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andrea ristori
Le 271 poesie di andrea ristori
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Sul lungo fiume
l'autunno è già incipiente
è una docile gioia
nel bonario vento
che attraversa
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Parole e paura
delle parole,
paura e parole
della paura,
nella mente
un vuoto cosmo al parossismo
e dolenti lamenti dimessi
di gesti amputati e verbi depressi
e sconnessi
dal nichilismo
poi dall'ottimismo rivitalizzati;
un circadiano
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Ebbero il sole
tutti i tuoi elementi
ed uno sguardo da crisalide
crebbe al cielo
come un fiume rampicante
di correnti rapide;
il soffio primordiale
creò la voce divina delle tue parole
e diede alito di mare e sogni
ai tuoi capelli
ed
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La vetta dell'abisso
del pensiero umano
è il cuore nero
dell'umanoide leviatano;
uno sguardo scisso dal reale
diretto nell'inferno
dell'onirico grigiore
come un lemure malfermo
che si è ubriacato il cuore
sulla strada senza
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Adolescenti
anime pezzenti,
cervelli stonati e sorrisi storpi,
concetti dementi stralunati
e sguardi deficienti
come i loro corpi
disorganici e negletti,
parlano di storie senza storia
inconcludenti schemi,
mini vagine impertinenti
e mini maschi
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Il mio psicologo
è incorporeo, silente e muto,
è l'io narrante, un volto assente
ed incompiuto,
entità spirituale medicamentosa
che non ha dogmi e schemi formulati,
la bontà aulente di una rosa
con petali fluenti
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Sospeso nel nulla
un magma di vuoto mi trasporta
all'indice del tempo,
nel non vissuto perché invivibile
per altre forme, elevate sovradimensioni,
in un pensiero diverso, incoercibile
ineffabile ascensione verso l'universo;
memoria
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Un impluvio di pensieri
coacervo di alterne immagini
incompiute
si susseguono amiche e sconosciute,
idee inconcludenti
come sorrisi senza denti,
accenni di pensiero astratto
e visioni
di realtà senza dimensioni,
crudeli massificazioni
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Dallo spazio
il mare è silenzio,
il barlume estatico e piatto
di un sangue azzurro
riflesso dal sole,
la terra è se stessa
senza confini, senza parole
anch'essa riflessa
dalla stella di fuoco
ed ebbro di meraviglia
perdo
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Io so dove mi trovo
minuta coordinata spazio temporale
disorganica e sperduta,
effimera scintilla smisurata
che di luce propria e sole brilla
e che al piè del monte
dal silenzio roboante
e nell'incipit del cielo
zoppeggia
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Al tempo
il suffragio della tua bellezza
e del tuo carisma indefinito
mio atroce dilemma
l'essere essenza di un prisma monolito;
quel mare di occhi sognanti nell'azzurro
che si beano
quieti d'orgoglio
e di fausta acquiescente
levità
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Sangue
un mare di sangue stagnante
emostatico emozionante,
rosso vischio di melma ferrosa
e ripugnante,
io me ne infischio
della sua ignobile fama pomposa
e ributtante;
sangue che trama funesto
dentro le vene
perniciose infettive malarie
e
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Del mare
gli occhi tuoi
sono colore e storia,
del sole sono luce
essenza in nuce,
poi oltre l'orizzonte
si staglia
il tuo pensiero
carezza redentrice
dell'infinito intero;
tu al mare
tra le sabbie ardenti,
nebbie d'oro i tuoi capelli
che
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Scrivo in assenza di me
che intanto vivo
e su altro vertono sinapsi e sguardi;
scrivo ad ogni piè sospinto
del vero che ci metto
assai convinto
che è vero quanto è scritto
soprattutto se succinto;
scrivo anche
in assenza
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Prati
e lievi tratteggiate ombre
sentieri, ghiaia e forme di pensieri
appena nati
dall'unione di sillogismi e noia,
un ruscello come il tempo
circola in avanti ed a ritroso
con fare umile e tedioso,
passi che non hanno un volto
e non conoscono
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L'uomo che non c'è
carnale e vile
nell'eterna corporea attesa
umile e servile
per una speranza disattesa
in un inverno che non ha orizzonte
né dimora
vive e pensa
come se non fosse morte o non fosse morte ancora,
l'uomo che non
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La tua voce
il soffio della brezza
piuma decadente
d'ardesia morbida e tagliente
profluvio e sincope fluente
sul mondo adagia un canto che accarezza
con disinvolta e calcolata metrica,
suadente sino al disincanto
di una predica;
in stasi
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Come un asceta
divento la pineta
e su e giù
a destra e a manca
disperdo gli sguardi di un anacoreta,
senza luce e senza meta,
su cani umani
e uomini canini,
su facce omologhe
di creta e di cretini
ombre vive della morte,
replicanti
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Grandine di lava
sui pietosi e ribelli suoni
del mondo,
livide armonie s'intrecciano
e creano il ronzio del silenzio
sul vuoto che ascolto e conosco,
l'oscura impenetrabilità
del segreto di un bosco
di faggeti ed ombre di
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I baronetti
intellezioni, sguardi e cuori
amorfici e negletti
come arpie pascono erba secca
con denti e lingua stolida che lecca
i lor signori padroni dei vapori
e dispensano ruvidi pensieri già pensati,
opportuni stereotipati
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Sul ponte
sorridi
come una sirena
e stai in essere completo
con te stessa,
l'apparenza intangibile e alterna
di una splendida falena
che ruota intorno alla sua luce eterna;
sul ponte
riversi alla casualità ciclica dei venti
i tuoi
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Nel silenzio che brilla di calore
di una Domenica d'estate civica
ascolto il vibrare insolito
della nullezza
del tempo,
la sua sintesi mimica della solitudine,
un'assenza di vento
che scorre funesta nelle vene
e raddensa il sangue
stringendo
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Ecco la musa
danzante
sui canti dei corifei della bellezza,
compenetrare occhi e respiri abbacinanti
nel vento che l'accarezza;
ecco la sua essenza,
la levità di passi
in trasparenza
nel suo immoto andare in dissolvenza,
uscire dai
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Vorrei una notte bianca
come Dostoevskij,
con balli, canti, culture miste
e rivoli di whisky;
vorrei una notte di stelle cadenzate
e pioggia di parole futuriste,
quando colte
già dimenticate;
vorrei un'alba che dilava
limiti e
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Nel corso intonso
di un torrente si specchiano pensieri
senza mente
e senza ieri,
aquiloni immaginifici, strenui al vento
che accarezza arcobaleni rari
serafici e solari
e grani di frumento
dove dita e mani
non mietono veleni e non colgono
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Ti vedo
tra moltitudini e voci
tra passioni, croci e venti furibondi
e lassi,
ti vedo
vedo i tuoi passi, il tuo presente assente,
dove tra pietraie, forre e stelle
si sospende il dove, il niente
e il terremoto,
ti vedo
principessa del tuo
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Il babbo docente
mi prendeva per mano
come atto dovuto, meccanicamente
con disimpegno indifferente,
ero il suo talismano, paggio di corte
del suo ignobile regno;
il babbo mi ha sempre insegnato
la strada al contrario
e soprattutto a non
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L'uomo che urla
spenge le placide stelle
che rilucono come fiammelle
nel silenzio interiore,
spezza il pensiero di Dio
nel silenzio dell'anima;
l'uomo che urla
è un indefesso lavoratore
provvido, fesso e mefistofelico
è un
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Tancredi spirito terricolo
zigzagando cogita pendulo e ridicolo
congegnando astrusi concetti incomprensibili
o esemplari, languidi cliché
sul bene del denaro
e dei suoi effetti lieti
tra pose teatrali, scenografici risibili caffè
e
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Cinque minuti
per dire il mio non detto
su spazi sconosciuti
e tempi non vissuti
che senza riserve non ammetto
mentre dai precordi
risalgono ricordi
lucidi emblemi primordiali;
vorticosi venti di marosi estremi
i tuoi occhi atemporali
fulmini
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271 poesie trovate. In questa pagina dal n° 211 al n° 240.
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