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Gianluca Regondi
Le 368 poesie di Gianluca Regondi
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C'erano uomini e sedie rosse
nell'angolo freddo delle ombre
e c'erano occhi che ricordavano
il colore delle cose finite
Quanto andare per il fumo
consumato nell'aria grigia
quanto sperare in una mano
in quella mano che proteggeva
C'erano
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Cosa dicono i miei passi
in un alba che inciampa
nella luce bianca
di un mattino improvviso
Negli occhi il rumore riflesso
di uno specchio nascosto
in una stanza del cuore
viene infranto dalle solite
scintille di rabbia
È vero i miei
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Il vaso
e suoi cocci taglienti
e Pandora che non aspetta.
Non vuole più silenzio
triste e dovuto
agli alberi fattisi nudi
aspettando altre cadute
e pause
e forse poesia
Poesia avvinghiata
nella sorpresa
di lacrime
fuggite nel caso
e
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Non ci restano che i giocattoli
Quelli veri fatti di soldi veri
A noi bambini non più adulti
ci resta solo il gusto della fuga
Le donne non possono comprendere
le dune e i deserti sconfitti
assetati di sesso e forse d'amore
Abbiamo
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Se le rose stanno avvizzendo
in questa pioggia di freddo
ho paura.
Ho paura della nebbia
che confonde ogni cosa
ogni ricordo di ogni uomo
del suo cuore aperto
del suo sangue raccontato,
raggrumato nelle attese
di un nulla che arriverà
nel
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La luce inattesa dei colori
nel solito tramonto precoce
camminano insieme
ai miei passi
sulla strada di casa
Ritrovo ormai amica
anche la solita
silenziosa urlata
commozione nascosta
da lacrime come se
bruciassero per una fuga
dall’indifferente
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Siamo ciò che siamo
appunti sospesi
di tentata felicità.
E se siamo qui
in questo sguardo
forse ci accorgiamo
del nostro andare
per la vita
andata insieme.
E saremo futuro
saremo amore
silenzioso amore
dato e ricevuto
chiesto
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Ho parlato al mattino
del brivido gelato
che corre
quando si ricorda
di avere altro tempo
per ascoltare
e comprendere il timido sole
che oggi non scalda
Ho contato tutti i volti
tutte le rughe di mia madre
e mi dicono che c'è un
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Ora mi chiedi
di raccontare da padre
mio padre
Ricordo invece
Il tuo primo sguardo
Stranito
S’apriva la prima volta
tra le mie braccia
troppo grandi per te
imbabuffolata
in un lenzuolo
T’avevo tagliato il cordone
che t’aveva nutrito a tua
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Sul silenzio composto di una tomba
saluto lo sguardo sbiadito di una foto
Le radici riposano tra il marmo
e un vaso di fiori recisi freschi
che non ho mai avuto il coraggio
di rinnovare in tutto questo tempo
Nel mio futuro che ho imparato
in
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Anche se non vedo
la pioggia cadere
tu sei accanto a me
felicità lavata e persa
nella musica di un cuore
che s’allontana e torna
e cerca nelle vite
che raccoglie e incontra
Sono qui accanto a te
anche se non ti vedo
e non vedo la tua
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La natura morta di un paesaggio
dipinto agli incroci della città
Le porte chiuse di altre stanze
dimenticate per una fretta
fatta di una fame chiacchierata
I marciapiedi fatti di fantasmi erranti
senza una vera e propria patria
Un'altra
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TUTTO PASSA
Ti ho guardato scendere
la via percorsa
senza altro amore
Abbiamo accettato
il nostro destino
e sappiamo accettare
le sconfitte del tempo.
Gli occhi e le anime
s’incontrano
e si lasciano
sempre ferendosi,
sempre morendo
un
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C'era il pallore dei giorni rimpianti
nei tuoi occhi ormai stanchi di vedere
realtà fatte solo di lupi e giungle affilate
Deserti assetati di anime da affogare
nella sabbia di passioni ignote
nel loro brusìo interiore
come se tu
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Non importa
se le rondini
se sono andate
senza quel saluto
che ricordo
A volte i ricordi
non hanno colore
e si perdono
in una patina confusa
con il bianco e il nero
di un tempo
che si fugge da sempre
Gl’anni che andranno
tra le mani
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Il poco silenzio
che so d’aver scalfito
era uno sguardo
fattosi più sincero
e tutto questo ciondolare
tra il nulla
e il colore bagnato
di un cielo di foglie
era solo lo stridore
del tempo caduto
intuito nel riflesso
imprigionato delle
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Invia un messaggio privato a Gianluca Regondi.
E’ quando stringi
quel soffocare lento
ma deciso dalle ore
di un tempo straniero
che vorresti fermare
ancor più quel rotolare
solitario di parole
verso un silenzio
come di foglie inutili
e camminate nelle vie
conosciute da sempre
in quel
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Non avrei
che queste poche parole
da dedicare
per poter redimere
lo strano desiderio
d’averti
per poter toccare
il tuo sguardo
più vivo del mio
Non avrei altro
che una poesia
per poter immaginare
solo una tenerezza
che ho
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Era l’anelito bambino di occhi
che non ricordo, fatti d’acqua
non dissetata dal tempo
n’è da una propria meraviglia
che ora cade e scrivo
Ricordo i fiori, quei fiori
che avrei potuto donare
a quel tempo di noi
che vorrei per me
Sono
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Ti ho lasciato al bivio
dei giorni di panna
La tua dolce, piccola
indifesa mano
è ormai donna
Quei fragili giorni
passati negli sguardi
innocenti di noi
non sono altro che
un oblio troppo vivo
accanto al tuo viso
non più
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Il vuoto nell’ovatta dei passi
grevi e mai dimenticati.
Come se la tristezza non avesse
altro che un’ indeciso tremolio
e fosse l’inutile conclusione
di una speranza senza altre vie.
Vagando, vivono nel suono
del quotidiano incespicare
in quella
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Autunno,
umidi bagliori
d'inverno accennato
nello scarrocciare
delle foglie a terra
Le brume si fanno frequenti
nelle ripetute albe del grano
appena promesso
ed il ricordo dei melograni
conversa con il frinire
dell'estate trascorsa
Il
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Ma è la corteccia dei giorni contati
in controluce al tempo straniero
il vero nemico del nulla
Le sue rime incomprensibili
tagliano e pungono le stagioni
in quei riverberi ossuti
di vite solo incomprese
e le foglie delle stagioni
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Per le mani che stanno
cercando in questo buio
amarognolo senza sale
Per i tuoi occhi sudati
che lacrimano momenti
per nulla commossi ma
solo un tempo di spugna
intriso di sguardi allucinati
alla realtà spostata nelle curve
irrazionali
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Vorrei dirti di quanto
il tempo scivoli via
ferendo ogni ricordo
che vorremmo dimenticare,
per poterci proteggere
dall’assenza che cammina
senza meta, senza voler
incontrare, se non altro
silenzio e uomini soli,
seduti nei propri
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Lo sbadiglio di una notte
Lo sguardo inascoltabile
di una mano che desideri
e che fugge come te
come sempre
Ho voluto dimenticare la tua pelle
L'ho chiusa in una chiave stanca
nelle solite stanze impolverate
stanze disabitate,
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Mi racconto ancora
le storie delle nuvole
appese al vento
mentre lo sbadigliare
della luna raduna
un gregge di stelle
Scendo dalle nuvole
appese al vento
nascondendomi
nelle rondini
e nel silenzio dei giorni
Avrei da raccontare
altre
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Da una parte all’altra
degli uomini
che non vedono
Non hanno direzione
gli sguardi che vanno
oltre quest’alba
di mare aperto
Non hanno silenzio
che possa rincorrere
questo vento
So di isole e di altri padri
So delle parole
e del canto
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In quali attimi
le nuvole s’accorgono
del cielo raggomitolato
nel vento
quando tra un alba
ed un tramonto
potrebbero persino
confondere l’indaco
della propria sera
cercando
una luna confusa
volendo raccogliere
la nebbia rimasta
negli
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Giorni a tacere
in un camminare
consunto di occhi
e luce bianca di albe
ancor più indecise
nel cuore
Vorrei che fossero
meno malvagie
le risposte del tempo
trascorso sulle spine
di un filo sul quale
Arianna vorrebbe
solo
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368 poesie trovate. In questa pagina dal n° 271 al n° 300.
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