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«Talvolta invidio quasi quei "poeti senza penna" . Penso che essi abbiano una marcia in più rispetto a me: non stanno ore ed ore da soli a ideare, a scrivere e a limare una poesia che, sì, eventualmente in seguito potrà anche avere qualche effetto sui lettori, ma applicano immediatamente e oralmente le loro capacità di interagire, a fin di bene possibilmente, con gli altri. Del resto, mi risulta che, da Platone (che pare diffondesse solo a voce i suoi insegnamenti più raffinati) a Freud (per il quale, pur avendo scritto moltissimi testi, la cura era efficace solo attraverso la comunicazione orale con il paziente; ricordo, ad esempio, che Pier Paolo Pasolini era interessato alla psicoanalisi, ma pretendeva, senza ottenere naturalmente alcun risultato, di giungere alla guarigione semplicemente leggendone i testi) l'oralità è stata sempre privilegiata. Noi, poeti o scrittori con la penna, siamo forse soltanto un surrogato della vera umanità, di quell'umanità che non ha bisogno di protesi per apportare benefici a tanti suoi componenti.» |
Inserita il 09/07/2016 |
Chissà quanti poeti ci saranno,
quante poetesse in giro per il mondo,
che al contrario di noi però non sanno
o non vogliono usare la scrittura.
Percorrono esistenza tanto dura
dando parole di conforto a tutti,
con un’arte più nobile, più pura
di quella che noi usiamo sulla carta.
Vien da pensare ch’ogni volta parta
dai loro cuori un lampo di dolcezza,
quando sovente vita altrui s’incarta
in meandri che sembran senza uscita.
Vincere fanno spesso la partita,
questi angeli poeti senza penna,
o pareggiarla, e non è sbiadita
quella loro poesia soltanto orale. |
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