Respiri lenti,
quasi immobili,
sotto lenzuola di flanella
al riparo dalla furia del vento,
e dai fantasmi della notte
che tirano calci e pugni
alle sgangherate
sponde del letto
dove nella paura
sudo tutti i miei peccati.

Tasti di un pianoforte scordato
risuonano come
profane preghiere
nella tromba delle scale.
E l’orrore sale,
bussando alla porta,
dimenandosi e poi arrestandosi
nell’angolo della stanza,
mentre briciole di aiuto
mi graffiano la gola.

E nel terrore, per la
fiamma morente
d’una candela,
mastico preghiere
in un pianto contorto,
dove lento, cedo il passo,
al sonno che sovrano incombe.