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Venne la Notte, e tremula la Luna
brillò tra’i nuvoli fiochi, e le nevi
al guardo mio n’andâr vêr la laguna,
e un mar di sogni si pinse, e i sollievi
dell’ansio cor si svanirono, e mesto
io giacqui afflitto; e tu, o fanciulla, ardevi,
e a te pensando, del tempo ‘l funesto
scorrer vivevo, e tanto lagnai e piansi
che ancor di lagrime forse mi vesto.
Fu allor che ‘l tacito del cor che io infransi
vago desiro m’ispirò l’Amore,
e per te, o ignota, mi fremevan gli ansi
e mesti palpiti del miser core;
e mentre tu nel sonno ti posavi
ebbra di Vita, mi colse ‘l dolore.
Miseria umana! Oh Destino! Tu amavi,
ed io vêr te mi portavo un desiro,
e tu in recondito m’illuminavi;
e non ti colse nemmanco un sospiro
dal labbro ascosto col qual ti parlavo,
la ‘ve le siepi d’Amor fûr martiro,
ed io n’andavo - illagrimato schiavo -
anco a prostrarmiti supin dinnante,
e nella Notte riavvolto ti baciavo,
e tu, o dormiente, sì poscia al danzante
e fugace attimo dormivi lieta,
e non sapevi ch’io ti fossi amante...
anzi, sprezzavi l’adulterin meta
che forse ignara in sul cor mi leggesti.
Eppur tu fosti l’Amor d’un Poëta!
Allor dolevami ‘l spirto, e agli agresti
venti del verno volgevo ‘l mio frale,
dove fûr Morte e pensieri funesti;
e ‘l tuo bel sonno ridente e immortale
tosto coprivami ‘l duolo del cor,
e del desio ‘l represso temporale,
finché nostalgico e insonne un pio fior
d’alba novella machiòmmi l’Amor. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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