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Duilio Martino
Le 578 poesie di Duilio Martino
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Tenere note
Stalattiti di
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Dune roventi
Una bianca
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Platani ambrati
Riecheggiano
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Non ignorarmi ora che arranco in cono
d’ombra, tra larghe fauci
d’un tempo incerto e in arido deserto
oltre il mezzo cammino.
Non ghettizzarmi in quest’antro abbuiato
dove un’aria di piombo
ingoia giorni e, del giorno che langue,
scarni lassi di
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Scarrocciando, d’inerzia...
è un navigare greve senza vento;
la randa sgonfia ed ammainato il fiocco
a guidarmi in deriva
riverberi di luna ed astri smorti:
il soffitto emaciato
sembra aver divorato il loro ardore.
Non ho perduto i remi,
anzi,
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Seppure appaia pratico
è illogico piegarsi;
poi la speranza non si spegne in animi
esacerbati da robuste nebbie;
dentro al sangue permangono
inquietudini, dubbi
che ogni giorno ci infiggono
e che in acerbe tenebre ci sbalzano.
E'
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L’algore spinge, aggiungendo sgomento,
in un gorgo, in un vortice neurale
che luce inghiotte; sull’aspro crinale
il fiato è corto e sotto un astro spento
vuota è la vela: il vociare del vento
sfuma e fa spazio a un silenzio ferale
mentre la bruma
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 | Lo sforzo è inutile
sembra inchiodata la mia giostra
l’inchiostro che rimane
è il rosso del mio sangue indocile
e il tetro delle notti attraversate
coi remi in mano
e che incrollabili mi prostrano.
Non so più progettare né plasmare
e non è
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L’ombra troneggia e in dimore segrete
dell’astro echeggia il precoce declino;
tetra è la volta e su rotte inconsuete
navigo a vista invocando il mattino.
E mi accompagna una cocente quiete
mentre la neve mi imbianca il cammino
a raccontarmi una
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In mite quiete
un'ombra annera il cielo
Scende la sera
Solo un tremulo
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 | E’ come in guerra
l’aria si taglia a fette dentro al forte
in questa terra
ci si scopre coesi solo quando si sente
sulla pelle l’alito della morte.
Le gesta degli uomini persi
- giovani o vecchi - per vie diverse
percuotono
e d’inalare un’aura
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Sommando i giorni amari mi domando
dove sia Dio, dove si nasconda
e non ignoro, il buon vento anelando,
che nel grigiore ogni tragitto affonda.
Rocce, cippi lucenti lungo oscuro
viale non svaniremo nel livore
ferale del tramonto, sopra al
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È crudele un distacco:
profondo graffio, ferita efferata,
il brusco troncamento ombelicale.
Tra cupe mura e sature di quiete
l’assenza è enfatizzata
e brucia... brucia il bolo
del primo volo o del volo più pigro
che il petto ha devastato.
In
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Cupo e in cerca di luce sotto un cielo
aggrottato e con uggia ristagnante,
rintuzzando l'asprezza, sospiravo
un fresco graffio,
uno spicchio di sole che potesse
sollevare dall'ade o alleggerire
l'assurdo peso della spada sulla
testa
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Aleggiava una strana quiete quando
il rio si fece torbido; ingrossato
cominciò a mormorare frammischiando
ramaglie e fango e fogliame grinzato.
Qualche fugace occhiata e setacciando
in tratto antico trovai l'inumato
giorno nel quale
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L’angoscia cresce se in cielo incombono
oscure nubi; ed è pure inutile
seppellire l’aspro di sputi
e d’armi il rombo.
Stempra la stasi e le attese portano
i nodi al dunque; nel nulla approdano
faticosi parti se l’onda
d’enfasi è morta.
E
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Indirizzo personale di Duilio Martino: duiliomartino.scrivere.info
Si! Sa di resa l’atmosfera statica
arida è l’aria e cinge
d’assedio quando è domo il vento; resta
la cenere che stringo tra le mani
ed il freddo ferente
di dimore compiute...
di cento bocche di camini spenti.
Leggo la resa su muraglie
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Forse perché sopra l’oscuro mare
sei tu l’ago fulgente che suggella
la rotta allorché il velo cala della
sera tornano i tarli a rosicchiare.
Forse perché il tuo respiro mi appare
come un carme abboccato che cancella
la notte, in tratti muti
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Di tempesta un profumo implacabile
inagrisce l'ombreggio del glicine;
dell'abaco quello che resta
è la scala dei grigi.
Corre il vespro e brandendo le tenebre
il proscenio scompiglia; più pavidi
su rampe brumose e di forre
ci si
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Non c'è poco di più che accademico
alloro sul percorso d'un medico;
c'è molto di più che i patemi
blanditi dai traguardi intermedi.
Oltre l'epico patto d'Ippocrate
in volo sulle guglie dell'etica
tra chiari ed
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Nera danza di nuvole (sovviene),
e neve, vento e neve,
bruciori al labbro e neve in abbondanza.
La soluzione non è l'ablazione
poi il nulla squilla nella muta stanza.
Ma guardale - mi dico -
l'umili viole e le primule ardite
hanno
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Sono nodi i silenzi
e, non sbrogliando i nodi, alcuni impigli
s'evolvono in grovigli.
Così, spesso, si scopre che silenzi
- d'assenze figli o virgole d'un "detto" -
trascendono in fermenti, in gran tormenti,
poi spasmi in
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Tumultuosi e imbrunendo avanzavano
i fronti, afoni frassini urlavano
d'inverno l'avvento; tra pruni
e sterpi spenti
s'imbucavano merli; sul mandorlo
un freddo nido, reso visibile
dal morto fogliame, tremava
visibilmente.
Le ieratiche guglie
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l'iride al centro
lucenti i gusci
resilienze d'involucri - inviolabili -
ma il verme scava
e rode
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La neve in vene e brace, viva brace;
il canto suo in cieli che trasudano
gli scintillanti tratti.
Mai piegato alla cruda
sanzione (ma il percorso resta audace)
su pietre i piedi sfatti.
Con dentro al cuore ghiaccio
guadare notti attento a non
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Respirando il rigore della sera
ci scopriamo precari
e seppure atterriti dalle tenebre
le passioni
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È presto e mi sorprende
il piovasco improvviso in pieno agosto;
rantola estate ed un mite ponente
impregna l’aria impallidita d’umido
e d’asprigni profumi
del poggio prospiciente.
Le rimbombanti nubi ed imbrunite
di rondinelle mitragliano l’ali
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Volteggi e tra le nuvole - su in aria -
l'ali tue liete stillano colore:
a ravvivare una torva pietraia
le fiabe blande abbuiate da albore.
Dei sudori ora dimmi e degli spalti
dei passi cupi e più spinosi fiori
d'amori scalzi su roventi
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Posso fermarmi (i piedi non li ho in petto
né in vene v’è livore),
non morde il tempo e l’ammenda non m’arde,
tra i sonagli d’argento, dell’agre ora.
Voglio fermarmi e aspettare ritorni
che, nonostante non suonino eterni,
mi ragguaglio i
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Tra le ruvide dita
danzano note blande:
parole, stringhe sapide,
ampi passi e sospiri
poi le labbra non bastano, né un
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578 poesie trovate. In questa pagina dal n° 271 al n° 300.
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