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Luciano Capaldo
Le 365 poesie di Luciano Capaldo
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Scivola, lacrima scivola
pesanti gocce su quelle gote
insaporendo labbra rosse
aperte come ospitale calice.
Sanguina, il cuore sanguina
stilla per ogni bimbo e il suo fagotto
che goffamente in spalla indossa,
pochi ricordi e affida la sua
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Trasversalmente
calda lunga lama
quel raggio di cuore
inaspettatamente
lacera l’anima sino a mente.
Evoca un tepore
da esagerato tempo
sopito, che
scalda e irradia
un cuor ormai
abbandonato.
La ragion proprio
m’induce a ravvisare
un
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Cancro!
Qual vile cacofonia,
come massa cresce
e devasta fino a divenire
Bestia.
Impari a leggere gli occhi
della gente dispiaciuta
che imbarazzo cela malamente
T’aggrappi intanto a quella
liscia lastra della vita
graffiando con le unghie
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Se sol s’avesse
pur minima idea
di quanto grande sia
devozione d’una donna
saremmo tutti... uomini
disarmati dal complimento
della stessa che tali
ci
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Ah, se vita mia fosse
un classico sonetto
un incalzar di giorni
a baciata rima
ed altri in intervallo per
poi essere logicamente uniti,
mentre invece un’apòcope
ogni dì, così... realtà troncate
i “soli” miei a venire.
Retoriche
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In un terso cielo
i miei pensieri
di quell’aereo
inseguono scia.
Serro allor mie fessure
e di vita
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Orizzonti, nessun confine
perenne viaggio in infinito
pensiero va.
Emostatico laccio
affligge quel braccio
ed una
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All’esistere è necessario dare un taglio,
vivere perciò adesso voglio!
Scippo allora azzurro al cielo
come aquila ghermisco del sole il giallo
ingordamente fagocito smeraldo verde
d’ alberi in primaverile stagione
catturo luccicante blu
di
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In quel ritrovo, fumoso
anacronistico bar
boccali opachi e grigi
vetro scadente e sordo
brindano
con schiumoso giallo
-all’effimero-
Gaudenti zombi
in una vita mai vissuta
persa rincorrendo
speranza illusoria
di ritrovar se stessi
o un’
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ormai a due panchine
simmetricamente opposte
l’una di fronte all’altra assomigliamo;
vuote – esse- a definire i margini
d’un viale di vita spoglio
morto di speranza
fosco d’incomprensibile nebbia
che d’umide gocce
ingobbisce i nostri dorsi
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Plana - secca e venosa
marrone di platano foglia
ardimentosa ma di vita spoglia
in verde e ricca siepe si riposa.
Portoghese in quel verde arbusto
scippa calore e protezione
per tutta l’ algida stagione
di campare ancor spera in
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Bianco quel tuo corpo
puro e casto ricordo
ormai empio sol del vuoto
di chi non ha però sognato.
Come angelo un sorriso
bello ed incerto
contornato dal bianco vaporoso
quasi sfacciato
di un pudore un po’ retrò.
Inquieta quel candore
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-...ormai d’integrità privo
vita m’ha denudato
ma ad essa io ancor sorrido
a zero ha ridotto anche
di sognare mia speme
ma ad essa io ancor sorrido
ali e radici io ero,
monca e tronca... l’anima già,
ma ad essa io ancor sorrido
voglio non
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Fulgenti profondi occhi tuoi
come estesi fertili campi
nutrono il mio mondo
e sconfinati appaiono.
Setosa chioma come regina
a mo’ di mantella indossata
dona regale portamento
e a me fierezza
mentre amabile sorriso
come dorate
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-...e off,
pulsante spegne la mia mente
occhi sgranati orbitano
orribilmente all’indietro
riproducono la mia strada;
tortuosa, irta,
pietre acuminate di pensieri
sterpi di illusioni da bruciare
gramigne d’amori assurdi
innevate e
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Un vento con immonda forza
spezza le ali di anime
sospese nel tempo e nella
speranza del sogno -
angeli in terra indifesi.
Nella loro fine ingiusta
acquistano sì tanta forza
vegliando su chi li ha amati
protetti e in vita
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Leggi la biografia di questo autore!
Invia un messaggio privato a Luciano Capaldo.
Anima ci allieta avvolgendola
come carta un cioccolatino,
la dolcezza... sana!
Assassina, per natura sua
ammazza la violenza
ma può ancor di più.
E’ rara sì tanto,
impossibile dimenticarla
più di quanto cancellare
difficile sia un dolore
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Quanto goccia di rugiada,
piccola infinitesimale,
eppur l’anima riempie
d’un dolore immenso
...il tuo nuovo andare via.
Ma essa stessa,
al ricomparire tuo,
svuota e ingrossa fino mare
ad ospitare
di gioia.
Un mantice d’amore.
In
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Basterebbe infatti che l’auto lasciassi...
aperta, incustodita intera notte
per schiavi non esserne più - giusta profilassi.
Stupore, al mattino, nel ritrovarla intatta,
lì, incontaminata, senza violenza alcuna,
nessuna effrazione nascostamente
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Un logoro, lercio vestito,
bruciato dal cattivo odore, liso
quel vecchio giovine corpo
racchiuso trattiene
-similmente-
quel cuore clochard imbrutito
consumato e prigioniero
in quel busto,
gabbia le sue costole,
si dimena, s’avvinghia
a quelle
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Come densa colla, viscosa
lento incede di miele fiume
festoso ancora natalizio
inonda strade e cuori
miscela in sé promesse
e d’animo bontà.
Mezze lune i visi della gente
anche l’offesa non serve a niente
ormai ogni cuore è
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Uno zerbino,
scarpe sporche di strade
nere dall’indifferenza
bagnate da curva ipocrisia,
le strofino;
un pulviscolo
risale in vorticosa danza,
poi si perde confondendosi
in quel poco d’aria pura
accecata da lieve
radiazione luminosa
filtrata da
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Quel sorriso regalato
d’amore per vita un pegno
troppo presto... riscattato.
Tempo non desti
per custodire l’impegno
generosa proprio tu non fosti.
Oh vita ingrata
che palesar ti piace
mesta o agghindata
falsa e beffarda
non accogliesti
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nella mia solitudine
beato, mi appartengo.
Indosso quel vestito grigio
m’assottiglia l’ombra,
s’allunga a definire quell’orizzonte
si scontra e poi m’accarezza
per divenire tutt’uno,
essere me stesso.
In solitudine son libero;
sto con tutto ciò
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In un lontano pensiero,
m’accorsi che l’uomo, essendo massa
in soluzione acida immersa per intero,
tutta sua energia era più elementare
indirizzarla per distruggere - lui ne è fiero!
Infatti a creare... l’uomo non è capace,
in quell’acidità
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Del suo contagio
dolcemente si assume
giusta dose ed in ripresa
-siam felici –
suo psichedelico colore
ammanta cuori
pompandoli ... sorrisi stampa,
benevolenza e accettazione,
perfino il nero diviene bianco,
ricco l’accattone o
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Finestra chiusa
sottile lama di luce
filtra ... malata,
muri sudati di
ricordi ed intenzioni.
Pulviscolo indeciso
accarezza pavimento
minuscole particelle
di me...
Infinitesimali atomi,
vorticosamente danzano
racchiudono sorrisi - pochi
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Un’ orchidea rosa,
petali di Cattleya,
profumatissimi,
sei tu.
Innescanti feromoni
innaffiano
bramosia e accecano
controlli nervosi.
Ammiro le tue grazie.
Battiti aumentano
e fantasie si lubrificano
mentre si ingrossano
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Sono mezzo cieco ormai,
sotterrato – vivo-!
Ad ossigenarmi aria rarefatta.
Fuori ho sbattuto
ogni diversità...umana
per compagnia
illustri vermi,
almeno essi recitare ...non sanno.
Cuore marrone
non ha ritmo normale.
Per rivedere
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T’ho beffato!
Inesorabilità tua arrivò tardi
mio caro Tristo Mietitore.
Una fragilità che passo
ha già ceduto
a morte surreale
e allor da quassù ...ti scruto!
Pena mi fai, nel tuo inutile vagare
cerchi di far tua un’anima – gentile -
e
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365 poesie trovate. In questa pagina dal n° 301 al n° 330.
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