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Francesco Falconetti
Le 202 poesie di Francesco Falconetti
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Il sole veste (ormai) il giorno:
sono sempre qui, ringhio, in attesa di azzannare brandelli sfatti del mio destino,
e
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E’ forse (ormai) al di là delle nuvole
l’alcova del nostro amore
finite le ubriacature i fumi d’alcool s’espandono, verso l’alto
e, mescolandosi a nuvole, rimbalzano – Mr. Brown sorriderebbe -,
soppesando zigzag a mezz’aria, attendono,
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Effimero è questo dolore,
siamo piantati qui, affidati alle stagioni
alla primavera, all'inverno
tra file di tulipani ingialliti
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Spesso scambio lucciole per lanterne,
abbacinato da lumi d’ingenuità,
cammino, distratto,
su bolle d’aria colorate di bleu
che mi portano
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Pietra a pietra,
come bolle,
i persi lumi della
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E' morganatica la poièsi che, talora, avvezza m'assale,
tende la mano (sinistra), suggendomi l'anima
poi,
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Le lettere elise si rincorrono tra funamboliche note di armoniche spente
ricordi le notti imbiancate dai nostri perché, all’alba ci sorrideva?
Io e te, derelitti stranieri di noi, così diversi, illuminati da due lune divise a
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Lo stavo lì a guardare,
curiosando tra immaginati pensieri,
mentre la sua voce,
arrotata su sillabe sbozzate,
accompagnava, spietata, la sua malformità.
E chi, distratto, ne incrociava il passo
tra candide vetrine e luci,
riconoscendolo rideva,
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Attendeva il suo terzo inverno
fatto di mille stagioni.
Aveva già camminato tra le rovine di Gerico,
tramutata in polvere dai millenni.
Ma lui, lui era solo un uomo,
particella d’umanità disciolta
nello scorrere del tempo
non
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A piedi scalzi ascolto le orme delle mie abitudini,
mentre annuso il respiro dei luoghi,
offeso dall'eccesso della sottile polvere degli anni.
Ho lustri di ricordi arrotolati, qui,
nascosti nell'incavo delle sepolte malinconie,
mentre inseguo
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Aggrappato ai miei alambicchi, così fragile è il cristallo che li compone.
E mescolo, tra lune e sempre più rare eclissi, strane ceneri e (grigie) polveri
raccolte sotto al tacco consunto dei miei mocassini color
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Ho ammazzato la mia anima e l’ho offerta al mio Dio,
ne ho fatto carne e frutto sacrificale da condividere
per conoscere la colpa.
Ma le sacre vestali non hanno danzato attorno al fuoco
né hanno sollevato le sacre vesti,
nulla è
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Grida e sussurri,
è questo divagare che ci rende libellule spente atterrite dalla notte,
senza stelle.
E, non oso scrutare più, le rondini
sbigottite dal loro garrire ininterrotto,
pigolano e si nascondono nella loro tana,
nido
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C’è qualcuno che bussa spaurito all’uscio della mia porta, m’appare.
Ha uno strano cappello e piume brizzolate e lacrime fatte di neve in montagna,
speranze rarefatte (ma poi?) che illuminano gli astri indifferenti che divergono in
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Indirizzo personale di Francesco Falconetti: francescofalconetti.scrivere.info
Abito la tua indole seminnocente
screziata di lacrime e parole,
amara al cacao d’inverno
che (talvolta) mi riscalda,
truccandomi di lucido gli occhi,
mentre il tuo rimmel color cioccolato
scuro di lampi colora
il viso a volte duro a volte
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E’ un poema moderno il nostro stare distanti,
né Iliade né Odissea,
nessuna tela tesse Penelope
ed Ulisse sta seduto in poltrona
a sorseggiare caffè
- Joyce sorriderebbe -
E’ una storia, effettivamente, bizzarra
nemmeno
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Il venerdì rinomino le mie albe
e li dipingo di farò,
mentre assento le mie note stonate
organizzando abiti e pensieri
- immagini ed arcobaleni in bleu -
Poi attendo,
mi presento (fantasticando)
qua e là, in volo
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E' l’apparente fissità del sole che ci fa stare su questo treno in corsa,
opposti nel respiro soppesiamo ricordi divergenti,
arsa nella scontata memoria, immobilizzato (io)
dal rifrangere di questa farsa inutile.
Ed il treno scorre,
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E ci perdiamo, noi
nelle cattedrali dogmatiche delle nostre convinzioni,
illusi dal nostro così distante
perequare immagini e speranze
(verbi coniugati con desinenze accentate)
di essere diversi, unici in questa dannata esistenza (ma, poi,
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Venne l’inverno,
e abbandonammo canzoni e spartiti su di un pianoforte
mentre il gelo c’avvolgeva canuto il volto.
Attendemmo, tenacemente beffati dalle illusioni del passato
che affioravano,
artatamente portate a riva
dal bisogno
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Il colore turchino dei suoi occhi
tratteggiava i pensieri,
lì, tra quelle braccia arrese
s’univano i loro comuni destini.
Sbadigli d’infanzia
s’infocolavano,
tra ninne nanna d’amore
che raccontavano,
attese, fantasie
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C'è chi nasce sbagliato,
sono le inconcludenze di respiri, mozzati
e i sorrisi sinallagmatici delle apparenze
che, allora, ci assolvono l'anima.
Sono angeli senz'ali, offesi
sospesi, immobili, dal busto a metà
tra l'impossibile
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appesi all’albero delle fragole
prendevamo in giro l’odore dei giorni
e tiravamo baci,
fra bacche (rosse)
e nuvole d’azzurro cariche di profumi di chimere
d’amore
era dolce il sapore
zuccherino
delle illusioni,
spandeva il tatto
delle
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Lo stupore degli assolati orizzonti s’allontana,
mentre i lucidi tramonti volgono le spalle all’accaduto, salutando il
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L'ho lasciato lì,
tra campanelle e nuvole,
avvolto nel frastuono di banchi e di 'bambini'
lo ritrovo qui
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Talvolta, all'albeggiar di luna
svesto i panni delle mie solitudini
e mi travesto
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Vigevano bambina
ha il sapore di neve, fumi scuri di Mecap su muri infreddoliti
e nebbia illuminata da fari accesi.
Le strade fiorivano tra i campi,
mentre la periferia allegra respirava, ancora, l’aria fresca del mattino
e neve, quanta neve
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202 poesie trovate. In questa pagina dal n° 91 al n° 120.
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