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Błttati! rapsodo
sotto le torbide
ombre di tenebre
di sera stolida,
cantņr di nenie
e di prėamboli
e di preludi
di Pöesia!
Błttati! oh rapsodo!...
Su ripe įgili
allimbrunire,
di sera a i pallidi
aliti, udire
londe mi sembrano,
sento che dicono
quasi che fremono,
le Ondine cantano:
"Błttati, rapsodo!
nei nostri vortici,
immergi gli occhi
nei nostri abissi,
scruta lessenza
del nostro éssere!".
Allora sorgono
discinte e timide
queste Sirene;
il cuņr mi vogliono,
cuore dOdģsseo,
gridano, nuotano,
fremono, sguazzano...
non son che lultime
estinte rane.
Sento i rintocchi
delle campane
che nellArbogna
dormono, affogano
forse da secoli
tra i fior dei salici,
vigne selvatiche...
schivo le ruvide
spine, gli artigli
dei freddi rovi
che non aspettano
altro che un timido
osso degli uomini.
Scruto che scorrono
questacque torbide,
saltano, baciano
le pale immobili
del lor mulino...
scorrono, balzano
i campi osservano,
vanno lontane.
Vanno a Caronno,
i muschi bagnano
passano lalighe
dun ponte instabile
vanno a Mortara.
Lģ non arriva
questo mio sguardo
che ora si interroga
sullorizzonte.
Osservo i valichi
far da cornice
a lor che gli ultimi
sono i miei nuvoli
oltre cui tacciono
i sensi, i gemiti...
sono un romantico
che per le ramore
va a caccia dattimi
sempre fuggevoli,
il Sentimento.
Sento tacere
questa campagna,
non canta pił
nemmeno il corvo
spigolatore
del granoturco.
Vedo che volano
scappano, fuggono
gli scarni passeri,
le vecchie rondini,
vanno per lAfrica,
vanno... e non tornano;
e non ritornano
anche le pietre
dei cascinali
che abbandonati
ai giņvin dģcono
di tempi e secoli
daratri e buoi,
e il cascinino
lą, sullAgogna,
or non cč pił...
E dunque solo
resto pe i campi
per le fontane
al pič di tremule
stalle cadenti,
come uno Spirito
delle cascine
appeso a i bronzi
duna cappella...
solo! e non sento
pił quellOndine
che cąntan, dicono
"Błttati, rapsodo!".
Guardo nei vortici
dei loro turbini,
neri di fulmini
sčmbran le nuvole...
guardo e mi vedo
comombra sfumata
che annega e che muore.
Ma mi risveglio
convalescente,
e dal mio letto
insonne dincubi -
ore che sognano -
scorgo la nebbia
che fredda sale
oltre i camini
che di risotti
e di polenta
lenti ne fumano...
inghiotte i liberi
divora i gelidi
sguardi dun bosco,
e qui lo vedo
dalla finestra...
la bianca nebbia
che tosto sale...
serge mio Autunno
a ricoprģr. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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