Sogno
colui che riempie il nappo che trabocca.
No! non sarà l’ardore, il cuòr, la Gioia,
d’un bacio il sibilàr che lento schiocca...
non sarà
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Sono uno spettro che vaga nel vento.
Non v’è requie d’intorno, e non v’è pace,
siàm Sogni di un Destìn baldo, fugace,
e la Vita è un’illusa ombra di stento.
Sono uno spettro che vaga nel vento.
Il Sogno muore, tramonta; e non piace
a’ nostri
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L’inquietùdine vièn nel sonno e grida,
profonda, oscura, infame ombra di doglie,
e d’ogni pena càrdine funesto...
Così costei terribilmente e atroce
a tormentàrmi il riposo trascina
lenta le spire sue; e ferisce e latra,
e biàsima i miei Sogni
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1198 poesie trovate. In questa pagina dal n° 61 al n° 90.
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