Piccolo uomo,
di paglia imbottito,
chino, infelice,
di stracci vestito.
Un tempo sognavi,
d'esser sovrano,
di quei campi smeraldi,
che ti fuggon lontano.
E invece rimani,
nostalgico, assorto,
triste guardiano,
di un piccolo orto.
E col
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Saettano i lampi,
nel sordo fragore,
ruggisce il vascello,
dei mari terrore.
Ritto al timone,
il suo capitano,
fiero, mai domo,
con l'armi alla mano.
Gli anni perduti,
in mille battaglie,
mai coronato,
da inni e medaglie.
Ha il fuoco
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Mare dorato,
di spighe di grano,
che sul far dell'alba,
sbadiglian pian piano.
E s'inchinano liete,
al sol, sulla strada,
umida ancor,
di notturna rugiada.
Poi con il vento,
nel gran scintillare,
un valzer d'amore,
sembran danzare.
Ma
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Calma d'argento,
soffice e lieve,
scende danzando,
sognante, la neve.
Pigre le falde.
nell'aer sonnolento,
cullate da un soffio
di pallido vento.
Distratte, ridenti,
gareggiano liete,
d'incanto dipingon
la candida quiete.
Al fin poi
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La fiamma nel camino
s'adagia e poi traballa,
s'innalza colorata
come ala di farfalla.
Si sfama di radici,
di rami, di cortecce,
scoppietta di scintille,
vaganti come frecce.
E l'anima rapisce,
allo sguardo imbalsamato,
con pena
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E' arrivato finalmente,
il mio giorno di vacanza,
di dolori e dispiaceri,
d'ora in poi ne farò senza.
C'è un albergo a cinque stelle,
sito in cima alla collina,
dove il sole splende sempre,
dalla sera alla mattina.
Ci son
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Senza più luce,
il tiglio morì,
e poco
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Notte d’autunno, di luci contorte,
riflesse sul prisma di gocce gelate,
s’inseguon filtrando da sotto le porte,
e lasciano un buio di mani inzuppate.
E lasciano un vuoto di frasi e sorrisi,
di baveri alzati e cappelli grondanti,
di fumo e vapore
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Libertina, dolce e fresca,
d’invitante e folle aspetto,
d’albicocca, pera o pesca,
pane e burro come letto.
Vaghe e fulgide chimere,
lieve incanto zuccherino,
fragoline, prugne nere,
rara invidia al cucchiaino.
Chiara, scura, molle o
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Sono l'ultimo dei tanti,
il più esperto tra i perdenti,
son colui che adora il buio,
per andarci a fari spenti.
Son colui che più non punta,
perché al gioco ha sempre perso,
in classifica son primo,
se la guardi a senso
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Sulla strada dei ricordi,
c'è una casa tra i vigneti,
e di notte, in mezzo agli orti,
si rincorrono i segreti.
Ed io so chi c'è vissuto,
ed io so chi c'è tornato,
chi si aspetta tra un minuto,
di trovarmi
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Vera, bravissima a scuola,
che scrive di stelle in fondo al granaio,
Vera, felice, mai sola,
aiuto al lavoro del padre mugnaio.
Vera, già sogni di donna,
cinguetta leggera nei suoi sedici anni,
Vera che accorcia la gonna,
e poi strizza
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Gocciolan gli occhi del cielo,
senza far alcun rumore,
e rendono un po'
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Quando, col cuore incessante,
discendo distratto, tra i fiocchi di neve,
non odo mai voce parlante,
tra gli alberi muti, a un chiarore sì lieve.
Non vola un airone, o una foglia,
che solchi tagliente, quel cielo ingrigito,
non sale e non
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Adagiar m’è dolce e lieve tra i ginepri,
quando il sole di tramonto ammanta il cielo,
non s’ode altro che il rincorrersi di lepri,
e il rumor del tempo che rosicchia il cero.
Ma dai monti, miei, adorati e lungo i paschi,
scende greve la
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Strada grigia, impronta fresca,
in cui la pioggia si nasconde,
si fa goccia sulla pesca,
si fa pianto tra le fronde.
Io mi volto, sul sentiero,
ed
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Invia un messaggio privato a Davide Ghiorsi.
Il vento si è fatto più freddo,
già tacciono gli alberi intorno,
sui muri del vecchio paese,
s'adagia il bagliore del giorno.
Trasal dai confini del cielo,
la pallida nebbia d'inverno,
che spegne e scolora il silenzio,
e
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Il pruno che docile al dì settembrino,
s'adagia alla sera, sua, senza padroni,
e forse tra i sogni ricorda un bambino,
disteso ai suoi piedi, cogliendone i doni.
Il pruno che triste, or, mi guarda partire,
non sa quanta invidia ho per la
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Verdi, come il cuore del bosco silenzioso,
fragili giacigli di coccole avvolgenti,
qual più freschi dondoli, a cullare il mio riposo,
per me che sono bruco, che sono senza denti.
Allegre come il sole che gioca in mezzo al fieno,
baciate dalla
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Quattro salti feci un giorno
per uscir lesto di casa,
ma non feci più ritorno,
lasciai sola la mia sposa.
Presi in corsa il primo treno
che correva verso il ieri,
il mio viaggio fu sereno
non più asfalto sui sentieri.
Due binari
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Cadon le carte,
sul panno verde,
la luce del lume,
nel buio, si perde.
Gioca il mazziere,
che con l'asso di fiori,
fa suo il sette bello,
ed il cinque di cuori.
Con grande esperienza,
poi riesce a calare,
il re di denari,
per la scala
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Camminiamo nella notte,
tu di dietro ed io davanti
se ci tocca fare a botte
buon per lor essere in tanti.
Perché noi non li temiamo
perché non abbiam catene,
perché noi ci difendiamo
perché noi ci vogliam bene.
Nei
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E' buio nella valle,
è notte sulla vetta,
non s'ode alcun rumore,
che un canto di civetta.
Ma sale dolce un suono,
dai paesi abbandonati,
di note mai composte,
di accordi mai ascoltati.
Che danza con il buio,
s'adagia tra le
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Suoni, balli e risate di gioia,
nella festa che gonfia la sera,
e lascia ai lati brandelli di noia,
come ricci di buccia di mela.
Mi riporta negli anni lontani,
il fumo spesso che vien dai bracieri,
e si aggrappano al cuor come mani,
i ricordi,
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Tic di gialla a erzegovina,
girovia di verricello,
quattro sponde a rimbalzina,
e filotto sul castello.
Tac di bianca, secca e tesa,
con ritorno a traversino,
corta, lunga, e poi in difesa,
dietro l'ombra del pallino.
Tic di gialla e via
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Mio nonno soffiò alla candela,
e la notte d'inchiostro gli tinse la fronte,
poi si sporse a slegare la vela,
macchiando di scuro le luci sul ponte.
Ma quell'ombre si fecero dita,
per grattar sulla chiglia e fra i nodi del legno,
gomma, fu
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La mia penna s’en va per la carta,
e incurante la riempie di frasi,
si fa lettera sotto una porta,
e riman lì nascosta per mesi.
Finché un dì la raccoglie una mano,
e piangendo la legge d’un fiato,
gli occhi vanno in un luogo
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Rincorronsi l’acque vivaci,
che giocano liete fra pietre pensose,
e fuggon dall’occhi rapaci
di un uom che nel cuore ha sol spine di rose.
Rifluttuano allegre, poi sgorgano a tratti,
sghignazzan felici, ma si fan poi gelate,
quell’uom che di rose
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