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Il fior è pàllido
per la sua riva.
Dalla finestra
lo scorgo. Pàlpita,
possa corriva
d’una ginestra.
Il fior è pàllido,
e sta morendo
sotto il mio sguardo...
e, lamentàndosi,
ei sta soffrendo...
giuoca d’azzardo:
giuoca riergèndosi
contro il Destino,
contro la Vita...
sìbila... e làgrima
grida supino
a Sorte avìta...
giuoca gettàndosi
dadi mortali
sopra la tinta
d’ogni suo pètalo...
Norne fatali...
la Morte è incinta!
Il fior è pàllido,
sembra una viora,
sembra una rosa,
rossa, selvàtica...
rossa e innamora
come una sposa.
Il fior è pàllido
a fin d’Agosto
tra fràgil foglie
di pioppi, d’àcini
d’Ebe, di mosto...
d’Ebe, di doglie.
Il fior è pàllido
lungo il Tramonto,
lungo la sera
che vien sì cèlere
a far d’affronto
a’ Primavera:
a strappàr, cògliere,
a consumare
davanti a’ miei occhi
quel che Prosèrpina
andò a creare
con i suoi tocchi.
Il fior è pàllido
nella Natura
che sfiora e dorme
nel suo Crepùscolo,
ella! Dea pura
da mille forme.
Il fior è pàllido
lungo l’Arbogna,
per le cascine.
E i cieli mùggono
senza vergogna,
senza una fine.
Cùllalo... cùllalo,
alba d’Autunno
nunziata appena!
Cùllalo... cùllalo,
alba d’un Unno
ebbro di vena!
Ti sclamo "Cùllalo!".
Va’ a obbedire,
l’òrdin fa pago
d’ogni mio pàlpito!
Fallo dormire
presso quel lago...
presso l’Ocèano
delle ninfee,
di tife fresche
che mi nascòndono
le loro Dee,
le loro tresche!
Cùllalo... cùllalo,
meriggio in Sole...
meriggio quieto
d’Estate insòlita,
ancòr di viole,
di sguardo lieto!
E fa’ che io dèdichi
me stesso al volto
d’ogni tuo frutto...
che io qui mi nàufraghi
nel tuo disciolto
flusso del Tutto!...
Ch’io vada a còrrere
nell’assolute
chiome del Mondo!
Ch’io vada a cògliere
le vie perdute
d’un Vagabondo!
Ch’io vada a scòrrere
per i minuti
dell’Universo...
vada a raccògliere
i trilli acuti
d’un Fato avverso!
E fa’ che io trèmulo
pianga pe’ il duolo
de’ biondi campi
che s’han da miètere...
pianga pe’ il suolo...
pianga pe’ i lampi!
Cùllami... cùllami,
lìbero cielo
co’ tuo rondoni,
con le tue ròndini
sopra lo zelo
di mie canzoni!
Cùllami... cùllami,
eterno Immenso,
dolce Mistero
che vai a discèndere
al sonno intenso
tra due assi e un cero!
Cùllami... cùllami,
tomba vivente
di fiori e tane...
pesci che muòjono
nell’onda assente,
fùggon le rane!...
E fa’ che dèdicansi
alle mie fami
le bacche aulenti
che qui si piègano
dagli alti rami,
preda de’ venti!
E fa’ che tremulo
ora assapori
questo cangiàrsi
di stagiòn, d’àttimi
privi d’allori,
di duòl cosparsi!
Il fior è pàllido
per la scogliera
d’ombre gelate...
Il fior è pàllido.
Addio, oh mia Vera!
Addio, oh mia Estate! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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