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I. Freya scalda il vino che Froh le dà, il povero
burlone. Forse il menestrello brama
in cambio una delle sue eterne mele
che son pegno d’eterna gioventù.
Forse lo stolido aspira soltanto
a un bacio dalle sue labbra di fuoco.
Oppure vuol donare quest’ebbrezza
di dolci tralci alla figlia di Wotan.
II. Sulla scogliera Lorelei diffonde
lo sventurato canto; e legni e prue
consacra ai cari suoi abissi di Morte.
Non s’accontenta, infatti, del suo mosto;
ma vuol ber anche il sangue vagabondo
de’ i timidi pescator di sue perle.
III. Freya ha ordinato che sia festa. Ma manca
la gioia del vino bevuto da’ i corni
delle sacre cerbiatte de’ suoi boschi.
Chiama il fratello Donner con sua dolce
suadente voce; e mentre il menestrello
con Loge litiga e contende un fuoco,
ella domanda: "Ma dov’è finito
il cacciator delle mie cerve? Il vino?".
Donner la guarda, le sogghigna e ride.
Poi risponde: "Ne’ tuoi bei desideri!".
IV. Hundig abbaia, la Notte insultando
e di Wotan la stirpe abominevole.
Cieco è negli occhi abbagliati dal vano
fuoco di Luna... Ha bevuto troppo!
Ha alzato al cielo più corni di quelli
che la Gioia del suo cuore richiedeva;
e ora, dinnanzi agli ospiti stranieri,
in mano tiene l’acciar di vendetta.
Per qualchedun non vi sarà più l’alba!
V. Beve Flosshìlde il vino di Novembre,
e una goccia s’appoggia al suo mento.
Le serve forse il bacio ripugnante
de’ Nibelunghi? Quella lingua infame
l’ora non vede di solleticarle
appena sotto le labbra fiammanti
di giovinetta! Ma beve Woglìnde,
anch’ella! la maliarda pia Sirena,
il mosto giù mandando con il collo
e il petto un po’ sollevato dall’onde
impudiche! E poi beve la sorella
Wellgùnde... su uno scoglio appen seduta.
Deh! guarda, Nibelungo! Il mosto
cola leggero sopra il suo bel seno.
VI. Giace con la nuca al petto ignudo
del risvegliante Eroe l’alta Brunnhìlde.
Sente il suo cuore che palpita ancora
a diletti commosso della carne
e dell’Anima prode. E poi lo guarda,
e gli sorride. Le ciocche di biondi
capelli appena le coprono il seno
ad Amor profanato da’ suoi baci.
E Siegfried con la destra allor le mette
al labbro, dopo tanta Notte allegra,
il calice nuziale delle Dee.
VII. Erik osserva l’orizzonte esausto.
I serpenti del mar non l’han voluto
nel loro Regno d’ignoti naufragi.
Lontana sta la terra. Sembra un’isola.
Sulla collina le gagliarde viti.
Questa sera si beve il vino buono! | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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