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sulle rive del blu Danubio
che sinfonia
il velo d'acqua albana
dove il vento guizza
sulle memorie in rovina
e i pesci gettano l'ancora
alle note trascinanti
un assolo
di fiume in speranza
ben ricordo le gole dei ponti
archi assetati dei leggi
nelle selve di frasi
di periferie inascoltate
senza natura per quieta campagna
dove i sordi son la prostituzione
del silenzio già sentito
prende forma la tela mai dipinta
al disegno dei diversi
amori tesi
nessun latrato dalle inferriate facciali
nessun indizio su chi le sue labbra sorvegliò
asfaltasti il corridoio del tuo castigo
prima che l'alba consumasse il catrame della notte
un vento d'ira felpato ha scolpito
quel valzer suo leggi
adora l'ignoranza
come il non saper di te stesso
che sia l'altolocata perfezione
mai urtante al presentarla
giudica d'arguta sartoria
taglia e cuci il significante
adora la cattiveria
come il non curarti di te stesso
che sia ossessione di leggi
tranne per quell'uomo
che s'inerpica nel cinismo
oggi mi sento iridescente
muta l'armonia del Tamigi
se l'attraverso con lui
tallone incarnato di spine
la sua mano di loto non grida
è una lancia rotta scagliata
sull'elmo di antiche leggi
sai
ti vedo d'ortica tacere
donna il veleno grugnisce il vissuto
vicino ad Orione puoi leggere il Ciandala
ma Dio che orbita sulla cabala delle origini
non può toglierti il silenzio che mescola i sensi
una strana fede lesa alletta
come ispirazione al Borgia d'obiezione
decade al fine di una morte inquisita
se viver è pensar d'opera rinascimentale
il vulnerabile è lussuria da rigattiere
insediamento d'ingegno nuragico
e Dei primordiali sulle pietre focaie
desiderio d'esistere sui tratti rudi
della foce dominante a esimer l'invasore
nell'isola ignara di essere tale
rotta fenicia al cammino d'oriente
rifinitura geografica leggi
la notte nero flesso d'Ercole
è la cauta luce al faro di La Coruña
che volge il suo sguardo all'ignoto
col suo portone di sale invecchiato
arroganza di maree
è il prisma delle bombe a Kabul
che sgranano il sonno dal guscio leggi
salvate il bambino sul ramo
che io non v'arrivo alla flora adolescente
non dormite d'inedia oh quattro passanti
o fragili saranno le sue ossa invernali
se l'intraciglio del suolo d'agonia lo vorrà
punge la notte madreselva
in quel dì persiana d'altrove
risuona borea di morti taciuti
illustri occhi color zafferano
inchiodati a zucche vuoti scarlatti
terra di granoturco riluce di neon
di passeggiate su strade fattucchiere
al rintocco leggi
signore del nulla
sulla vertigine dei ciechi
ho visto uomini unti di preghiere
pescar per fogne e rive di cemento
ho visto donne ferite d'arsenico
ritagliar croci su prole da lebbra sgravata
signore del nulla
ci dividiam il pane dei maliardi a leggi
mimì
ordita trama in cavigliera d'affanno
così epico il noumeno senso suo carnale
che lei indossa come frusta veste d'impaccio
perché esoso avverte il peso della perfezione
chi ti ha ucciso la notte dell'astro riposo?
chi leggi
s'aggira lascivo di baldanza
simil garbo d'usuraio in fanfara
eppur non riconosco nell'oggi
questo sorriso cucito a maiolica
nel suo volto straccio di ghirba
cadenza in favella ammainata e babelica
come apolide di un antico sapere
e lui leggi
diviene allor trito
apparir florido
scuotermi via l'amore
come polvere dal senno
litigar con gli occhi
perché tengano la piena
che impetuosa spargerebbe
il fragor mio tribolare
Dagli irti nudi piedi
si scarnano i passi in rinfusa
sui detriti delle strade schiantate
in quest'autunno che già impazza
lungo la rotta del navigar iemale
non v'è più l'estro
di correr tra le stoppie fischianti
di correr leggi
non è rimasta
che l'ombra tua fanciulla
sul fluire di speme silenzio
divertita da quel nero prepotente
e stridula s'avvicina
al mio essere reso in strame
dissetati ora
che i sorsi miei leoni
si trascinano lenti e malati
e non odono leggi