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Massimiliano Zaino
Le 1198 poesie di Massimiliano Zaino
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Ucciso dalla sublime ragione,
ch'oramai ove non dee, brama regnare,
privo di vita, privo di passione
così lontano tu resti a sognare,
oh caro sentimento sventurato.
Noi tutti ti credevamo immortale,
e a te ci abbandonavam sì
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Annunziò mezzanotte la campana
d'una sperduta chiesa maledetta.
Brillò una terribile luce insana
dalla lunar face oramai negletta.
Furente soffiava l'orrido vento,
ch'inchinar facea l'innocenti fronde.
Terrificante e pieno di
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Pe'i verdeggianti campi di maggese,
da opposte schiere protese all'arcano,
in onore del loro istesso paese
marciavano gloriosamente piano
i militi de'britannici duci,
che da quando il fato ne gettò il seme,
istanti forrieri di quiete
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Nell'immensità del tuo nome santo
si perde, oh Santa Giovanna,
il recordo ch'io rivolgo al tuo vanto
e alla tua ingiusta condanna,
poiché troppo sublime fosti in terra
allorché, sul fior dell'età,
brandisti gli acciari
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Ben due rose ti regalai
ne' sereni dì passati.
Ben due regali ti donai
ne' fastosi dì volati.
Ma la rossa e regal rosa
sta ancora nel mio giardino
a sperare la mia sposa...
a piangere il mio destino.
Ammiro i suoi stami
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Sogno il tuo duro Odio cangiarsi in Amor,
e la tua crudeltà divenir grazia.
Sogno la dolce fine del mio dolor,
e la mia vita farsi gaudia e sazia.
Sogno il tuo core piegarsi conquiso
ai miei pudici desii, ai miei tristi lai,
alle spemi del
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Sognavo il tuo core aprirsi alla pietà.
Sognavo il tuo labbro che sussurrava,
non senza ebbrezza, non senza voluttà,
quanto mi voleva, quanto m'amava.
Sognavo il tuo volto riflesso nel mio,
e il mio ciglio specchiato nel tuo viso
che
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Bel Sole tra un mar di Stelle,
dolce Face incandescente
dalle Fiamme calde e belle...
dallo Stral sfosforescente,
al fine riedi a brillare
nel cielo di quest'estate
ch'è già presta a tramontare
nell'ore sì detestate
delle
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Sotto il Ciglio furente e turbinoso
dell'Onnipossente e Giusto Signore,
Salomè mòvea il ballo lussurioso
immemore di virtù e di pudore.
Erode mirava. Sathana ridea.
Sònavan le sette folli carole
ch'ai ciechi musici
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Veggo dell'Oceano l'onde impetuose
che mosse dalla tramontana
colpiscono le scogliere mostruose
d'una landa perduta e arcana.
Miro della notte le triste fosche
che lontane dall'alba luna
abbracciano queste terre rie, losche
e gioche di mala
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Or che sai quanto amore per te sento,
or che conosci i segreti del mio cor,
non cader nella paura e nel tormento
se tu dovessi dar ad altrui l'Amor,
siccome la gelosia e la vendetta
non son demoni che mi fan conquiso.
A me fan screzio sol sorte
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Passeggiavam sotto il baglior immenso
che dal bel viso irrorava la Luna.
Il cielo di nembi non parea denso
tanto che a mill'astri porgea la cuna.
Respiravamo una dolce auretta
lievemente fredda, sì, ma graziosa.
Al sol recordo il cor anco mi
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Oh aztechi guerrieri! Oh valorosi!
Rispondiamo uniti al guerresco appello
del fier prence e de'Numi portentosi
che strugger desian l'Invasor rubello,
e vendicar l'onta del Tradimento
che tanto il nostro bel retaggio piegò.
Su coraggio!
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Ecco!... La tenebrosa notte viene
a coprir d'un nero e lugubre manto
quest'orbe immenso che da tempo sviene
all'ombra di color ch'odiar cotanto
e maledir repente ardirono
la voluttuosa possa dell'Amore
allorquando iscoppiar in sé
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Sulla dolente scogliera
d'una landa giapponese
una tempesta sì altera
repente si fè palese.
Un dolce fior di ciliegio,
funestato dal rio vento,
cadde sul terreno regio
d'un regno pien di spavento;
e trascinato dal
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Nell'orride, cupe e sperdute ruine,
in un ermo arso dal còcente sole,
oh Assiria, landa di re e di regine
de'solazzi protesa alla ria mole,
ov'è quella tua sublime possanza
che un tempo ti fè imperiale sembianza?
Ov'è
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Invia un messaggio privato a Massimiliano Zaino.
Un dolce trillo di violino
s'espande pell'aura fiammante
d'un caldo festeggiar divino
sempre felice e giubilante.
A siffatto sonato invito
risponde il legger violoncello
che, con sono portente e ardito,
intona un Carme gaudio e bello.
Par che
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Non derider, oh plebaglia infame,
la cruda Sorte che già mi ferì.
Non ischernir, oh volgo di dame,
il Sol che sopra il mio core perì.
Ahi lasso!... Deridete, ischernite
e me additate quando con far cieco
ad un uom... ad un
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Oh Cielo!... Rivedrò ancora
la fanciulletta ritrosa
che già m'agitò ogn'ora
senza pietà, senza posa.
La rivedrò nel tacere
del duol in cui ella mi gettò,
e nel gemente volere
in cui il core mio si
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Beviam, trisi sventurati,
le tranquille acque dell'oblio
che scorron di balza in balza;
e se'l vuole il possente Iddio,
scordiam le pene e i palpiti
de' nostri miseri errori,
delle nostre debolezze,
de' nostri disleali amori
che tanto ci fecer
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V'era un tempo nel portentoso Catai
un giovine e sapiente imperatore
che per levare dal suo popolo i lai
repente si fece riformatore.
Era ei incurante de'ministri infami
e de'baldanzosi e rei cavalieri
che, sìccome terrificanti
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Oh misero e sventurato sovrano!...
Tra lo stuol lieto delle mascherette
spirasti leso dall'amica mano
che senza indugio
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Rammento ancora quanta tenerezza
si dischiuse ai miei dolci sentimenti,
allorché un dì ricolmo d'amarezza
mirai i tuoi occhi funestati e gementi.
Recordo ancora quanto dolce ardore
mi volle invadere il core e la
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Come tono in mezzo al vento,
come folgore in mezzo al ciel,
mi lasciasti nel tormento,
mi gettasti nell'aspro fiel.
No! Sicura mi dicesti.
No! Mi facesti capire.
Ahi! Quai recordi funesti!
Mi par pure di morire.
Come cannon già
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Nell'impossibilità straziante
di possedere lei che amo tanto,
sta la lontananza orribilante
tra me e l'amoroso incanto.
E questo pensier terrificante
porta il mio core a giacere infranto...
a giacere mesto e lagrimante,
senza più
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Un giovine sovrano così avido,
che un tempo diè offesa ai Divi marini,
un'Ondina uccidendo impavido
per porre mano ai ricchi ori divini,
quel meriggio sulle sponde del Reno
camminava sperando altre ricchezze,
quando dall'acque fredde
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Nel delizioso e felice giardino
d'una maravigliosa e gaudia villa
una rosa dallo stame divino
fulva e dolce dinnanzi a me favilla.
Nel tenebroso e soffice mantello
d'un notturno e placido ciel silente
una pia stella dal corpo sì
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V'era tempo addietro un cigno dolente
che vivea sull'acque d'un picciol lago.
Il suo ciglio stava sempre gemente
e perduto nel profondo del vago.
Sognava la compagnia e il dolce Amore;
e tanto voleva e bramava amare
che trascorrea le solitarie
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1198 poesie trovate. In questa pagina dal n° 1171 al n° 1198.
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