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Massimiliano Zaino
Le 1198 poesie di Massimiliano Zaino
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Così sempre la nebbia a me qui s’erge
con i suoi spettri or viventi or nel sonno,
e con il suo guardo; e da or, con i miei sensi
cupa s’alterca, onde gli occhi a me vela
sì che forse io non so se alba sia, o splenda
con le tenebre invitte altro
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Così perdutamente è l’alba. Nebbia
s’erge; e d’intorno il suo ghigno m’appare,
a rendermi più tristi il dì e novembre. E
io emigro al Sogno, la rondine al ciel.
Ma pur nel giorno dei morti or m’assale
la Vita con sue menzogne, e suoi impulsi,
e
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Per sette volte ei fu, il Cigno; cantava
su’ una riva del lago, ed era Notte,
si rivolgeva a’ i fiori,
e l’Autunno era vicino... era svelto.
Ma di che mai ei cantava?
La foresta d’intorno lo sa, e dice:
- Lo udii cantàr d’Amore -.
Ma, alfine, ei
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Oh eburnea nebbia! Sotterri tu, dunque,
il mio giorno, e la mia Notte, i miei Sogni,
e l’orizzonte eterno.
Dimmi allora: ove vago? dove fuggo?
se le ombre degli spettri sìan menzogna
e fantasia;
se qui io stia a camminàr in mezzo agli aliti
de’ i
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Vien così presto, all’alba, il primo freddo
che l’Autunno compone al mio miràr,
co’ il tremàr
di dense nebbie;
e mentr’io quasi cieco resto, e or che muto
va a tremolarmi il labbro, più che attonito
odo il cadèr di foglie
in tante
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Notte di tenebra
è, anche di spasimi
singulta languida,
lamenta. I palpiti,
i Sogni, gli incubi
qui si consumano;
e questi miei attimi
or mi impauriscono.
Di‘, Notte! Dimmi!
Dove son io?...
La Luna naviga
sulle tue nuvole,
lungo il tuo
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Può questi ésser l’ultimo mio Sole
che a ottobre a vendemmiare viene; e tace
appena dopo. Viole
rimaste senza pace!
Rosa d’Estate che geli nel prato,
vieni a contarmi i pallidi capelli!...
Càdon Sogni pe’ il Fato,
le foglie ai
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Quanto or m’è d’astio il silenzio che intorno
qui sovviènmi; e il tramonto che empie cure
mi scaglia!... Oh Notte! Muòr così il giorno,
il qual suo trono or cede a tue ombre oscure
che a lòr volta di nebbie vèston. Torno
io forse nel tuo ventre,
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Non più questa or verrà sera d’Estate
donde gli occhi miei vedranno ombre e brume;
e or le mietute spighe illagrimate
quelle nebbie sì a pàscer n’andràn che implume
sovr’esse il mio miràr volàr vuòl che Vate
si considera; e d’ansie e torve e
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Tu, o Autunno, così a me vieni, e sempre
osi riportarmi da ogni via
le ricadute foglie che dal ventre
del primo vento cadono; e languìa
pur da tanto l’Estate co’ sue tempre
selvagge, e il Sole suo, e dunque venìa
sì svelto ottobre e sua nebbia. Ma
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Bùttati! rapsodo
sotto le torbide
ombre di tenebre
di sera stolida,
cantòr di nenie
e di prëamboli
e di preludi
di Pöesia!
Bùttati! oh rapsodo!...
Su ripe ágili
all’imbrunire,
di sera a’ i pallidi
aliti, udire
l’onde mi sembrano,
sento che
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Su ripe ágili
all’imbrunire,
di sera a’ i pallidi
aliti, udire
l’onde mi sembrano,
sento che dicono
quasi che fremono,
le Ondine cantano:
"Bùttati, rapsodo!
nei nostri vortici,
immergi gli occhi
nei nostri abissi,
scruta l’essenza
del nostro
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Se dunque io morirò voglio: che al pianto
del mio rosario serotino venga
l’Apocalisse tutta declamata;
bramo che il funerale sia in Latino,
che nessuno ‘l comprenda come io fui
un incompreso;
voglio un cespo di rosse rose e gigli
sulla mia bruna
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M’è ancora mesto l’autunnàl Tramonto,
e i freddi sguardi d’un Sole pallente,
e l’alba che in ritardo or lenta viene,
e le pallide foglie che a cadèr
tramortite si stanno, e cieca Notte,
assente Luna, ora dei Sogni miei.
E vi perdei,
belle chimere!
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Le nebbie prime serotine esalano
gli Spiriti notturni.
Rivèrberano sui miei occhi nel buio,
e di melenconia m’empiono l’Anima.
Così respirano i campi! che spogli
di grano attendono il riposo ambito.
Ma io ho freddo, e lamento
l’Autunno che è venuto
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Le foglie cadono,
precìpitano e pàlpitano,
a terra muioiono
sotto i miei ócchi,
secche s’invecchiano,
al suol si confonodono,
e poi svaniscono,
come spariscono
i miei Sogni tremuli
negli attimi cèruli
dove risplendono
della Luna gli
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Leggi la biografia di questo autore!
Invia un messaggio privato a Massimiliano Zaino.
Ebe or mesce vendemmie di tramonto,
e sotto i miei occhi le sue vigne muoiono.
Vedo e racconto!
Un attimo soltanto
e il mio meriggio non avrà più vino,
solo l’inesorabile potér
d’un vecchio, empio Destino.
Hyperïone è morto; e tutto è
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Squilibrante delirio! Follia... o Sogno!
Oppure Nulla.
Luna bianca, Luna bella,
sei tu?...
Tra le vie e ràmore,
placidamente splendi e mi rischiari;
ma ora io vorrei rapirti, tôrti al ciel,
Èlena pallida e nuova e d’eteree guance
per parideïca
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Figliuolo di Erda, di Skuld, di Brunnhilde,
il lupo della steppa, Odoacre, avanza.
Acre è il fumo dei campi
bruciati dalle Norne. Con la lancia
Wotan osserva,
Wotan guerriero, artefice dei Wälsi,
Wotan che nel Vallhalla
l'oro di Roma
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Spettri irrequieti! Nebbie... larve, nient'altro siete,
fioche fiammelle di un'Anima che al suo trascorso pensa,
e che si perde in Sogni!... Voi, pensièr della Notte,
che tosto mi mandate a disseppellìr un gelido
meriggio di
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Scialba fuliggine
nella mattina
d'intorno scruto.
I giorni muoiono
d'Estate. China
il Sole muto.
Nel prato nascono
ancora i fiori?
Cosa nascondono
i grigi oìdi,
le tetre brume?
Forse gli Spiriti,
di morti nidi,
la prole
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Diossido eterno, e di cadmio è la Luna,
dove un lupo di ferro urla sventura;
e la Notte parrebbe più pece arsa,
o di camini ossa, polvere sparsa
che culla o scrigno di Sogni e Reconditi.
Non ti sembra, oh mio sguardo?...
D'epatite
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Ma a che la sera riporta il fruscìo
del Sole che tramonta e della Luna,
non senti? No! non son che Sogni, oh cuore!
ricordi e oblio, o sussurri della Notte,
o i rimorsi che salgono a rapìrmi
da' i mausolei della mia
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Se dopo un caldo meriggio la Luna
in sulla sera osservo vergognarsi
essa non sempre or convinta di scoprirsi,
e se la perla sua a me un'ansia cura
sussurra inquieta, oh quanta angoscia!
ché vièn la fine di agosto. È arrivata!
e
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Un dì la Luna io sentìa urlàr a cime,
e il suo era un canto di Valchirie e tuoni,
che a ripetere andava oscure rime:
"Ho- jo- jo! Il Temporale
presto si infuria e strugge!
Ho- jo- jo! È il mäestrale
che da Nord
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Tetra è la Notte, la Luna non splende,
ogni lume di stella in ciel si arrende;
e tetro... e tetro si aggira sui sassi
tristo e tremante di pietra e di vetro
un occhio cadaverico e spettrale
mentre minaccia i nembi un temporale.
Trascina in
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Santa Maria, passando a' le tue vie,
nella tua culla fatta di montagne,
sì! io in questo dì piovoso ho rivisto
il grigio spettro del meriggio- Inverno;
ma oggi era Estate. E il Sole non splendeva.
Santa Maria, trovai che a' i
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Da' i monti mi si sperdono le nebbie delle nuvole,
nembi falbi di perle, o neri di Temporale,
emigrano dal Nord di Thule o dal Sud, l'Africa,
come rondini in canto, e come le nostre Ánime.
Ma in queste brume estinte ógnùno di
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Pietre e onde e rocce e valichi, la Luna,
il Sole, e le ombre, e l'Eterno, e le valli...
non che Sogni di vetri quasi spettri,
specchi irrequieti e rotti contro il cuore
sono. Come la pioggia che si scivola
così presto svaniscono, e son
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All'ora della cena attento io ascolto
la pioggerella che cade e saltella...
saltella come un'ombra di Corèütide,
come un trillo di un'arpa.
Ma perché vièn sì presto il tuono a urlàr?
Perché incorrotta
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1198 poesie trovate. In questa pagina dal n° 181 al n° 210.
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