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Tu sei ‘de quelli che vanno su’ ner cielo
a volà nello spazio infinito
indove noi nun ce potemo anna’;
sarà perché nun c’è profitto
o perché ce proprio paura de’ volà.
Come gli Dei e l’Angeli, compreso er Padreterno,
ce state tutto l’anno, anche d’inverno,
quanno che er tempo nun promette tanto;
ma la vostra è na’ fissa e nun c’è scampo.
‘Gni tanto poi fatte un quarant’otto
e quarcheduno viene giù de’ botto.
Amico mio, io t’ho sempre invidiato
e ho sempre sognato de’ volà: me’ manca l’arte,
volo co’ la fantasia e pe’ sentimme me’ tocca de’ raglià.
Ma quante vorte so’ che tu ne caschi?
me pare che so’ tre?... mejo che laschi!
Resta co’ noi, qui sotto, tera tera,
passamo er tempo un po’ a facce la guera
e ha da’ la caccia un po’ alle belle donne
sciejendo quelle che nun so’ madonne.
Presenti bene, cjiai tutti li capelli,
me dicheno che te sei rifatto er naso;
dacce’ na’ mano, perché putacaso,
ce’ serve uno che canta li stornelli:
pe’ ‘nammurà ‘ste vecchie birbaccione
ce’ vo’ un romano che canta ‘na canzone.
Te’ vojo bene e te vorrei sta’ accanto
pe’ datte’ er cinque perché l’hai scampata:
a me nun me l’avrebbe perdonata
quello che cia’ er bastone der commanno.
Ma tu, pe’ fa’ cacciara senza danno
ciavrai sicuro un certo raccomanno
da quelli che frequenti su’ ner cielo
tutte le vorte che li trovi in volo.
Io te consijerei di stàcce accorto
adesso che t’hanno rifatto er viso:
prima de’ fa’ ‘na birbonata
fattè conosce’ dai Santi in paradiso.
So’ sempre qui c’aspetto che ritorni
pe’ tinge’ d’allegria questi miei giorni;
lo sai che io ti ammiro e sei il mio vanto,
ma nun tarda’ perché st’età carogna
ce’ tiene in equilibrio sopra l’ogna
cor rischio che ce fa’ casca’ de sotto
pe’ fa’ er gran botto come a fine d’anno;
e nun se torna... nun serve er raccomanno! |
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