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Massimiliano Zaino
Le 1198 poesie di Massimiliano Zaino
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Oh voi, sepolcri dei cavalier, ceri
di falbe fiamme e che alla cattedrale
ferocemente sospirate, oh fieri
sassi dei mausolei, oh aër spettrale,
che gemendo percuoti le Gargolle
e dei Demòni le lagnanze e l’ale,
voi, tombe dei
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Tra nevi bianche e indomiti ghiacci,
qui, dove si lamenta ai fonti un lupo,
e invocando gli Dei, io m’appresto a un’arpa,
e mesto io canto i sibilàr dei fiordi.
Timidamente a questa Notte e ai fiordi
canti inauditi or io concedo
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L’alba è l’addio del cavalier errante,
e al Sole che si sorge, e a una fanciulla
l’infelice lamenta un bacio estremo
che tra le brume dolcemente scorre.
La Notte fugge, e il desiderio scorre,
e come d’un morente un cupo, estremo
sospiro si
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L’ultimo bardo cantava la nenia
delle Valchirie nel cielo adirate,
e con l’arpa lagnava empio un Destino
di Morte e di Dolore e di Tramonto.
Irminsùl, in effetti, andò al Tramonto
dei cieli e delle terre; e fu il Destino
che
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Il duomo è tetro e lugubre,
le volte timide,
nel silenzio dei ceri
giace un lenzuolo,
splende un'orrenda immagine
di sangue e spasimi,
e i lumicini alteri
volgono al suolo.
La Chiesa è cupa e in tenebre,
mesto il
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Canto le tenebre,
veli piovani,
e l’aspre folgori,
grido di cani.
Le nuvole si fremono,
le piogge cadono,
e la Tempesta grida,
sospira e geme,
e mentre vien la grandine
che scende gelida,
il Temporàl disfida
l’ultima speme:
canto
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Cime di nevi or disciolte, ascoltate
questo canto nel giorno d’un Poëta,
valli montane e dolci e intemerate;
voi che mi siete l’agognata meta
e che a questo orizzonte vi splendete,
e di cui l’ombra si mostra irrequieta
e che le fresche
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Non so perché, nell'errar, cavaliere,
tu volgi il volto contristato e muto,
silenzioso pe'l bosco e pe'l perduto
colle, e svanisci all'ombra delle sere.
Non hai che un palafreno, e un fulvo manto,
la spada al fianco, una lancia alla
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Furioso un gemito
emana un uomo,
grida alle nuvole,
tremulo atòmo,
veste dell'Erebo,
Sterminatore,
tinto dell'Ecate,
l'Imperatore,
ed egli s'agita
stringe l'Impero,
strilla all'esercito,
tetro guerriero,
beffa le
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Nubi di lampi all’orizzonte oscuro,
e turbini e tempeste e piogge io sento,
donde il mio cuor si perde a questo vento,
e l’iride del cielo ansioso e impuro
che piove scorgo su un cadente muro,
e la Tempesta s’erge, e il patimento
dell’estiva e
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Il Cavalier si mascherò e alla sala
del vissuto danzar scrutava intorno,
e dopo il quieto e divertente giorno
d'un atrio d'oro ei s'ergeva a una scala.
Le fanciulle danzàvan, dolci seni
stretti tra due velami e qualche neo,
le
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Or che mai è oltre la Manica?
Forse gridano i fulmini,
forse i terribili,
flutti del disonore,
della vergogna
tetri ti seppelliscono,
Tamigi, o pallido
rivo di van rancore,
e la zampogna
alle campagne sibila,
canzoni belliche,
i
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Figlia mia, guardami,
e vien vicina
nel lungo viaggio,
e intorno osservale:
la fresca china,
e là, il villaggio,
e i nembi liberi,
la prateria,
e i nostri monti
che nivei splendono
di Poësia
per gli orizzonti.
Figlia mia,
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A un focolare un bivacco gemeva,
e tremule canzoni alzava al vento,
e l’orba sera in tenebròr splendeva,
e l’orizzonte urlava di tormento,
e una ronda la Notte n’attendeva,
e intorno andava con un passo lento,
e un nappo ergeva un
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Nel ciel notturno e lugubre
e a un monte intrepido,
tra i fatui spettri s’erge
tetra del Nulla
la chioma irremovibile
d’un scialbo Spirito
che nel vespro s’immerge,
una fanciulla.
Un fior scheletrico,
ai piè sta un gelso
cranio
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Quest’è l’istante, l’attimo
tubercolotico
dei tetri Sentimenti,
dei patimenti,
del Fato inesorabile,
l’ora in cui sangue il cuore
versa al terrore,
la malattia dell’Anima
che geme e s’agita
che non so dove china,
forse a una
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Invia un messaggio privato a Massimiliano Zaino.
Era bella, era giovane
e bionda e candida,
falba come la veste
rozza e discinta,
come le bianche nuvole
verso il crepuscolo,
ed era alle funeste
catene avvinta,
era una donna povera,
fu miserabile,
e andava trascinata
da empi
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Oh tu, Tempesta, tu, oh insoluta
furia del ciel che notturno si geme,
tu, che i miei sogni a rianimar ne vieni,
Temporale del sonno, il che sogghigni
nel mare oscuro della Luna bionda,
oh Norna antica, che il Fato proclami,
non hai di me
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Tu, che nel rimembrar affiori e che urli
al cuor mio che ti sogna, o tu che siedi
nel dolce sonno e che ti lagni al vespro,
o tu, montano crepuscolo antico,
perso nell’oro del Sole cadente,
dove deforme quest’astro si muore,
tu, che il monte e
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Oh tu, che pieghi al gelo, oh viver cupo,
e che nel piover trascorri l’Eterno,
e che copri di Morte il cielo, e ansando
le grandini proclami, e che nel senso
le spente foglie dei sogni m’ispiri,
tu, Mostro ombroso, cui occhi son inverni
che le
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A un tetro sguardo delle nubi oscure
che tra le frasche la Luna argentava,
presso un cupo castello s’inquietava
un’ombra che lagnò d’aspre sventure.
Una finestra rifletteva un fosco
lume, e il verone alle molli candele
si giaceva, e
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Ricordi le foreste dove in sogni
sempre il tuo nome chiamando alzai tra i nembi,
là, dove l'amarezza non raccogli
del fiele che gustavo? E il Tempo a stento
seppelliva il rimorso, e lì il rosolio
dei freschi ceppi m'inebriava, e
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Come nel vespro lentamente muore
all’orizzonte scialbo il giorno urlando,
affràlito mi crollo, e più in là al Sole
e al ciel intemerato, un mesto canto
gemo ansimante, nel soffrir ignoto
dei nembi e dolci e inquieti, i sogni
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Arduo è asserir d’un giovine
Poëta; l’epoca
strazia le giovinezze,
l’attese vaghe,
gli Ideäli morirono,
e a terra caddero,
onde non odon brezze
le giovin piaghe.
L’Amore è un incubo,
requie è un mistero,
i
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Muto i' n'ho 'l cor che qui s'ode 'n dolère,
e un seguitato sogno, e l'aër bieco
ansimando m'assalgon, donde avere
spene fia indarno; e 'n sul labbro 've i' preco
un singulto si tace, e al far di sere
truce ne muore
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Culla ‘l baglior d’un Temporale un fiore,
e ‘l petalo ne terge, e ‘l montanaro
vespro si pinge d’insano dolore.
Qui la pioggia si gronda, e ‘n suso ‘l raro
cardo la felce ne scioglie un lamento,
e ‘l valico s’estolle e oscuro e amaro.
Le arcane
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In sul venir della Notte e 'n su, a' Luna,
e in tra le frasche i' sentìa 'l Temporale.
Quasi in spasmo pell'etra e truce e bruna
fòlgor i' ne vedea dischiuder l'ale.
Al finestrèl i' mi posai; e la cruna
dell'orizzonte
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Freddo l’aprile gli estremi suoi giorni
alitando trascorre un tristo vento.
Ulula ‘l sasso degli antichi forni,
e ‘l sibilo s’infuria e passa lento.
Le foglie strappa alle betulle e agli orni,
e ‘l bosco ne costringe a un torneamento,
‘ve i
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Notturna nenia alla Luna gemea,
e a un ramo che la Notte ottenebrava
cupo cantando un fringuello ‘l tergea
di mestizia perenne, e s’inquietava.
Cantico forse ne fu di dolore,
e a’ nembi oscuri si estollea, e l’affranto
rostro lagnava fors’anche
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A te, o Reno, i’ ne canto un’elegia,
un Poëma mellifluo, Poësia
lieta di Vita, e la canzone assorda
i nembi; e questa corda
dell’arpa che i’ ne pizzico saltella,
e all’onda tua si giace, e all’acqua bella,
donde ‘l mio senso ne sogna i
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1198 poesie trovate. In questa pagina dal n° 511 al n° 540.
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