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andrea ristori
Le 271 poesie di andrea ristori
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Con scenografiche cravatte
sguardi da minaccia
di cenere d'acciaio
con callido sorriso
di melliflua edulcorazione
e volti senza faccia
teatralità coatte nel centro dell'azione
ti leggono le rughe dentro il cuore
e i palpiti del viso
il
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Un'ombra carnale
s'agita in sofismi
aprioristica
getta fumo nero
sulla coscienza nominale
un'imbracatura di selvaggi sillogismi
sul senso del sé
di mutamenti ignari
caverna di un portale ignoto
viatico e subisso dell'immoto
e
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Detesto quel vuoto
demone ribelle
che si confonde
a rondini
e invisibili, immutabili stelle
un profumo di vento
nel silenzio astratto
di una larvata, ascosa primavera
un olezzo immoto
eone d'aria coatto
in ogni cosa
è
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Immobile nell'io
nel limite spaziale
della ricezione
circoscritto statico primato post moderno
o futuro eone intemporale
con occhi sullo sterno
inopinato ipostatico scimmione
di intellezione adulta
improvvido Masai
nella gabbia occulta
del
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Dai rami discinti
del verno
langue una quiete folle
spiovono voci di neve
e canti di mantra
cadono croci
venate di sangue
e risorge nel vento l'eterno
l'antico silenzio
dei passi spogli
tetragone gesta primeve.
E vivo sognante
quel
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Piove,
sepolcrale mattina,
un festivo pallore emana
da un'algida finestra,
quadro nero immobile,
incolore cortina di vetro liquefatto,
patinato sudario di brina
di fili d'acqua irragionevolmente aleatori
m'imprigiona livido e contratto
nel
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Come zombi in amore
cataste di cervelli
che rovesciano il silenzio
nel contrario di un valore,
il calco delle loro ombre
solca lo spazio con orrore
e deteriora il tempo,
assiomi di neuroni
e dogmi di nozioni asfittiche
come fastelli nelle loro
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Sono pura alienazione,
oggetto
di astratta soggettiva,
coatta rimozione
della vita attiva
e vago
extra senziente,
apolide del luogo
senza mente
costretto dal giogo
del circoscritto lago
della contenzione dipendente;
sono fuori e dentro
il
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Crudo
serafico
manto di luna
tra i quieti lignei riflessi
dell'orrore,
silente ristagno, aspra carezza
della memoria
l'algida mutezza antica
dell'eterno ritorno
del ricordo
che quel soffio di morte non spazza.
La neve di Auschwitz
sempre
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Sono morto
come quando in sogno
il passo non si compie
e i sensi, acquorei
ingannano;
sono morto
come quando in sogno
la voce, impersonale
è suono informe;
sono morto
come quando in sogno
il reale è ignota fantasia di segni
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Su questo mare
di vitreo metallo bianco
senza nessi,
piattume lattiginoso e livido,
stanco riverbero di luce vuota che emana
da spazi invisibili e sconnessi,
il fulgido brivido delle maree
di origine lontana,
navigo ibrido
andromeda
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Più a essa
s'approssima il mio passo
più diviene bassa
quasi dal mio incedere perverso
si ritraesse lassa
traendone spaventevole sconcerto
e ne rifuggisse andando incontro
a un atavico universo riscoperto;
una timida roccia
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La docente di italico linguaggio
mi dava cinque e mezzo
a italiano scritto,
se non scrivevo male,
perché frustrata dal basso profilo,
a suo appannaggio vieppiù professorale,
del suo deontologico lignaggio
e aveva il cuore umanista
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C'è un'onda di rabbia,
un nero digrignare di vento impetuoso
che scuote le ossa
e smembra la coscienza,
coattivo gesto inattivo
del mio animale interiore
che sbava sanguinolento,
morde l'aria
con sguardi ignei
scaricando orrifici
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Nei rami,
come nude nervose sinapsi,
che neri e crudi si aprono al cielo
colgo il rabbioso istinto della libertà,
una cattiveria indotta
da un moto invisibile di crescita
e di vita,
apparente inazione di sviluppo,
un lento ventaglio che si
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Rosseggia
all'occaso incipiente
convesso
il rame d'aureo incanto
su finestre spoglie
e nel mio sguardo albeggia
quell'inferno ossesso,
il riflesso di un inverno franto
da mute e minute
particole di eterno
e dal mio passo affranto.
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Stille venefiche
di vuoto,
palmenti abbandonati
le idee
che sfuggono oblique
a poetiche menzogne,
rugginosi sogni evanescenti,
accidenti insostanziali
pruriginosi
sono eventi al di sotto
della sovranità dell'essere;
la luce
della
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Un pezzo di me
mancante,
è un crotalo aggettante,
una ripida assenza
o stazione di presenza,
densità di un rampicante vuoto
nel tempo bleso e
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C'è un fertile metallo
nell'aria,
un rigagno di primeva nostalgia,
è tempo in stallo univoco la mente
e laddove
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Ore di piombo,
il tempo è tomba
e dentro niente
nel rombo di un silenzio nero,
acuti di pensiero
e folli bestiari nella mente
nell'aria inerte si agitano
come diademi d'oro di anime infernali,
nictofile urne di parossismi
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Nel vetro
l'ombra primordiale
del mio viso,
un cupo alter ego inviso,
un altro metro,
segmenti di frammenti
e pseudo lineamenti
prismaticamente confusi
nel cupo riflesso del passato;
spigoli e sagome scure di musi umani
senza
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Al mattino
nell'antropica plaga
oltre la frontiera
tra casa e mondo
soltanto è vaga
l'immagine
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Vero è l'eone antico
dei tuoi passi
che inducono alla sete,
corollario, essenza della suprema quiete,
coreografia di corale fantasmagoria
della femminilità,
gemma d'oro nero,
silenzio nell'oblio silente, corifeo assoluto
del
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Ho visto
l'uomo
dentro figurazioni
di azioni e inazioni
come figuranti o guitti replicanti,
ridicoli e sognanti;
fantasmi e manichini
di recite a soggetto,
copione miserabile del primordiale istinto inalienabile
che genera il rigetto delle
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Quando scendevo dal bus
mancava di me
quell'anonima parte
che non so cos'è,
un essente fantasma,
un'assenza protesica
e virale nel plasma,
una larga vacuità mentale profetica,
un assunto di assenza assoluto,
una dolente
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La foce
sul mare si riversa,
ma dov'è che thalasso
diviene il fiume?
Dove nel suo dolce specchio astratto e fino
l'acqua si molce
e si è già immersa
nel coatto diorama del silenzio azzurro
del sale adamantino?
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Naufrago metafisico
dolente
in verticale assenza
come primati iberni
in un'orbita leziosa
tra spazi e tempi inermi
nell'aggettante iperuranio;
poi
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Da quassù,
dagli eoni,
non si vedono i confini,
solo verità
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L'ombra cieca
intorno,
fluente lemure,
ghermisce come crotalo
la mente,
cupida sostanza di nere essenze coatte
precipita bieca
schiere di demoni in assetto trasversale
su astratte sinapsi corrotte
poi si espande la notte,
manto viscido di
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Ho prati verdi
nel cuore
e birra,
lati versi d'amore latente,
lanterne dal passato
agitano petrolio d'oro;
non vedo altro che freddo
e il tempo veniente ignoro
nella sua enfatica tragicità assoluta,
allora scorra muta l'abbondanza
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271 poesie trovate. In questa pagina dal n° 31 al n° 60.
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