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Sento da sempre dir con insistenza
di somiglianza con altrui presenza;
da tempo studio, io, ciascuna usanza
e, incontrato mai ho l’uguaglianza.
Quel che qui dico può sembrar non vero
e senza scambiare il bianco per il nero
vagliamo bene assai la circostanza
ed alla cosa diam giusta importanza.
Consideriamo il dotto e lo sciancato:
Il primo se la fa con l’avvocato
l’altro con le persone abominate
seguono, perciò, vie divaricate.
Or l’umile guardiamo e l’orgoglioso:
Il primo in un cantuccio sta pensoso
l’altro, a testa alta, baldanzoso
passeggia col suo fare spocchioso.
Prendiamo ad esempio la marchesa,
con chi, secondo voi, ha la sua intesa?
Certo non con l’onest’uomo di paese
ma col pari rango, nobil marchese.
La nobildonna dai guantoni bianchi
malaticcia, occhi cerchiati e stanchi
porta il suo velo sia per eleganza
quanto mostrare agli umili importanza.
Di sul calesse dal mantice nero
trainato da nobile destriero
non un sorriso spento, non uno sguardo
manco all’inchino di stanco vegliardo.
Luminoso diviene il cereo viso
e la sua bocca è tutta gran sorriso
se solo scorge da lontano il ricco
anche se nell’andare è smorto e fiacco.
Il capufficio, poi, lo ben sapete
mostrare preminenza ha grande sete.
I dipendenti inchioda a scrivania
a spregio e dell’amore e d’armonia.
Ancorquando innocenza in aria affiora
niuno accostamento vedo, poi, ancora,
tra il magistrato e il malcapitato
ché poco o tanto resta bacchettato.
La pari dignità tanto cantata
da quest’umanità già traviata,
misconosciuta in ogni umano gesto
solo giustifica è d’enorme guasto
al fine che al finir vita terrena
sminuita possa essere la pena
al cospetto del Giudice Divino
come se a giudicar fosse un padrino. | |
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