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Alessandro Labriola
Le 269 poesie di Alessandro Labriola
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Lungo l'ombra dei miei passi,
che ricadendo pesanti suonano
comunque torbidi sul manto morto
e di qualunque profumo ci si inebrii
le narici pruderanno sempre all'eccesso
del febbrile girotondo verde e giallo;
movenze echeggianti e
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Oh calore! Cara disarmonia delle frizzanti avventure,
addestrate sin dalla pubertà all'evasione:
morale, religione, pudore - estraneità mia,
e di qualsiasi cosa si accomodi o sogni con me...
Grande balia lasciva al cui seno
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Si levasse ancora l'ode spicciola delle gramigne,
o la vertigine!
Sorgesse l'arpeggio delle primavere che serbo,
estranee alle stagioni del mondo
- sarebbe innaturale una così frivola fuga
infatti, melodie senza requie e beltà
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Fringuello, usignolo benevolo, gioioso
variopinte le tue ali spiegano tele invisibili
- lusso di piume e melodie
scordati dei clacson, le rugginose cavità - tu
caro ai più deboli e forte d'un battito
spiegato al cielo che ti
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Giorni in cui mi sento etereo:
veri mattini, verdi parate
- sposare il bene col male
l'edera, decapitata attorno a noi
ci avvolge nuovamente:
ed i profumi e gli istinti puri
che traevano menzogne afrodisiache
soffiarono per acri scarmigliando
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Distinguendoti tra le fini voglie di carta:
le sensuali apatie sconvolte in origami astratti
- appartenuti a qualche d'Una
una volta;
e scongiurato questo malessere dilagante
nel paese spento, fiumi e assilli
calan già la notte cangiante:
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La strada echeggia nel volteggiar dei canti:
la stagione acclamata dai fanti della campagna
cherubini tra i mosti grassi - benevolenti
assaggi proibiti e richiami d'orge; in conclusione
moderna allegria e sagre:
grandi feste per dare al
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è apertura,
riconosco il circolo degno
delle nudità impietose che albergano in me
aleggiare - altrettante doglie nel cielo:
inacidire il latte, parole sporche
sulle labbra di seta della damigella sul ponte
compianto vestito alla
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Pietà! Ristoro!
L'altare smarrito chiama
agonie rubate ai fiori
da turgide alcove unte di pianto
cerchi che discendono piano
naufragando pigri sull'incoscienza:
del biondo tempo passato a cercarti
fino a scolpire i lineamenti
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| Si è come corrotta la mondana usanza
di schernire e giudicare apertamente nei cortei:
ora tace un sibilo ben disposto,
qualche "Onore nero" tra vigliacchi.
Una trama d'empie vendette
- guidrigildi d'antiche casate
pegni in
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Sensuale adagiarsi di lampade
dove il vicolo si fa più grottesco
germinando alte cordialità lucifughe;
sembra aver lasciato un tacito testamento:
alle vecchie strade ridipinte, le serate spossanti
- i luoghi delle ribellioni celesti,
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Il ramo brulica di armonie
che il vento festeggia;
la Fine spirò uccelli che non avevo mai visto
i colori! Quella luce fatata dell'Eden,
l'esplosione della vita ultima in ogni cosa
- oltre il velo
Schianti d'insetti sui sassi e
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Vorrei parlare al biancore del tuo viso
senza vergogna, in pace
respirare l'oro che espandi sui passanti:
una carezza che rimandi a tempi anteriori,
fortifichi le gambe - infiammi gli occhi
spalmi questa angoscia come un massaggio
per tutto il
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Inguine di questa crocevia, spargi benevolenze adunche;
con i canti delle ultime ammende,
la celebrazione al mattino è sospetta:
detersa sui fiori così limpida! Per la foschia chiara
tintinnando la rugiada, magiche trame tra i
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Fu come una Celebrazione per tutti i sensi:
dischiusa al pudore acre delle lenzuola
lei ansimava ancora - in cerca
si alzò con le sembianze d'una bimba infervorata
in qualche gioco proibito e ritta, con le guance in fiamme
sulle ginocchia
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Amici,
tutto era pronto ed è stato meticolosamente fatto:
illuminati i piazzali dai venti voraci
di gentilezze piumate e inizialmente flebili - dolci.
il cielo dipinto d'un rosso omicida
cingendo lune con nuvole ferite:
fedeltà e
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Invia un messaggio privato a Alessandro Labriola.
L'orafo annoiato del tempo, fonde
chiarori passivi e gioie astratte:
dichiaratosi al sole, gemono preziose
le sue genti e Lui, non è che un misero
passeggero sposato con la duna e col mare,
dichiarato alla marea di mezzanotte.
Aleggia un
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Abbandoniamo questo debole e stanco corpo
a lungo digiuno, sprecato - abusato
caracollato qua e là senza alcun sostegno
liberato poi dal male da altrettante
illuse nottate, a vagare per stanze vuote
e mute; negato al dolore da passioni
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S. si è quasi spogliata, risalta un'atteso
tiepido calore di fiamma: cinge seno
poi le gambe sfuocando il viso... quando pure il Piacere si rivela
s'intromette l'abominevole orlo verdastro;
come per negare lo spasimo d'una Salvezza
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Ho veleggiato per grandi Oscurità;
visto tutti i tramonti da un campo:
oltre l'insegnamento, trovato alberi ignari
passaggi esotici fino a tarda sera - bambù
l'imboccatura squallida dei porti, foci lugubri
lumeggiati di nebbia
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E se hai ancora i capelli inebriati d'autunno e foglie
così come ti ho sognata; passerà un'altra stagione
dovrò accecarmi e tu potrai gioirne sempre.
Se il tuo sorriso che incanta tutte le anime
su di me, come una stella
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| Oltraggiati dal quotidiano
diamo ai posteri idee maligne,
divoriamo noi stessi
perché nel nostro corpo c'è ogni
evasione vigliacca che ancora illude i nonni
e gli zii d'una speranza effimera (o ingenua);
quando la mia felicità
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Levati! Grande ghigno da est,
donami un'altro miraggio
luce ottenebrata e traverse di fuoco
morente - paga
grande sete che ho ricevuto, quando
dormendo facevo sogni aggraziati
disegnando nuvole albeggianti
rivestito giardini di brina,
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Scavalcandoti con noncuranza in questa guerra,
ho sopportato mali che tu sorvolerai soltanto:
poiché nell'incosciente adolescenza Vivrai per il gioco
e il curiosare ti allontanerà troppo da casa - ma non vedrò
le prime sfilate
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Il risveglio sparge indolenti abbagli,
momenti disperati di pianto ruvido:
- nuova leggerezza dopo lungo tempo angosciato,
sembra discendere dalle insegne sconsolate
- di questo ed altri rimorsi
vedo le poche piante plumbee e gravi accatastarsi
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Aizzava un potente grido
quella sera, levandosi attorno ai tetti
strinse la città in un romantico memento vermiglio,
fluì leggero e invadente sui pier di legno - gargoyles
alla stazione: il salmodiare d'autunno inoltrato
pesante,
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Muovo tra le campanule del mattino
vorticose brine alleggeriscono il carico
e chiedono a una Ragione:
compianto spirito accomagnami!
Giochiamo ora a carte scoperte,
quì non c'è più futuro
- non c'è mai stato
ce ne
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Ho camminato a lungo
per quelle strade perverse della vergogna,
ripulito il paese di manifesti e rimpianti fumè
- purgare le notti dalla nebbia coi nostri corpi (ricordate?)
battere le zanzare sul tempo, rovinare
per ponti agitati,
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Favoleggiate voragini ibride s'incrociano (finalmente!)
folgore e brina accesa, cobalto disciolto
infinità di colori riflessi e medesimi, detersi nelle fatalità della "city";
fosse solo per questa simpatia scontata
che
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Son scomodi lo so, personaggi poveri di volontà
a vederli si direbbero morti e
forse se lo augurano ogni notte.
-
Oggi potrebbe essere chiunque, tra voi
nascosto dall'empietà che ormai aspetta (aspira)
- è un classico ed
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269 poesie trovate. In questa pagina dal n° 151 al n° 180.
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