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Ci saremmo dovuti incontrare
prima o poi da qualche parte,
era questo il nostro accordo.
Se saresti tu venuta da me
o io da te, non ricordo.
Creduli, a noi stessi l’avevamo promesso,
quasi a fugare il timore malamente celato
che forse ciò non sarebbe più potuto accadere.
Io lo pensavo e tu non lo dicevi
che se ogni falda è prosciugata
in pozza d’acqua morta
l’acqua non torna mai più chiara.
Estinta, or tu sei sotto una croce
io a temere per questa mia vita
che poco amo e a malincuore abbraccio
vuoto ad altro vuoto si aggiunge
vero e duro è: ammetterlo!
Si cresce di dolore se si scurisce
la linea all’orizzonte a cui guardi
e così si ruzzola ad ogni oscuramento;
viene un soffio gelido in una corte
vi passa e strappa foglie morte,
tu guardi e con il cuore in lacrime
ripensi ad ogni affetto perduto.
Appena ieri, con un nodo alla gola,
ho dovuto prendere atto
che ci saremmo riabbracciati
solo nel ricordo.
Oggi festosa ad altra vita,
tra volte stellate, anima tu torni.
Si apre un solco nel cielo e vi passi;
il virgineo tuo candore impallidisce
quello alato della schiera che ti aspetta.
Lassù, già addolcia e conquista
il tuo sguardo casto l’infinito indifferente.
Per intero percorso il calvario dei giorni,
distaccatati da questo mondo,
colomba t’aggiri per elisie sfere
sgombra di pena e di dolore
dimentica dell’immeritato male
che la vita con accanimento ti addusse.
Ieri notte, sai io che così di rado
sono visitato dal sogno, tua madre
ho rivisto come se fosse stata reale:
con un sorriso, più ampio e solare
di quelli che in cuore conservo
da quando era viva, mi ha detto
che tu già preghi per noi,
per noi che canne al vento
frali e ondulanti restiamo, qui,
sul ciglio romito di un presente
che scoscende e tra indifferenza e stagioni
al sole e all’ombra si consuma.
Oh povere stente strozzate parole,
balbuzie che dir vorrebbero e.. non sanno! | |
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