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Se lieve or scorre un singulto, e un sogno
nella Notte si desta, che hai, oh mio cuore?
Ansie, forse, e dolòr di cui io vergogno;
e tu, alba Luna, ancòr, taci d’Amore?
Quando m’avrai risposto, io sarò assorto
in un sonno - e perenne! - e il Sentimento
d’un torvo avèl, lì, assaporerà il vento,
sogno d’un occhio, dov’io sarò morto.
Così gemendo or mi schiudo all’inquieto
dormìr insonne; e su questo mio greto
nel fiore che s’oscura, in Notte bruna,
vanamente t’attendo. E tu mia Luna?
L’età trascorre, e la gioventù cade,
gemito è Vita, e sospetto è; ed è indarno
amàr, soffrìr, dolèr. Tu, Luna, a rade
altre ti splendi, col tuo argento scarno,
e poiché sui sepolcri non ti giova
splènder, su me, ché tomba son, or pieghi
ad altri boschi, i più vivi; e non preghi
sulla gemente, e sepolcràl mia alcòva.
Così se un dolce di te oso un ardore
nel Nulla della Notte, che è? Un dolore.
Cielo funereo nel sogno m’assale,
gemme d’un vespro, d’un’Ecate, opàle.
Son io un cadente giovane smarrito,
epìgono ammalato; e il morbo è tisi,
tubercolòsi del Cielo infinito,
e di te, o Luna, attendo i mille visi.
Il sogno è il fiorellìn sulla mia bara,
osso che vive e che spera i cent’anni;
e tu, e tu, oh Luna mia, sei dei miei affanni
la genitrice; e tu, matrigna amara,
tu, ancora inesorabile mi offendi,
dove tra i nembi non vedo che splendi.
E se non splenderai, allor sarà eterna
del mio cuore la Morte, aspra e superna
Oh Luna, bianca Luna, mar cui anelo
or che fuggita sei, oh tu, a che non torni
sopra il mio cuore? Oh tu che vesti il cielo,
deh, ti prego, ritorna! e pria che aggiorni!
Sei la fanciulla che è rimasta a un sguardo
d’un povero e smarrito e tuo Poëta.
Ma stai fuggendo, e l’Anima io ho irrequieta,
nel bramàr d’un tuo nuovo e quieto dardo.
Non mi resta che il vespro antecedente
a un’orba Notte di stelle soffrente.
E tu, e tu Luna, sei fuggita e via?...
Sono uno spettro, avèl di Poësia. |
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