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Coperto d’un lenzuolo di bianco lino
mi ritrovai disteso sotto un pino.
'l loco mi parea squallido e nero
e tutto m’appariva gran mistero.
Strani rumor, fruscii, non voci o lamenti,
non alcun presente, non eran viventi,
ma com’infiniti oceani pianeggianti
solo lanterne fievoli e tremanti.
Forte mi pulsava core entro lo petto,
sparire avrei voluto, ma, fui interdetto.
E di freddo tremando e di paura
la mente si volgea a gran sciagura.
Sussultando, stordito e impaurito
mi rigirai un poco e guardai indietro
da dove mi parea giungessero suoni
d’inestricabili voci e di scarponi.
Lenta cadenza, andatura austera
avanzavano ver me, in veste nera,
con 'n mano una un bastone dorato,
l’altra, sul braccio, un pastrano ornato
due alte figure di nobile casato
con lo stemma sul petto disegnato.
M’apprestai ad inchino riverente,
ma giraro tosto lato ponente.
Consolato di sì tanta presenza
stanco, sedetti sopra una sporgenza
che mi pareva essere un muretto
invece, ahimè, trattavasi d’ometto.
Con tanto spazio che ti trovi intorno
non mi par vero che non senti scorno
d’appollaiarti sul mio teschio scarno
come su ceppo di pietra di marmo.
Giammai avrei osato così tanto
se non avessi pensato lungi alquanto
essere tu prossimo a un vivente
'n questo campo ove l’umano è assente.
Poiché la mente mia è allo sbaraglio
vogliami perdonare per lo sbaglio,
per non avere in tempo conosciuto
chi come me, 'n terra, era pasciuto.
Mi girai, una grande distesa di viole,
lui squagliato come neve al sole.
Poggiai la mano sopra una casupola,
caddi su un prato coltivato a rucola.
Tre cagnolini dal pezzato pelo
guaivano tremanti intorno a un palo
mentre due donne dal vestito nero
avanzano ver me a passo leggero.
Dover di cortesia m’impone inchino
ma già rivolte altrove, dietro un pino,
ignorar lo saluto e a passo lesto,
a testa china e con fare mesto
girar attorno un grande casolare
dove erano più cani ad abbaiare.
Per chetare la morsa della fame,
seppure in pantofole e pigiama,
l’abbaiare dei cani l’un l’altr’ostile
tosto mi portarono in cortile
ché l’alba da tre ore era già sorta
e i poveracci non avean più scorta. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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