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♦ Violeta C | |
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Rosario Salvatore Di Modica
Le 158 poesie di Rosario Salvatore Di Modica
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Fiorivano le rose ed io morivo.
Stupito, non capivo:
quel fiore che paziente ho coltivato,
nutrendolo di amore e fuoco vivo
cresceva ed io languivo;
e mi scavavo un fosso nel tuo prato.
Qualcuno, forse un uomo, forse un dio,
di certo non fui
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Onnipotente! Sono onnipotente:
mai nulla sfuggirà al mio tentacolo;
non ho confini, limiti e abilmente
carpisco, rubo, espugno il propugnacolo.
O forse sono solo un deficiente,
non percepisco i bordi dell’ostacolo
stagliato all’orizzonte; e
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Con tutto il lor fragore, i megatoni
dell’arma distruttiva nucleare,
di fronte alla tempesta degli ormoni
si ottundono, si appannano; e affrontare
la donna mia mutatasi in bassaride,
(se mai qualcuno me l’avesse detto!)
richiede molto più che
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Sebbene sembri cosa assai banale
e paiano cavati dal cassetto,
fidatevi, lo scrivere un sonetto
richiede un tempo che é sesquipedale.
Mi chiedo perché insisto a farmi male
cercando il verso bello e ahimè perfetto
per quella idea che, semplice
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Lo studio matto e, a tratti, disperato
delle Scritture e dei paralipomeni
rivela nuovi aspetti del creato,
svelandone i mirabili fenomeni.
Se leggo da una parte che fu Adamo
la primigenia opera di Iddio,
e solo dopo suppliche, al richiamo
gli
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Costrettovi da fatti e circostanze,
obtorto collo, devo recitare;
risate, frizzi, lazzi, cori e danze!
Invece fossi solo, in riva al mare,
attento solamente al suo brusio,
null’altro in mente che le forme care
donate al tuo bel corpo dal
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Io, che di donne me ne faccio un baffo!
Asperrimo corsaro e bucaniere
ne ho avute, cittadine, anche boere,
amanti sia di Marte che di Saffo;
un bacio, una carezza, poi le arraffo
e cosa importa, belle oppur megere
finiscono stipate nel
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Se amare è possederti, io non ti amo.
Se lacrime sgorgassero, che sia,
ma lacrime di gioia, ché sei mia;
pure non fosse vero, noi fingiamo.
Non so cos’è l’amore, ma ti bramo
perché tu rendi vera la bugia,
sciolti nella più splendida alchimia
di
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Accoglimi, Morfeo, fra le tue braccia!
Un cerchio stringe forte la mia testa,
la bocca arsa, bacio la borraccia
che mi accompagna nella notte mesta.
E’ pallida, imperlata la mia faccia,
rispecchia bene l’anima, che è pesta;
e "mai l’avessi fatto"
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Deh, fossi falegname! Da quel legno
eretto innanzi a me quale colonna,
saprei cavar qualcosa, esserne degno;
invece in solitudine, la donna
che adoro sommamente mi figuro:
stupenda, dalle forme a me sì care;
ti penso e nella mente vieppiù duro
un
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In quell’inverno del sessantanove,
in mezzo a tuoni, fulmini e saette
tirava i primi fiati la bebè.
E la Natura stessa ne tremava
trovandosi di fatto resa schiava
da quel momento e comprendendo che
nascoste dietro forme sì perfette
celavansi
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O Musa, un tempo prodiga di doni,
di versi dispensati a piene mani,
perché mi ignori, quasi mi abbandoni
ad un presente orbo del domani?
Ricordi quando sussurravi piano
al mio orecchio sordo e indifferente,
rammenti il tuo guidare la mia
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Mi guardo e mi rimiro nello specchio:
perfetto, pure nella imperfezione!
I pregi pochi, ma di pecche un secchio;
via via le segno sul mio zibaldone.
Codardo, falso ed avido, cialtrone,
oh che persona infida! Sprovveduto,
con quelle uscite
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Bisbiglia lieve, appena un fil di voce,
un languido "buongiorno", la mia bella,
capace di cangiar tempesta e croce
al semplice ammiccare, in pioggerella;
né celo o taccio quanto ami osservarla,
eteree carni ed il capello bruno,
velata da lenzuola
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Se tutto passa e nulla resta immoto,
se tempo e spazio sono in movimento
e il sole brilla chiaro in lontananza,
perché più fosco ed atro del creosoto,
votato al mio più orrido tormento
a sigillar col piombo ogni speranza,
riprendo fra le
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È un canto? No, un lamento, anzi un richiamo;
verbigero e bofonchio assai sovente,
da solo e parimenti fra la gente:
pur se mi dànno noi non ci capiamo.
Se verbigrazia avessi a dire "ti amo"
(mirabili parole, eppur cruente),
in bocca,
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Cerca la poesia:
Invia un messaggio privato a Rosario Salvatore Di Modica.
Indirizzo personale di Rosario Salvatore Di Modica: rosariosalvatoredimodica.scrivere.info
Cercavo l’infinito e l’ho trovato
sfiorando le tue labbra e la tua pelle,
giocando con le turgide mammelle;
e in fiumi di piacer quasi annegato
il corpo trema, spasima, arcuato,
brillando della luce delle stelle
che quali mille lucciole o
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Socchiusi gli occhi, aspetto un’occasione
vivendo nell’attesa di un momento
che forse è stato; più non lo rammento.
Tu fuggi; resta il mare, una canzone,
e quell’odore caldo (un’alluvione
di lacrime sul collo nudo al vento
che bagnano di amaro
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All’ orizzonte scorre il tempo perso,
e sfuma lentamente e infine scema
nel cielo grigio che fu un tempo terso;
e nel mio cuore qualche corda trema,
mi accascio sul selciato, qui, riverso.
Ah non vi è cosa che io più non tema
che l’annaspare,
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Deciso ad esser buono; anzi cattivo,
facevo un passo avanti e due all’indietro;
tra ruzzoli e capriole non capivo
perché vedessi un mondo così tetro.
Lo so che mai nessuno ebbe risposta
all’inespressa e scomoda domanda;
il Fato ingannatore, a
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Un tavolo, del vino, una candela,
le dita che si cercano, intrecciate,
l’amore va tessendo la sua tela.
Divine le fattezze e delicate,
come si addice a un angelo e mi aggela
il profanare quelle forme amate
fosse anche col pensiero; chi si
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Preziosa come un petalo di rosa,
con quegli occhietti piccoli e lucenti,
scricciolo colmo di birbanteria;
se volli in vita mia giammai qualcosa
fu lo sfiorar le labbra tue frementi;
porgi la mano ed indica la via;
sei molto più di quanto ho
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Ho preso casa in fondo alla tua vita;
mi affaccio alla finestra: dá su un muro;
su questa strada senza via d’uscita
non scorgo né il passato né il futuro,
il come e il quando perdono ogni senso
quando sussurri piano il tuo "perché?"
Non c’è
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Da qualche tempo ho in mente un chiodo fisso;
un’ áncora gettata nel soqquadro
riempie il vuoto dentro un nero abisso.
Da questo chiodo penzolava un quadro
dipinto con ardore, poi rescisso;
i brani sparsi al vento, pur leggiadro,
nel corridoio
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Come il tifone nasce dalla brezza
e sbuffa e cresce e infine, trova freno;
questa passione inver non fu dammeno,
né per intensità, né per ampiezza.
Venne quel giorno e crebbe la certezza.
Credetti di potere fare a meno
di baci, di carezze, del
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Sorseggio l’aria ad ogni sordo spiro,
eppure non esclamo "io respiro!".
Le tue censure, accolte;
avrò forse sbagliato, delle volte;
ma certamente mai per un dispetto,
e chiamo a testimonio pure Iddio.
A me parsero poche, ed a te molte
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Perdoni, buona donna, ancora aperto?
Le spiego, nella mente ho un motivetto
che varia dal brusio fino al concerto;
e ne vorrei cavare un bel sonetto.
Sono un poeta piccolo e inesperto;
vedendo il tuo negozio mi son detto:
"la preziosa merce che
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Non ho pretese e sono assai frugale;
e mi accontento; bevo dalla vita
centellinando sorsi dal boccale,
seduto ad una tavola imbandita.
Mi basta poco per non viver male:
una mollica; basta sia squisita;
ché l’uomo non è più di un animale:
lo
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Mi vedi a spada tratta e lancia in resta
su di un cavallo bianco ben bardato,
lo scudo al braccio, un lucido elmo in testa;
e grazie al mio valore sconfinato,
soccorrerei pulzelle; e la più mesta,
e neanche a dirlo, tanto ormai é scontato,
é
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Un urlo silenzioso, disperato,
a squarciagola pur se sono muto
gridato a te che amo e che sei sorda;
e l’eco di quell’urlo, rimbalzato
su morbide pareti di velluto
dall’universo stesso già deborda,
poi fonde spazio e tempo in un boato;
e mi
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158 poesie trovate. In questa pagina dal n° 1 al n° 30.
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