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andrea ristori
Le 271 poesie di andrea ristori
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Ancore
per la tempesta,
onde cavalcanti,
una Venere grifagna in posa estatica,
orrifici guerrieri lance in resta
mi trasportano nell'Ade,
fiotti d'acqua rossa ematica
fluiscono,
io non so cosa mi accade,
i miei sensi non capiscono;
neri
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Sono vuoto,
lontano,
ignoto,
il gesto inane di una mano;
sono assente,
anima muta, perso,
vago senza giorni nel presente,
scoria minuta dell'ultimo universo;
sono parco
involontariamente,
una freccia senza l'arco
e un occhio cieco nella
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In stallo nell'eternità,
come all'addiaccio
esposto a maschere e istrioni,
inautentico pagliaccio
in un luogo
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Le strade immaginifiche
del silenzio
sono fiumi d'oro,
la lenta densità di un pensiero
che vi naviga assorto
invisibile,
indeterminabile,
senza una meta tangibile,
come un corpo morto
estraneo alla coscienza;
auriga verso la
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Un concento di minuzie,
frammenti olistici
di te,
atavici amorevoli gesti,
piccole muliebri furbizie,
l'involontaria pavloviana incoerenza
di una posa o di un portamento,
subliminali civettuoli pretesti;
le tue ombre distorte dal vento
sulle
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Dentro le porte
delle città
catene imbrigliano il vento,
strozzano i fiumi le sviste
delle oppressioni postmoderniste
di uno sviluppo coartato al cemento,
sembrano isole i parchi
come retaggi di civiltà scomparse,
gorgoni ciechi
e
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Parole estorte
dal ricatto perbenista
della gentilezza astratta,
come morte
da una mente nichilista
spirano
con volontà coatta;
e fu cattivo dopo
il silenzio cerebrale,
quello del gesto abrogativo
che ribalta all'uopo
l'uomo in
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Impluvio
di parole nella mente,
un fiume di fiori scorre,
magma di ghiaccio,
valanga di fuoco;
ma il
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Ho tre buchi,
uno in tasca,
uno nella giacca
e un altro nel cervello
muto come un'acca;
il primo
fa sparire denaro, chiavi
e umano materiale di risulta,
polvere degli avi;
il secondo comporta
un'ineleganza occulta,
ma chi se ne
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Mi ha preso l'io
quell'ombra
e ne divengo essenza lentamente,
la sua materia innaturale
come una demenza
che mi muove mani e mente;
mi ha preso l'io
quel golem astratto
e ne divengo stabile sostanza
che mi cambia cuore e faccia
con ricatto
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Come viscere di silenzio
è l'attesa,
una terra brulla,
un morboso, animoso, tenebroso ludo
tra il tuo imago
e il nulla,
quel desiderio nudo;
come uggia di pietra
e le salmodianti ossessioni
del tedio
che il cuore asseta
senza mai
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Del Natale
non me ne frega niente,
con le sue strade grigie
di un non luogo impertinente
e le sue porte cieche senza spasmi
per le vie striate
da ondivaghi fantasmi,
umbratile biancore lasso
per ombre anoressiche
dal cuore basso,
venti asciutti
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Avito svetta
sul colle
sotto un cielo calvo,
una nube intorno ai merli
lo sormonta,
lo cinge nel passato
sì dal futuro è in salvo,
lo attraversa
come un'anima;
le mura primeve,
specchi anamorfici della
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Qui
non ci sono
nell'angusto margine del
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Facce
come pietre,
incubi insonni dormienti
nei penetrali della coscienza,
fatiscenti cimiteri ancestrali
d'oscura
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Bataclan
la musica è stonata,
è distorta,
un vizio di forma d'antan
la rende opaca
come una foglia morta,
come un gesto che si placa,
come la guerra, come algide spine che graffiano i cuori,
come la nemesi ingiusta,
palingenesi e
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Controcanto,
io non ci sto
con la bandiera al vento,
senza mani
solo
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Lo stesso gesto
dell'animale,
la sapienza inconsapevole della verità
antica,
lo sfruttamento totale
di se stessi
senza infingimenti,
senza paramenti,
senza stereotipati accorgimenti;
dove nudo sono onesto
libero compio l'atto
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Com'era bello
fluente
il silenzio
quando palpitava nel cuore della storia,
il soffio vitale indiscreto,
una chiesa, una moschea,
un parco minareto;
com'era bello
coeso
forbito
il silenzio,
un eone altero, un demone arreso,
un dettaglio
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Io non sono io,
ma se lo fossi
m'interrogherei
su fatti ipotetici e posticci,
ma se l'ipotesi è realtà deviata
non mi pongo domande
dalla risposta alata;
io non sono io
e nemmeno un volto,
cuore di resina di alberi
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Nel meriggio
un controtempo
di immagini avite
di un futuro già vissuto, ma incipiente
comprime con ignee viscere di ombre antiche
la mia mente,
è un rimando a puerizie di coscienza
dove la storia dell'io
si muove nella
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Oltre il visibile
un uomo solo
ubriaco
nella valle arida del tempo
contempla il silenzio;
la sua voce
non c'è
è ipostasi
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Mi hanno detto,
appena nato e dopo,
ciò che sono,
di che natura vivo,
qual'è il mio significato,
qual'è il mio limbo,
qual'è il mio scopo,
qual'è il mio censo,
e io, redivivo bimbo incompiuto,
all'uopo
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Profumo di pane
e arena calda
nell'aria,
passi in controluce avverto compunto
con minuscole percezioni,
sinottiche intercettazioni psicovisive
di un assieme disgiunto,
contrazioni facciali come pareti rocciose scavate dal tempo lineare
e mediocri
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Attiro ombre umane
come l'urina
attira il cane;
attiro menti sciolte
in un melmoso nulla,
a volte con fare malmostoso,
come se io fossi
la loro patria culla;
attiro tonti,
invisibili e dementi,
stralunati che hanno rotto i ponti
e ubriachi
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Uomo, esecrando,
bugie e schifezza,
rilascia umori, miasmi alitosi,
odori, sudori e aerofagie
di rimando
all'aulenta invidiata bellezza;
obitori viaggianti
con famiglie tronche e bambini selvaggi,
maleolente epidermidi
con menti monche
e
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Porte chiuse, invisibili
tra le coscienze private
di aleatorie moltitudini vorticose,
minuscoli sguardi fortuiti inintelligibili
indagano furtivi come corto circuiti,
spiano ascosi e circuiti
da curiose negazioni
con calcolata intermittenza
tra
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Calma,
esecrabile clima interiore,
subduzione di stati di coscienza indotta
come un coma chimico,
è la mia alma apocrifa,
inazione incorrotta,
l'ombra cinese di un gesto mimico;
calma,
vedo solo luce insincera
e suoni spezzati
in un
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Tramonto di periferia,
una calma lontana
di assenza
spira nell'aria e come muschio,
il passato,
origine eterna
di ogni incompiuto segno,
partenogenesi del tempo,
flautata tristezza,
raggiunge mari lontani
e lì insorge, caduca
ribelle
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Maleolente ore
come fuliggini
sui falsi piani di evi in ricorrenza
disperanti incedono
con malevola, apatica indolenza;
ritardi in frammenti di epoche ed ere passate
che giungono a me,
come scorie di storie dimenticate,
latori grifagni di
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271 poesie trovate. In questa pagina dal n° 121 al n° 150.
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