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Angela Fragiacomo
Le 655 poesie di Angela Fragiacomo
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Poiché gli uomini
sono capaci di simili cose
io, uomo
mi schernisco
Chi ripudia Eva?
Il mio bastone mi scorta ovunque, di legno duro
ubbidiente
fa di me
la donna del soldato, lei che poggia
su basi solide
convinzioni
Crepe
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I
Se di morte si tratta
del coriaceo scarafaggio senza testa,
del bozzolo di ragno o più docile
del lepidottero: venga
non la temo -
il cinguettare indefettibile appassiona
il mio abbaino
chissà come
familiare
nella
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non corre riferimento – semper –
il mattino concede
– amante
è solo attimo
la dimenticanza del verbo – quel verme
che agita in me;
attimo,
attimo che presto vela –
la consuetudine
non ha pieghe
così va a nozze
chiara
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al buffet della mia tavola
libro, quotidiano, e Mastro Ciliegia
Nefertiti avea capelli neri – torna al nonsense
la Fraggy –
rovescia il cielo
tra ala e petto l'F35 punta al collo
sono Regina di un regno capovolto: nel boschetto
teste
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sempre l’alba ha in seno la notte
con delicatezza ricopre il suo pargolo
- oh madre
stenditi
sul
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alla lacrima lo strappo,
il singhiozzo sempreverde cade
- Sed Lex -
non v’è porta che riapra battenti al repentino bussare,
non rientrano dallo stesso buco
i bachi del frutto
prodiga, la morte
mi trova insolvente
– In Nomine Amoris –
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in procinto di scrivere poesia, vedo appena...
alla parete con le tue impronte, bianchi coralli di panno
a tagliare il mio sguardo
- un quadro null'altro, mi trattiene
e più m'accingo
più affiora, vergine nel suo mantenersi, e
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improvvisamente dice - oggi il cielo è verde
e pesci vi si abbeverano, lunghe gambe
come giunchi flettono, roseo
il loro squittio -
vidi che disegnava con le spalle ricurve sulla tela
e lo strano mantello
- conosci l'uomo - aggiunge - il
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facciamo che a scuola sono il più forte -
padre! chi ti conosce? - tu qui, non sei niente!
- sovrasta la furia del mare -
facciamo che ti uccido - al mattino fuori porta - a me le colpe;
attento ai boccaporti, le fessure... - ruggine e
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ci si annusava
su una panchina la vita
candita di scorze
i tuoi occhi a sorprendermi,
bagnati di sole
delle mie sole risa l’aia accapponava la pelle,
animali a far bene il loro mestiere -
concime olezzi
aria,
fresca controluce
fresca
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tutto questo peregrinare
e tutto questo eviscerare
e tutto questo morire, di botto
ricordare
come se dal nulla: ulivi gorgogliassero
e vapori d'asfalto al sole...
come se tempo e odore tramutassero in aghi
di pino lungomare
- lo strappo di
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d’un lombrico ho ricordo di zampe
fantasie – una penna e tempo che si perde
scende
scende da una foglia verde e dipana
il miglio che conduce
bolle di sapone e astronavi
aeroporti di nomi
il tuo volto sul riquadro - stretto
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forse incredulo
e per questo, oltre modo lento
il passaggio di stagioni tra i vigneti
si fa udito
- d’antico acino, cose quali s’animano: immobili
e quelle, altre s’accasciano
in botti; oro di lotte abbandonate
quiete che da te s’evapora
di
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indossa
una maglietta calda camomilla
- non dire, già so -
cammina, avanza lungo la via che inerpica a Est
arranca battelli di vele e sorgenti, e pure
dal basso
entusiasmi puerili di quelli
che fanno a botte la notte sotto i tavoli nei
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persone normali maiuscole
vestono bianco- blu,
caratteri cubitali da vecchie Bic
tra un gin e un tonic, ubbidiscono al vento, che chiama
margherite tra un sentimento, e l'altopiano del Pamir
dal medesimo lato del letto, sporgono
- a
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quant'è dolce la caduta a velo - potendo sparire,
lo struggersi del sole al colle
tra i cuscini la notte, dolce la fioritura,
del glicine lo stupore
di scuri e torti
quanto...
spogliarsi di bianco pulita
- in punta d'alluce -
al
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a distanza (a vista)
- considerando inesatta la spinta
mi godo un the
nell'acqua calda sciolgo di me la cupidigia
il perdurare
dell'apparire, lieve quanto dolce;
a estrarmi come una bustina - dall'impasse -
un cantore
- e io
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correva l'anno...
cosa distingue il bradipo dall’inetto?
animali, n’est- ce pas?
perché l’uno distrai dal gioco
testa giù a penzolare
- l’altro... a ben pensare
fai cartone dal dolore inanimato
comico- esilarante in
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cade
come crosta da ossa già nude
la notte - vi dico - e sempre la notte cuce
meticolosamente
- suo, lo sferruzzare;
sfoga! dunque, al fare di pelle, rossa viola nera!
ch'io possa godere
nel divenire di stenti, ferocia - non
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il bigio l’ambra l’aroma
del tabacco e dell'arancia
un appiglio - purché -
alla dimenticanza del vecchio
- il vecchio fucile in soffitta - rocca dimora
- non chiudere a cerchio il taglio
che smeriglia il rigo
in due
come mela
e ogni
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- odio -
attitudine a vivere?
quale lezione da un sacco di iuta? -
se poi tempo è concepimento
nasce sola trama
ché
cammina
la morte
- già bella tra i miei capelli, brama
ogni mia giustezza;
-
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un senso di fame - insaziabile - la dispersione
un amore che continuamente si compie
- il tuo lobo le mie sottane
il sinistro fruscio dell'acqua
nel termosifone:
si getta sui nostri corpi l'orrore
- le troppe ore
a rincorrerci nei
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del tomo, l'odore mi sta addosso
mi schiaccia il viso mi schiaccia il naso
mi cieca l'occhio
non so mai dove arrivo se poi mi pongo
a palpebra - umettando,
- rifugio nel letto di una parola -
se la danza ferma dimeni vana
o piacendo indichi
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lei
ha la sua paura - la sua paura
ha la sua bocca - sua
carnosa copula
alla gola dello sterno:
chiama a sé, il silenzio
a notte luce piena - ambra
da sera a sera mentre siede, mentre
con una mano, calma
la nebbia disseta i
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come rondine torna
la conta: canute or sono, ali
varcano crocicchi -
nella nebbia
un cancello,
per mano di - affila la punta
conoscendo mola, il gelo del pioppo
- e della segatura il tornio;
ditemi voi, ora
quale sufficienza al ceppo
che
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- sii felice - e già
scuote
di quest'ora,
vacante più che nobile
scalotta il melo
erompe
dove tu
muori!
all'alba
muori - e io - che
a te fui Uno
d'ordine rappreso - a tanta verve
rinnego
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annacquo d’occhi,
stagnante il tempo
- apparentemente
mimica -
così
sto in fronte a un vecchio:
mostrine stucchi, corpo
d'ammenda - oh, uomo
di grandi laghi, cigli...
portami
là - esimio - dimmi...
ma tu -
arte, e
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talvolta è il cielo
a venirmi incontro, tutto
d'un pezzo, presagio
- forestiero
tu, che traghetti l'occhio e
di me ti scordi -
di petto di tacco: talvolta
fumi
d'asfalto
bagnato e rotaie
morte, a stridere contro
si
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mattini cuscini
punto croce
punto capo
prezioso lamé;
dicono
non sappia tenermi un uomo
per il bavero
del càmicie - dicono -
udire acqua
dal davanzale, gronda
l'orchidea
custode tu,
dormi;
caniglia
a mezz'aria o
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potessi io, di questo oggi
cupo, decantare poi serbare
ossi
lungimirante, potessi...
dei limoni il brullo
giallo delle stagioni, o fiordo
ch'eremo appiglia;
senza tuba,
scintilla e pura
umiltà, dipanassero brogli
dai gorgoglii - oh
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655 poesie trovate. In questa pagina dal n° 61 al n° 90.
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