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♦ Michelangelo Cervellera | |
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«Ovviamente non è una poesia sul cinema, caro Fiastro. Ma una poesia sulla nostra "vita cinematografica". Il fatto che salti dal teatro al cinema non cambia nulla, sono entrambi strumenti tesi a spettacolarizzare la nostra esistenza. Nessun "slittamento di senso", come dicevi tu. Spero di aver chiarito i tuoi dubbi e spinto ad una riflessione, che rimane l'obiettivo più grande di ogni intento comunicativo (poesia, cinema, teatro, arte).» |
Inserita il 03/02/2009 |
Luce, motore, azione!
Il medico ha parlato,
e tutti entriamo sulla scena,
ognuno con la maschera sul volto,
il cuore già in cancrena,
e il vero Noi tace sepolto.
Ma non si sta poi così male,
tutti sanno cosa fare,
ognuno conosce il suo spazio,
e la scena si potrà sempre rifare,
se la "prima" nasconderà il vizio
della sincerità del nostro cuore.
"Idiota, cretino, ti licenzio"!
Non fate arrabbiare il Regista,
che già per tanti è uno strazio,
severo col servo e con l'artista,
impassibile alle nostre domande,
di spiegarci dove questo copione
con tanta foga ci protende,
di chiarirci una volta per tutte
se davvero il sole è dolce calore,
o ci acceca, al soglio del burrone.
Calco la platea da molti anni,
sono stanco di questo vestito,
e degli occhi del mio pupazzo,
stoffa di un tessuto mai esistito,
eco afona dell'inutile vezzo.
Salgo sul legno per l'ultima volta,
perché l'applauso è il nostro mostro,
per lui recitiamo ancora una volta,
per lui scriviamo senza inchiostro
la storia della nostra vita stravolta.
Mi congedo al loro suono infernale,
i fili della maschera tiro al cielo,
e subito sto bene, e subito sto male
dello sbalzo non graduale del vero,
del vomito tenuto tanto tempo a bada,
che ora mi piomba come rugiada,
e affoga me, e tutti, nella nuda strada. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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