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Salvo Learco Angrisani
Le 93 poesie di Salvo Learco Angrisani
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Non resta che un respiro insonne
quando affacciandomi
a un cielo stanco,
alla riva di un giorno qualunque,
mi ritorni nei vicoli della mente.
Avanti, indietro, passi incerti,
dispersi nei cortili dell’inquietudine,
mentre il tuo profumo
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Ho ricordi di sere
spese a fermare il pianto,
quando il grido
di un gabbiano
annunciava la tempesta.
Ho ricordi così forti
che spezzano gli argini
di mille e mille pensieri
persi nel rincorrersi
notte dopo notte,
quando a chiamarti,
nel
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Era forte l’emozione
in quel freddo
mattino di dicembre,
quando a guardare
quel treno alla stazione,
mi ferivano i tuoi baci
lasciati in sospeso
sopra binari di solitudine.
Era d’inverno,
dove le mani
dentro gomitoli di lana
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Respiri lenti,
quasi immobili,
sotto lenzuola di flanella
al riparo dalla furia del vento,
e dai fantasmi della notte
che tirano calci e pugni
alle sgangherate
sponde del letto
dove nella paura
sudo tutti i miei peccati.
Tasti di un
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Rovisto in quelle parole
diventate vaghe,
mettendo in subbuglio
i cassetti della ragione,
tra scampoli di incertezze
e vestiti di nostalgia,
dove i ricordi sbiaditi dal tempo
sono un tonfo nelle mie notti
insonni... e stanche.
E in quel tuo
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Come un’ombra,
sfrangiata e dispersa
dall’avanzare dei giorni,
piango come un eco lontano
sugli ombrosi scogli
della malinconia.
Come uno sproloquio,
nel cuore della notte,
mi sento un fiume di parole
forzate e non capite.
Cosa resta di
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Seduto, alla sponda
delle mie notti insonni,
torno a sentirmi
un relitto senza vita...
e nel delirio
ovattato dal silenzio
la pazzia prende forma
e sbrana il cuore.
Frugo, nel mio disordine,
inciampando in quei respiri
assonnati e
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Mi torni come un’ombra
in queste sere stonate
dove il parlare distratto
mi graffia la malinconia.
E ti scrivo, cercando
in quelle canzoni,
consumate dal rimpianto,
un nome ormai lontano.
Ed ancora ti cerco,
come un risveglio a
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Cerco, parole sparse,
cianfrusaglie di una
malinconia senza nome
dentro queste notti insonni
che soffocano il respiro.
E mi copro il cuore,
col freddo che ritorna
a gelarmi i ricordi
di una vita cucita,
scucita e rammendata...
Albe senza
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Mastico pane e sogni,
lì dove la notte copre il cuore
come una coperta di lana antica.
Seduto, al capezzale
di tutte le mie afflitte solitudini,
osservo le tremanti luci dei lampioni
che interrompono il silenzio,
e mi ciondolo fra le dita
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E mi torna
a scompigliare le ore
l’eco del tuo cantarmi i sogni
che dolcemente mi cullava.
Sarà la solitudine che avanza
a farmi sentire più freddo
dove la tua voce ormai lontana
non mi fa più da coperta
a quei sogni d’un
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Cammino leggero,
sopra pietre senza voce,
lì, dove la morte
ha un suono di petali
che cadono da un fiore.
Mi sono spento
in un gelido mattino
a un sole timido
di primo inverno,
e mi perdo, nel sentirmi
eco di voci stanche,
come un aquilone
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S’adombra il cielo
spegnendomi l’inquietudine
in questo vento
che mi spettina le parole.
Quanto ancora ho da dirti,
quante parole chiuse nei
cassetti di quei “forse”
che rosicchiano il cuore.
Malinconici i ricordi
si spaccano sulle
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Raccontami
dei baci della tua bocca
che ai tuoi sorrisi rubo.
Raccontami delle tue mani
che mi spogliano le paure,
dove un angelo fanciullo
rincorre nuvole di panna.
Sui declivi del cuore
mi scorri veloce
come emozione
che brucia
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Perdonami Padre
se non ho occhi che ridono,
se ho mani vuote
senza un dono degno
del nome che porti.
Altro non ho che un ceppo
consumato dagli anni,
che lento brucia
in questo silenzio
corroso dal freddo...
E mi commuovo al pianto
di
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Sa d’inverno l’aria
dentro queste notti insonni
dove il respiro affaticato dal freddo
sfiamma i pensieri.
Muto, come degno d’una preghiera
mi leggo dentro,
e mi siedo sugli scalini
delle mie incertezze
a ciondolarmi tra le dita
la polveriera
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Ti scrivo,
con occhi pronti al pianto,
inciampando in un
cratere di tristezze,
in quel sentirmi
come melodia alla deriva,
quando a cullarmi
è una solitudine che
mi commuove le parole.
Mi manchi,
quando di notte,
al suono del vento,
mi
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Ho smesso,
una sera di dicembre,
di aspettare invano il ritorno,
quando tra le pieghe dei giorni
ti sentivo essermi
scenario senza luci.
Ho smesso,
di continuare ad accendere
l’abat jour dei ricordi,
ed ho spento la voce
di quei ricordi
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Ti scrivo, mentre un silenzio lontano,
che mi respira dentro, annuncia l’inverno.
Il freddo opaca le ore,
e il vento non calma i pensieri,
quando a sporgermi a un davanzale triste,
anche un piccione mi canta la tristezza.
Caro Babbo
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Nel grigio imbastire
malinconie senza nome
piango dentro disattese attese,
quando è la neve a ricordarmi
del gelo che ancora sento fra le mani
nell’accarezzare volti perduti
in quelle fotografie senza più calore.
E mi commuovo l’anima
dentro
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93 poesie trovate. In questa pagina dal n° 41 al n° 60.
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