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Il dì precìpita
in Sogno incauto
di Primavera,
nel maggio flèbile,
è un dolce flauto
prima di sera.
Vedo le nùvole,
falbe e serene,
i girasoli
che freschi nàscono,
quiete amarene,
i rigagnòli.
Sento le allòdole,
i lieti canti,
i cinguettìi
d’in su’ le tòrtore,
i corvi affranti,
i tintinnìi.
Fiuto le prìmule,
le margherite,
le fulve rose,
i caldi zèfiri,
il vento mite,
le viole afose.
Gusto le lìmpide
onde di un rivo,
le spighe prime
del grano trèmulo,
il cièl giulivo,
l’ombra sublime.
Sfioro le ràpide
erbe dei campi,
il rosso- fuoco
dei miei papàveri,
la scia dei lampi
che dura poco.
Passeggio in ròrida
quieta campagna,
inassopita
dopo i suoi fùlmini,
dove mi bagna
senso di Vita.
Ammiro i plàtani,
i pioppi bianchi,
le querce, i salci,
l’ôr dei ranùncoli,
i fanghi stanchi
presso le falci.
Vedo risplèndere
l’arcobaleno,
ièr Temporale,
sciolta è la gràndine,
col suo veleno,
col mäèstrale:
gli occhi si inèbriano,
la rifrazione
di tanta luce,
dal cosmo estàtico
una canzone
che non traduce
codeste immàgini,
e questi suoni,
e il suo mistero,
ciclo di vìvere,
urlo di tuoni
nel cielo intero.
Le lepri nàscono,
nàscono i tassi,
i beccaccini
ai nidi vòlano,
vìvono i sassi,
tempi divini.
Regna la nòbile
Vita, Natura,
serena e bella,
feconda Vènere,
priva di cura,
splendente stella.
Ma giungo ai lìmiti
del mio päèse,
e il cielo è nero,
e Tutto ha tèrmine:
sorge, e palese
è il cimitero.
Un Sogno è dunque la Natura, ed io
tremo e m’inchino al Silenzio di Dio. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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