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♦ Adriana Bellanca | |
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Elena Poldan
Le 545 poesie di Elena Poldan
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dalla mia parte
pochi spicci
e lanterne
spente
un piatto
senza companatico
due lucciole
mille nodi di cemento
buttati giú in silenzio
occhi gonfi
lacrime rinnegate
sorrisi finti
magone
smarrimento
e non un solo passante
che doni un
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inoltrandomi tra fronde e spinosi arbusti
sono giunta alfine in una rada
l'aria brilla d'azzurro
e tutto è incanto che parla
un cimitero adesso
quel luogo malsano
ove marcivo
e dalle mie lacrime
folta foresta di
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quando le pareti si dilatano
e diventano labili i confini
fra un abat jour e l'oltre
fuori da questa stanza
quando tutto é distante
e nessuno mi (com) prende
in questa discesa libera
senza contatto
e giungo fino agli inferi
a trovare
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sola in questa stanza
fra meditazione e dispersione
-forse senza ragione-
fisso ragnatele nei soffitti
umidi gli intonaci
staccano frammenti di memorie
sogni
ormai solo cenere
-insidiosa polvere
che penetra da fessure d'anima
occlude
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era un gioco di fili e di soffi
che portavano lontano
giri di valzer
scalate fino al cielo
coincidenze e meraviglie
un mondo segreto
un circo di folli
e di saggi
dove il pensiero danza sfrenato
e tutto è consentito
adesso trattengo a
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m'appendevo a lucciole improvvise
credendole lanterne
ne seguivo il corso
volteggiando fragile
fra meandri di solitudine
gioendo d'aurore e usignoli
fatui orpelli senza suole
nuvole
vapore
effimera aria senza casa
freddo é il
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mi assemblavano
rimontandomi all'incontrario
mentre io li osservavo dal mio abbecedario muto
contando i giorni e poi le notti
senza corpo
solo un'anima appesa ai lampadari
imbrigliata alle porte
in attesa d'un gesto
generoso di pace
che
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dov'é finito quel tempo
in cui rincorrevo aquiloni
e mi nutrivo di rugiada
sfiorata da ninfe
all'alba di una vita di cristallo
un fiore stupendo
nato solo per essere ammirato
adesso stride il Tempo
sulla mia pelle di luna
le sue fauci
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m'attorciglio a questo delirio solitario
che spacca le notti
sospira e tende un lembo
d'un martirio astratto
stacco i giorni
come ghiaccio dal selciato
ruvido e grigio
il percorso senza fiato
stiro il vento
capovolgo il tempo
riscrivo la
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oltre il comprensibile
oltre tempeste e bufere
oltre spiragli e fughe
oltre il Tempo
mi ritrovo fra le tue parole
che sole mi donano certezze
sono carezze nelle mie notti buie
e respiro i tuoi sguardi
che soli adoro in questo universo in cui mi
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saltellano aquiloni
sul mio cortile spinato
e rondini
d'uccelli il volo
carpisco fra nubi bicolore
e argento e diamanti
in questo ammaraggio che sa di fango
di fumo
di niente
navigo il presente senza rotta
ancorata ad ordini distinti
ma
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e ora che faccio?
intreccio parole chilometriche su riquadri di vecchie foto
oppure spacco il cielo e urlo in silenzio
perché nessuno ode
le mie sofferenze mortificate
sotto questa coltre di menzogne
da un'imposta finzione
che spegne il
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quando le pareti diventano giganti
e la luce fuori
solo persecutoria ossessione
e le mani vacillano e gli occhi fuggono
da questa smania che declina i tempi
in oscuri vaticini
e trema i vetri
in labirinti di paure
senza fughe
senza ancore
o
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di sabbia
o acqua
pioggia che scende
fiamma che sale
ardore che implode
senza riparo
lacrima che scivola
all'incontrario
notte che annienta
luce che torna
nel bagaglio di una vita
di neve e rimpianti
mentre il sole spegne
tenebre
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i loro cuori
un blocco di ghiaccio
aspro
solidificato senza tempo
dimenticato
arrugginito
il loro occhi
scariche di critiche senza fondamento
livore senza nome
annichilimento
la loro anima
una stanza vuota
senza uscite né
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come ragno intessuta
mi stacco da pareti
finta aderenza crea distanza
e avverto del vuoto il gusto di sale
sospensione irreale
vertigine
e col niente collisione
spezzo ogni legame
col mondo senza nome
senza fili
comincio a volare
in un mare
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Indirizzo personale di Elena Poldan: elenapoldan.scrivere.info
bomba d'amianto
frizzante spuma esplosiva
coriandoli e scintille
deltaplano
cascate di ciliegie fresche
senza scorza
spine acuminate
gocce prima di cascate
spensierato volo d'estate
senza appigli
risate sfrenate
bagordi e scivolate
acqua
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si dimenano in antri nascosti
nel buio di pensieri taciuti
acuminati e sferzanti
amari
tarli
che trafiggono il giorno
con vetri infranti
-smerigli di certezze sbiadite
speranze esangui-
al limite della follia
come barca abbandonata
mi
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sono nube solitaria
gravida di pioggia e bufera
ai confini del cielo
ad un passo dal mondo
che inondo
di vento e candele
nella mia notte di dolore
é una lama sottile
un livore che duole
un languore senza smanie
é il mio
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nel giardino degli gnomi
nascono muri di silenzio
quando un fiore dissangua petali
e farfalle bianche
volano senza ali
-il verde é bianco
e il giallo azzurro
quando il mare non spinge le onde
e gli arcobaleni sono in bianco e nero
nel
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rimasi cosí
a fissare il soffitto
senza slanci o parole
lasciavo che il vento m’agitasse
quel poco che basta
per stanare meraviglie
o levigare pietre
quelle
che durano dentro
da sempre
ma poi di notte
aprivo una cassaforte
per rinnovare il
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scortico sulla mia pelle
graffiti di luna
sono le tue mani che come onda che arretra
abbandonano la mia riva
sono smerigli di bicchieri in frantumi
torte in faccia
queste ore senza abaco né formiche in fila
senza sonno
inseguo un
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forse a volte mi sarei aspettata il cielo
e a sprazzi riflessi di luna
ma cento rosari non bastano ad estinguere i vuoti
quando la notte si schianta nella mia stanza
e urla distratte di zanzare
risuonano disfatte
e allora indosso panni
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conto i centimetri che mi separano dal gorgo
dove cade e precipita la sera
attoniti gli occhi
fermi gli sguardi
il delirio del dolore sa di marmo e ferro bruciato
ora che il sole brucia
e l'autostrada é ferma
ed io che m'aspettavo
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voltando le pagine
a volte ritrovo il sole
nascosto fra le nuvole
in anfratti senza regole
in rivoli di lacrime
e allora mi ritrovo
in una pioggia di anemoni
sparsi in giardini ameni
o in aghi di pini
fra sterpaglie
e semi
e così che
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tace il vento
s'arrestano gli aquiloni
mancano primavere a rondini senza volo
nessun fiore
e tu che sorridi
pallido di felicità
quella che incide e rende senso alla vita
quella che scotta e brucia dentro
la vampa dell'amore eterno
ma
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e poi narrarti meraviglie
aquiloni all'incontrario
nenie senza senso
e me che conto distratta grani di rosario
e mi perdo
ricomincio
ma mi stanco
e poi mi sommergo
di maree bianche
e mi spengo
mentre alitano venti
sul mio capo
che
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ci son tanti modi per dire tristezza
buongiorno e meraviglia
ognuno ha i propri rintocchi
i propri occhi
a seconda dei sentieri che ha percorso
piatti e inariditi
o colti e fregiati
da stemmi a titolati
colti e illuminati
o abbandonati su
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e poi cala un sipario
ruvido e polveroso
sui miei occhi bianchi
ed è lo sfondo opaco a risuonare
quello che duole
e rode il midollo
-è quella sua distanza
ottusa cieca perseveranza d'accudir chi la maneggia
che mi danna
ed io qui
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"declamando l'infinito
mi sono perso dentro labirinti di prurito"
sbuffa il trenino
credendosi un delfino
lui vuole il tuono
quello che spacca il cielo
nello stupro della parola
senza meraviglia
o battito di ciglia
mentre dritto
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545 poesie trovate. In questa pagina dal n° 181 al n° 210.
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