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Massimiliano Zaino
Le 1198 poesie di Massimiliano Zaino
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Sòna a morte la campana
del funereo cimitero.
Piange la vedova insana
dal mesto vestito nero.
Echeggia tristo e lugubre
il sonare maledetto
d'una ria marcia funebre
dal crudel timbro negletto.
Rullano mesti i tamburi,
urla arcigna la
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Tanto, ahi lasso, educato fui e ammaestrato
semmai al fresco vento primaverile,
e tanto il mio spiro si fè allietato
nel cor d'un mite aër del fresco aprile
ch'ora sento di dover detestare
l'opprimente volto del Sol raggiante
che
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Geroglifico grazioso e divino
iscritto sur d'un nobile papiro,
bell'arabesco santo e sopraffino
d'un portentoso saraceno emiro.
Marmo bianco di classica scultura
che la stridente parvenza palesa
d'una Venere che tra la
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Tacea la notte
ch'assai vorace
le patrìe motte
pur opprimeva,
e senza pace
l'aër fendeva
co'i spiri spettral
dell'aspre suo ore.
Perìa nel cielo
il candido stral
del lunar core
che, tra aspro gelo
e fonda
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Nel livido manto maledetto
dell'opprimente dovere
potessi almeno volgere'l guardo
alla mesta ombra vivente
che crudele abbandono per sempre
ne' muti segreti angusti
del mio augusto core d'amante
e che, ahimè, giammai
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Era alta la Luna in cielo;
e splendea tra l'altre stelle
che fini qual dolce velo
a noi volgean favelle...
calde scintille d'Amore,
fiamme gelide di pianto
nunzie d'un crudo dolore
e d'un terribile schianto,
ché mentre l'oscure
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Veggo il Sole iscoppiare tempestoso
nel cor d'un Universo morituro
che l'inesorabil Fato impietoso
pur percòte assassino del futuro.
Sento così consumar l'orbe intiero
nel furor d'una corona di foco
che in un impeto
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Leggiadre figlie di Wotan tònante
ch'al Cielo adducete l'alme degli Eroi,
pie Creature di Brunnhilde baldante
che dal ciglio irrorate gli strali suoi,
quanta e qual sì fine beltà guerresca
discende dai vostri feroci stuoli
che
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Quant'è portente e sublime il Pensiero
che, làddove lo Spirto primordiale
supera gli Astri e l'Universo intiero,
trascende e immane col suo vago strale
sicché il suo soffio etesio e immacolato
Terra, e Acqua, e Aer e Foco possa
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Làddove sgorgono copiose e amare
le stille lagrimanti d'un mesto cor,
sen gìa avvolta da manto oscuro e truce
l'ombra pallente che va rimembrando
la perduta Speme che in te riposi
allorquando al tuo seno pur cordiale
implorai
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Oh tu che se' tra gli astri, oh bella Luna,
de' notturni erranti i passi a ducare,
accogli e avvera sìccome una runa
le verba che ti desio pronunziare...
pronunziar mentre a Te il volto rivolgo
dalle lagrime solcato repente
ché
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Rossa rosa infocata sotto il Sole
che qui vai menando in gentil Amore,
librami... schiudimi l'ameno core
sicché quegli vada ove desia e vòle.
Viola amena, graziosa e pur aulente
che vai profligando gli aspri miei duoli,
palesati
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L'ore fuggono incalzate dal soffrir
d'un core che troppi momenti visse
all'ombra dello spirto che l'affisse
a quel diniego che sa solo ferir,
allorquando esso va allontanando aspro
i sinceri desii d'un Amor vero
che fino a svanire si fia
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Se potessi ballar teco il minuetto,
fanciulla ridente e danzante,
m'innabisserei in un'orbe di diletto
sempre ameno, sempre brillante.
Se tal Speme dal sognar fosse tolta
e messa nella mera realtà,
ci unirebbe un salto, una
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Quando di maligne alme il furo verrà
nella silente e quieta mezzanotte
senza risparmiar rie segrete e grotte,
una Croce di foco al Cielo sarà.
Quando ritornerà il divino Figlio
tra uno stuolo d'alti Angioli guerrieri,
il giusto
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Vò vagando solingo e sconsolato
pell'erme e silenti contrade
che, sotto il Sol còcente del mezzo dì,
mi palesan graziosamente
della Natura i bei volti rinati,
l'allegre tinte, i profumi e le beltà
che dolcemente
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Invia un messaggio privato a Massimiliano Zaino.
Nemmanco l'animo tuo puote,
Poesia maestra di gioia e vita,
l'estatiche e impavide note
cantar d'una ragion sopita
che sentimento alcuno vieta
al core, fucina d'affanni,
di lui ch'è miserevol poeta
bersaglio d'insulti, di danni.
Non
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Senza temer vergogna,
senza paventar rossor,
all'orbe fò rampogna
nell'impeto del furor;
e vò affermando arcigno
che quello ch'è novello
un dì ardirà nell'igno
dell'Inferno rubello.
Odio!... Sì, odio
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A Te s'alza del peccator la prece,
Padre dell'Universo e della Vita,
sicché possa l'uomo che colpe fece
trovar nel tuo Spirto un conforto, un'aita
e'l desiato perdono mondatore
de' mortali, terreni e tristi errori
che tanto vessano il
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Ciel!... Volgo'l guardo a queste indegne mani;
e, nonostante più volte mondate
nell'acque che placide e deliziose
vanno recordando il Siloe e il Giordano,
le veggo empiamente tinte di sangue,
e insozzate d'una maligna linfa
che urlando va
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Allorché pronunziato fu- " Sia l'Amor "-
dal sapiente rege del bel Whallhallha,
contra l'acque del nordico Oceano
d'un'arcana procella si scatenò
l'impeto invincibile e insaziabile
che ogni onda sconvolse senza
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Nell'impeto d'un sogno etesio e arcano
la miro forse sorridere beata
dianzi al ciglio mio dipinto di Speme...
dianzi al mio protratto pregar invano;
e l'odo schiudere il core ai miei desii
che da tempo l'invocano cotanto
nella dolce attesa d'un
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Vien la vespra. Tramonta il fulvo Sole.
Ovunque precipita già il silenzio
che l'orizzonte immerge nel suo manto
d'infausta ed inquietante tranquillità.
Perché mirar potessi il crepuscolo,
dischiudo leggermente la finestra
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Tra uno stuol spesso di preti briganti,
tra una legion di mercenari pazzi,
cavalcava con pomposità e vanti
il buon vescovo dedito ai sollazzi;
e andava palesendo il muso duro
verso la contea di tai disgraziati
che il parroco avean
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Sull'ignudo ponte della ria nave
che condurla dovea in Cornovaglia,
giacea affranta la temerata Isotta
che già andava pella mente pensando
l'aspre sciagure d'un Amore imposto
e le sventure dell'istranier lido.
Abbassando il ciglio
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Potessero gli stami dolci e aulenti
del cor tuo colmo di soave nettare
i miei preghi sommessi e i miei desiri
per sempre accogliere senza alcun dubbio,
e senza soccombere all'aspro onere
d'un indugio che a entrambi sarà fatal,
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Tacque, allorché loquar dovea,
l'infelice labbro inquieto
del miserabile poeta
cui or tende già la violenza
di non saper dar cagione
né a sé che'l chiede, né ad altri
tanto fu arcana l'azione
che senza senso
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Impazza la calda sabbia
del solingo ermo antico
al furioso soffio etesio
dell'arido e truce vento.
Vola dovunque l'arena
che pavida mòve sempre
il timorato e inquieto sè
nelle spire sì impavide
del facondo aer
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Non cantar, solingo cigno,
gli amorosi affanni del cor
e le truci sofferenze
che tanto forier di spasmi
ogni dì fur del viver tuo;
e non dischiuder la mente
all'inebriante e salutar
voce dell'arcana Musa,
sì, di lei che fino a oggi
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Nell'orizzonte indefinito,
nella vaga lontananza
sperdesi il sentimento d'un cor
che in languida rimembranza
i momenti suoi brama menar
giacché troppo lo commòve
l'immago di lei che seppe amar
al di là de' crudi duoli
e
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1198 poesie trovate. In questa pagina dal n° 1111 al n° 1140.
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